Un contributo della Presidente Tantucci su TUTTOSCUOLA
Nell’attuale dibattito educativo, la reintroduzione del Latino nella Scuola secondaria di I grado, emersa nel testo delle Nuove Indicazioni Nazionali, ha riacceso l’urgenza di una profonda riflessione sul ruolo e il valore di questa disciplina nel XXI secolo. Sarebbe riduttivo e capzioso parlare di un mero “ritorno al passato”, e ritengo che occorra dirigere la riflessione verso il riconoscimento del valore intrinseco del Latino come strumento formativo. Questa scelta ministeriale ci chiede di andare oltre i preconcetti e di esplorare come lo studio di una lingua considerata “antica” possa in realtà offrire risposte concrete alle sfide del presente. Come sottolineato dalle stesse Indicazioni, “Ripensare il ruolo del latino nella scuola del XXI secolo è compito necessario e quanto mai attuale, perché incrocia questioni basilari come la conoscenza e la valorizzazione della lingua e della cultura italiana, anche in prospettiva storica, e il rapporto tra la cultura italiana e quelle europee“.
È proprio da questa consapevolezza che intendiamo partire, per dimostrare come il Latino non sia solo una “palestra per la mente”, ma una vera e propria necessità culturale, pedagogica ed esistenziale per la formazione dei cittadini di oggi e di domani.
Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale i due decreti che definisco l’aggiornamento della Normativa
Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del DPR 134 e 135 dell’8 agosto 2025, viene portato a compimento il percorso avviato dalla Legge 150/2024 di cui avevamo parlato nello scorso mese di ottobre (leggi qui).
L’entrata in vigore dei due provvedimenti è prevista a partire dal giorno 10 ottobre prossimo e prevede una serie di variazioni significative alla prassi quotidiana delle scuole.
Nei prossimi giorni pubblicheremo una analisi dettagliata, con alcune indicazioni per le scuole, mentre per ora rendiamo disponibili i due Regolamenti che sono stati aggiornati nella versione che sarà vigente dal 10 ottobre 2025, tratti dal sito web normattiva.it
DPR 249/1998 Regolamento recante lo statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria.
Messaggio di saluto e augurio alla grande famiglia dell’EIP
Carissimi tutti, l’avvio di ogni anno scolastico caratterizza le nostre vite personali e quella dell’intera comunità civile come il più autentico inizio dell’anno e ripresa dei percorsi individuali e comunitari. Non è mai un semplice “ritorno tra i banchi”, ma l’inizio di un nuovo capitolo, che porta con sé sfide e opportunità di rinnovamento. Il vostro ruolo in questo processo è fondante: siete i pilastri su cui si appoggiano il presente e il futuro dei nostri studenti e della società.
Sfide e opportunità di questo anno scolastico Nell’anno 2025-2026, la nostra scuola italiana è chiamata a confrontarsi con una serie di novità che delineano un percorso di crescita e adattamento. E voi, in primo luogo docenti e dirigenti, siete in prima linea per guidare i cambiamenti e renderli significativi per la vita quotidiana delle comunità scolastiche. Tra le altre mi preme ricordarne alcune.
1. Divieto di utilizzo del telefono cellulare durante lo svolgimento dell’attività didattica e più in generale in orario scolastico, nella secondaria di II grado. La Circolare 3392/2025 esprime l’obiettivo di contribuire alla promozione di salute e benessere degli adolescenti e di rendere lo spazio e il tempo di apprendimento più autentici “contrastando il calo del livello degli apprendimenti, rilevabile dai punteggi PISA e in parte imputabile proprio all’uso improprio delle tecnologie digitali, e favorendo la crescita del capitale umano”. Nelle scelte che l’autonomia scolastica garantisce e richiede ai singoli Istituti, è importante recuperare, insieme alla dimensione del “divieto”, la funzione educativa di promozione di comunicazione autentica, competenze digitali e apprendimento significativo.
2. Revisione dell’Esame di Stato del secondo ciclo. Doverosamente premesso che, alla data odierna, non è disponibile alcun testo ma solo dichiarazioni ministeriali e/o politiche riprese da giornalisti, tra le “Misure urgenti per la riforma dell’esame di stato del secondo ciclo di istruzione e per il regolare avvio dell’anno scolastico 2025/2026” annunciate come oggetto di discussione dal Consiglio dei Ministri è prevista anche una revisione dell’Esame di Stato del secondo ciclo. Non è la prima volta che accade che le “regole del gioco” (in questo caso quelle dell’Esame finale) vengano cambiate quando i “giocatori sono già sul campo”. Forse è una prassi che potrebbe essere evitata, in considerazione della regolarità assoluta dei tempi della scuola che inizia sempre il 1 settembre e termina il 31 agosto…Al di là dei termini (ripristinare la dicitura “maturità” può avere effetti quantomeno ambivalenti), la riflessione sugli esiti del percorso di studi e sul valore della prova finale costituiscono un elemento che può guidare i processi di riflessione sul tipo di scuola che intendiamo realizzare.
3. Revisione della valutazione del comportamento nella scuola secondaria e dello Statuto delle studentesse e degli studenti. Ne abbiamo scritto quasi un anno fa a proposito della Legge 150/2024, l’approvazione definitiva in Consiglio dei Ministri è stata annunciata lo scorso 30 luglio, la pubblicazione è in arrivo. Le modifiche dovrebbero, comunque, essere all’insegna di alcune parole importanti: rispetto, autorevolezza, responsabilità, serenità, partecipazione. Torneremo sul tema, soprattutto per pensare insieme come la valutazione dell’Insegnamento di educazione civica non possa coincidere esclusivamente con la valutazione del comportamento.
4. Nuove Indicazioni Nazionali. Il progetto di revisione per il primo ciclo sembra ormai aver raggiunto la sua forma definitiva, mentre sembrano avviati diversi percorsi finalizzati alla riscrittura dei documenti per il secondo ciclo, fermo restando quanto già in vigore per gli Istituti professionali e gli Istituti Tecnici. Si tratta di temi di ampio respiro che riguardano il futuro: non solo perché si attiveranno a partire dai prossimi anni scolastici, ma perché riguardano la visione di scuola che il nostro Paese vuole sviluppare. E che meriterebbe spazio, tempo e voce.
5. Linee guida per l’introduzione dell’Intelligenza Artificiale nelle Istituzioni scolastiche. Nelle intenzioni del Ministero sono un “quadro di riferimento strutturato per l’adozione consapevole e responsabile dei sistemi di Intelligenza Artificiale” con principi di riferimento e i requisiti etici, tecnici e normativi rivolti sia all’utilizzo didattico che amministrativo e gestionale. Certamente la velocità di sviluppo tecnologico difficilmente può essere contenuta entro linee guida, ma è un dovere di ciascuno confrontarsi seriamente e profondamente con un elemento così determinante per la nostra vita. Sapendo che il problema non è affatto costituito dalla possibilità di utilizzo di ChatGPT o Gemini per fare i compiti…
Guardano un pochino oltre… Se la nostra vita scolastica quotidiana sarà certamente toccata da questi aspetti, non possiamo dimenticare la valenza profondamente civica dell’azione educativa. Per una “scuola al servizio dell’umanità”, la scelta di educare ai diritti umani non è facoltativa e anche questo anno porta con sé alcuni riferimenti importanti.
1. Candidatura al Consiglio dei diritti umani. L’Italia ha presentato la sua candidatura al Consiglio per i Diritti Umani per il periodo 2026-2028, ponendo la promozione e la protezione dei diritti umani come una delle priorità della sua politica estera. Questa iniziativa rappresenta un’importante occasione per rafforzare l’educazione ai diritti umani nelle scuole italiane, fornendo spunti e temi di riflessione per docenti e dirigenti scolastici.
2. 30° Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Belém, Brasile, 10-21 novembre 2025). Un evento (ben il trentesimo) per discussioni e negoziati sui cambiamenti climatici, di cui ci accorgiamo, fingendo che non esistano. Nel 2026, inoltre, saranno trascorsi dieci anni dall’entrata in vigore dei citatissimi “Accordi di Parigi”. Senza la scuola e l’educazione nessun cambiamento è possibile: ma questa affermazione riguarda ciascuno di noi!
3. 80 anni della Repubblica italiana. Una data magistralmente rappresentata nel film C’è ancora domani, con la sensibilità del riferimento al ruolo delle donne che, non solo furono chiamate al voto, ma 21 di loro anche elette nell’Assemblea costituente. Penso che i percorsi di Educazione civica di quest’anno scolastico potrebbero trovare nutrimento da questo anniversario fondativo della nostra storia.
Sono consapevole che ogni cambiamento richiede impegno, energia e la capacità di mettersi in gioco. Ma so anche che voi, dirigenti e docenti, avete la passione e la professionalità necessarie per trasformare queste novità in un’occasione di crescita per tutta la comunità scolastica. Siete chiamati a costruire un ambiente dove gli studenti possano sentirsi accolti, motivati e pronti ad affrontare le sfide del futuro. In questo nuovo anno scolastico, vi auguro di trovare l’entusiasmo necessario per fare la differenza, giorno dopo giorno, nella vita di ogni studente e delle loro famiglie.Buon inizio a tutti! Saremmo lieti se lo condivideste con la vostra comunità scolastica.
Anna Paola Tantucci Presidente Nazionale EIP Italia
Negli ultimi giorni, le cronache italiane sono state animate da un episodio insolito e significativo: alcuni studenti hanno (avrebbero?) “rifiutato” di sostenere l’orale dell’Esame di Stato in segno di protesta. Il loro dissenso, secondo quanto riportato da alcuni organi di informazione, sarebbe rivolto a un sistema di valutazione percepito come riduttivo e incapace di considerare la completezza della persona, focalizzato esclusivamente sui voti. Le reazioni non si sono fatte attendere, e tra le più nette c’è stata quella del Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che in un’intervista ha parlato esplicitamente della necessità di promuovere una norma contro il “boicottaggio”, anche per una questione di rispetto. Probabilmente questi singoli episodi potrebbero essere meglio inquadrati anche considerando le diverse situazioni in cui, al contrario, sono insegnanti, dirigenti e commissari a farsi protagonisti di episodi virtuosi di supporto diretto e personale a studenti che, per svariate problematiche, non si presentano alle sessioni di Esame e vengono personalmente contattati e “ricondotti” a scuola. Tuttavia, al di là delle polemiche e delle legittime prese di posizione, è fondamentale soffermarsi sul significato profondo di questo gesto. E vorrei farlo riprendendo le acute e illuminanti riflessioni di Massimo Recalcati nel suo libro L’ora di lezione. Per un’erotica dell’insegnamento.Il valore “esistenziale” dell’Esame di Stato L’Esame di Stato, e in particolare la prova orale, pur con la consapevolezza delle percentuali altissime di studenti ammessi e promossi, non rappresentano una mera formalità burocratica o un’arida misurazione di nozioni. Recalcati ci invita a guardare alla scuola come un ambiente in cui la valutazione non è mai solo un voto, ma un riconoscimento della fatica, dell’impegno e della crescita di ciascuno. In questa prospettiva, l’orale assume un valore che trascende il singolo giudizio numerico, diventando un vero e proprio rito di passaggio. Il gesto di questi studenti, pur comprensibile nella sua origine – la frustrazione per un sistema che a volte sembra ignorare la complessità dell’individuo e la ricchezza delle sue esperienze – li ha privati di un momento cruciale di confronto. L’orale è l’occasione per mettersi in gioco, per argomentare, per mostrare la propria capacità di connettere saperi, di elaborare un pensiero critico. È un momento in cui la voce dello studente può risuonare, dove la sua personalità può emergere. È in quel dialogo con la commissione che lo studente ha la possibilità di rivelarsi, di dimostrare non solo ciò che sa, ma chi è diventato attraverso il percorso scolastico. Rifiutare questo confronto, attribuendone la responsabilità all’altro, significa chiudere la porta a un’opportunità di auto-riconoscimento e di riconoscimento altrui. Se è vero che l’eccessiva attenzione ai voti può trasformare la relazione educativa in una sterile competizione, la critica all’atto stesso della valutazione diventa miope, se non coglie che dietro ogni valutazione può esserci un atto di cura educativa. Rifiutare l’orale significa, in un certo senso, rifiutare questa possibilità di essere visti e riconosciuti nella propria unicità, al di là della semplice performance accademica. Inoltre, Recalcati sottolinea come il limite, la regola, l’esame stesso, possano paradossalmente rivelarsi delle occasioni per la scoperta del desiderio. Affrontare la prova, superare l’ansia, misurarsi con la propria preparazione non è solo un esercizio mnemonico, ma un’esperienza che forgia il carattere, che rivela risorse interiori insospettabili. Sottrarsi a questo momento significa rinunciare a un’opportunità di auto-conoscenza, di misurazione delle proprie forze e, in ultima analisi, di scoperta del proprio desiderio di conoscenza e di realizzazione.
Un rito di passaggio mancato L’Esame di Stato, con la sua ritualità e la sua solennità, segna un passaggio fondamentale. È un rito di iniziazione che sancisce la fine di un ciclo e l’apertura a nuove possibilità, sia accademiche che professionali. Rinunciare a viverlo pienamente significa privarsi di un momento fondamentale di transizione, di un’esperienza che, pur faticosa e a volte stressante, può lasciare un segno indelebile e profondamente positivo sulla propria vita. È l’occasione per dimostrare a sé stessi e agli altri di essere pronti per il prossimo capitolo, di aver acquisito gli strumenti non solo per “sapere”, ma per “essere” nel mondo. In un’epoca in cui la scuola è spesso ridotta a un luogo di mera erogazione di contenuti e i giovani cercano spazi per esprimere la propria individualità, le parole di Recalcati ci ricordano che il suo valore più autentico risiede nella capacità di formare individui, di accompagnarli nella scoperta di sé e del mondo. L’orale di maturità, se vissuto nella sua dimensione più profonda, non è un’espressione di giudizio arido, ma un incontro, un dialogo, un’occasione per mostrare il frutto di anni di impegno e, soprattutto, per riconoscere il proprio posto nel divenire. Non una costrizione, ma una liberazione verso la vita adulta, un’occasione che, purtroppo, è stata persa.
Francesco Rovida coordinatore della formazione EIP Italia
La recente presentazione del Rapporto nazionale INVALSI 2025, avvenuta presso la Camera dei Deputati, ci offre un’occasione preziosa per riflettere sullo stato del nostro sistema educativo. Questo appuntamento annuale, che ha coinvolto oltre 2,5 milioni di alunne e alunni dalla scuola primaria alla secondaria di secondo grado, non è una mera rilevazione statistica: è piuttosto un invito a leggere i dati come uno specchio della nostra società e come uno strumento per affinare la nostra missione educativa, che, in una visione profonda, si pone al servizio della dignità e della complessità di ogni individuo, al servizio dell’umanità stessa.
EIP Italia, da sempre impegnata nella promozione dei diritti umani e della pace attraverso l’educazione e la formazione, desidera proporre una lettura di questi risultati che vada oltre la superficie, per coglierne il significato più intimo e le implicazioni per il nostro agire quotidiano.
La riduzione della dispersione scolastica esplicita
Il primo, e forse più incoraggiante, risultato delle rilevazioni INVALSI 2025 è la conferma di un significativo calo della dispersione scolastica esplicita, un dato recentemente reso pubblico anche da ISTAT. L’italia è passata dal 12,7% del 2021 a un 9,8% stimato nel 2024, superando con un anno di anticipo l’obiettivo del PNRR del 10,2% fissato per il 2026. ancora più incoraggiante è la prospettiva di raggiungere entro il 2030 il target europeo del 9% di abbandono scolastico precoce, un obiettivo che ora appare pienamente alla portata del paese. Questo risultato è di grande rilievo e rappresenta un successo per l’intero sistema educativo italiano. Il suo significato va ben oltre la semplice riduzione numerica: sempre meno giovani lasciano la scuola anzitempo, e un numero crescente di studenti riesce a conseguire un diploma o a proseguire in percorsi di istruzione e formazione. Questo ha ricadute positive sull’equità sociale, sull’occupabilità e sulla coesione territoriale, pilastri fondamentali di una società che promuove i diritti e la pace. è la dimostrazione che il nostro sistema scolastico è diventato più efficace nel contrastare l’abbandono, accogliendo una popolazione studentesca che in passato avrebbe avuto un rischio più alto di esclusione.
La complessità degli apprendimenti: una sfida per l’equità e la qualità
Tuttavia, questo ampliamento della platea scolastica comporta anche un aumento della complessità interna del sistema educativo. Una quota significativa di studenti che prima avrebbe interrotto il percorso scolastico, oggi rimane nel sistema, spesso presentando maggiore fragilità negli apprendimenti. Tale dinamica si riflette inevitabilmente sugli esiti medi delle rilevazioni INVALSI, che tendono in alcuni gradi scolastici a una leggera contrazione. Risulta però importante sottolineare che questo calo non è da intendersi come un peggioramento qualitativo, bensì come un effetto di popolazione legato a un accesso più ampio e inclusivo all’istruzione. La sfida, dunque, è accogliere questa eterogeneità senza che essa si rifletta negativamente sui risultati generali. Analizzando i risultati per materia e grado: – scuola primaria (classe II e V): si evidenzia una sostanziale stabilità rispetto all’anno precedente, con modesti segnali di indebolimento, verosimilmente legati alla maggiore complessità della popolazione scolastica nella fase di prima alfabetizzazione. In II primaria, si registra una lieve diminuzione in italiano (66% raggiunge il livello base nel 2025 vs 67% nel 2024), mentre in matematica la percentuale si mantiene stabile (67%). In V primaria, italiano è stabile (75%), mentre matematica mostra una flessione (66% nel 2025 vs 68% nel 2024). Anche l’inglese (reading) in V primaria registra una contrazione (91% nel 2025 vs 95% nel 2024), mentre listening si mantiene stabile (86%). Questi dati ci invitano a concentrare maggiori sforzi sulla comprensione del testo scritto in italiano e ad affrontare lo svantaggio delle bambine in matematica, che emerge già precocemente. – scuola secondaria di primo grado (classe III): gli esiti in italiano e matematica sono sostanzialmente stabili, con il 59% degli studenti che raggiunge risultati adeguati in italiano (60% nel 2024) e il 56% in matematica (invariato dal 2021). Un netto miglioramento si osserva nell’inglese (sia reading che listening), con l’83% degli studenti che raggiunge il livello A2 in reading (+1% rispetto al 2024) e il 70% in listening (+2% rispetto al 2024). Dal 2018, la quota di studenti che raggiunge il livello A2 è aumentata di 9 punti percentuali in reading e di 16 punti percentuali in listening. – scuola secondaria di secondo grado (classe II e ultimo anno): classi seconde: in italiano, il 62% degli studenti raggiunge almeno il livello base (invariato rispetto al 2024), mentre in matematica la quota è del 54% (55% nel 2024). le differenze tra l’italia centro-settentrionale e quella meridionale rimangono consistenti. ultimo anno: si evidenzia una battuta d’arresto rispetto al 2024, ma la tendenza generale post-pandemia è quella di risultati sostanzialmente costanti. In italiano, il 52% degli studenti raggiunge almeno il livello base (56% nel 2024), e in matematica il 49% (52% nel 2024). in inglese, il 55% raggiunge i traguardi previsti (B2 per licei/tecnici, B1+ per professionali) in reading (60% nel 2024) e il 44% in listening (45% nel 2024). Nonostante i miglioramenti complessivi, la distanza dei risultati tra centro-nord e mezzogiorno rimane molto elevata. Un dato importante da monitorare è la dispersione scolastica implicita, definita come la quota di studenti che terminano il percorso scolastico senza aver acquisito le competenze fondamentali previste. Nel 2025, si registra un leggero aumento (8,7% nel 2025 vs 6,6% nel 2024), attestandosi al valore del 2023, sebbene il trend di medio periodo rimanga in calo, soprattutto nel mezzogiorno. Questo fenomeno è strettamente legato all’inclusione di una popolazione studentesca più eterogenea e fragile. Permangono, e anzi si accentuano, i divari territoriali, con il mezzogiorno che continua a mostrare un maggior numero di allieve e allievi con livelli di risultato molto bassi. Questa disuguaglianza è visibile già dalla scuola primaria e si rafforza nei cicli successivi, evidenziando una sfida strutturale. Contemporaneamente, si osserva anche una polarizzazione degli esiti, con un calo delle “eccellenze” accanto a una quota stabile di studenti in difficoltà, suggerendo che il sistema fatica a “tenere insieme” tutte le componenti della sua popolazione.
Le nuove frontiere: competenze digitali e la “riserva di umanità”
Una novità positiva delle rilevazioni 2025 è la prima indagine sulle competenze digitali degli studenti delle classi seconde della scuola secondaria di secondo grado, basata sul framework europeo DigComp. I risultati sono stati positivi e incoraggianti, con una buona padronanza nell’utilizzo consapevole e sicuro delle tecnologie digitali: l’89% raggiunge il livello adeguato in alfabetizzazione su informazione e dati, il 91% in comunicazione e collaborazione, l’84% in creazione di contenuti digitali e l’85% in sicurezza. Ciò che colpisce è che questo risultato è più omogeneo a livello territoriale rispetto a italiano e matematica. Questo ci porta a una riflessione più profonda sul ruolo della scuola nell’era digitale. Come sottolineato dalla responsabile delle rilevazioni nazionali Alessia Mattei, l’intervento umano è insostituibile per garantire il rispetto della dignità e della complessità di ogni individuo. La “riserva di umanità” – la capacità di giudizio, sensibilità e responsabilità che solo l’uomo può garantire – e la “ragionevolezza umana” – che permette flessibilità, adattamento e giudizio critico al di là della logica algoritmica – sono aspetti fondamentali. La scuola, in particolare, ha il compito unico di favorire la crescita dell’umanità futura, riconoscendo che il compito di ciascuno è unico, come l’occasione di realizzarlo. Le competenze digitali sono cruciali, ma non possono e non devono sostituire le competenze di base e il senso profondo dell’educazione.
Ruolo cruciale di docenti e dirigenti: spunti per la riflessione e lo sviluppo professionale
In questo contesto di sfide e opportunità, il ruolo di docenti e dirigenti scolastici è più che mai centrale e insostituibile. Ecco alcuni spunti di riflessione per il vostro prezioso lavoro e per le prospettive di sviluppo professionale: 1. accogliere la complessità: la crescente eterogeneità e fragilità della popolazione studentesca è una realtà. Il lavoro quotidiano deve mirare a sviluppare strategie didattiche inclusive e personalizzate, che consentano di accogliere e supportare gli studenti che in passato avrebbero abbandonato, senza compromettere i risultati complessivi. Si rende necessario intervenire sulle situazioni in difficoltà, arricchendo e differenziando l’offerta formativa. 2. rafforzare i fondamentali, sin dalla primissima infanzia: i divari territoriali, evidenti già nella scuola primaria, impongono di intervenire precocemente, a partire dalla scuola dell’infanzia (0-6 anni). Investire nelle prime età e nei contesti più fragili significa costruire basi più solide per il futuro e ridurre progressivamente le disuguaglianze. Concentrare sforzi sull’italiano e la matematica, dove permangono maggiori criticità, è cruciale. 3. bilanciare fragilità ed eccellenza: un sistema scolastico di successo si prende cura sia dei giovani a rischio di insuccesso, sia dei talenti che possono fiorire. Il calo delle eccellenze segnalato dai dati INVALSI è un campanello d’allarme. Appare necessaria una nuova linea di intervento per sostenere gli allievi con risultati migliori, soprattutto dove sono meno presenti. Equità non significa appiattire, ma elevare la qualità per tutti. 4. valorizzare delle competenze digitali, con ragionevolezza umana: i buoni risultati sulle competenze digitali sono un segnale incoraggiante. Tuttavia, è fondamentale che queste competenze siano inserite in un quadro più ampio che promuova il pensiero critico, la consapevolezza e la responsabilità, elementi che solo l’intervento umano può pienamente garantire. Il ruolo dei docenti emerge nel guidare gli studenti nell’uso “consapevole e sicuro” delle tecnologie. 5. formazione e collaborazione costante: l’efficacia degli interventi mirati, come dimostrato in alcune regioni del mezzogiorno grazie ad azioni di supporto come “Agenda sud” e le misure del PNRR, evidenzia l’importanza di misure personalizzate a livello di scuola e di classe. Ciò richiede un continuo aggiornamento professionale e una forte cooperazione tra scuole, famiglie e istituzioni.
Il quadro che emerge dai dati INVALSI 2025 non è solo una fotografia, ma una mappa per orientare le nostre azioni future. La sfida non è solo il recupero degli apprendimenti post-pandemia, ma anche e soprattutto affrontare i fattori strutturali legati alla trasformazione della società e al ruolo della scuola. Al centro di questo processo, docente e dirigenti sono custodi di questa “riserva di umanità”, chiamati a lavorare affinché la scuola sia sempre più un luogo generativo di competenze e di cittadinanza consapevole, un luogo dove ogni individuo possa realizzare il proprio unico compito.
EIP italia rinnova il suo riconoscimento e ringraziamento per il vostro instancabile impegno e si pone a vostra disposizione per continuare a contribuire fattivamente a questa sfida determinante per il futuro di tutti e di tutte.
Il 10 giugno 2025, la città di Graz è stata teatro di una tragedia che ci colpisce profondamente: una scuola, luogo sacro di crescita e speranza, è stata violata da un atto di violenza efferata, che ha spento vite di educatori e giovani studenti. L’eco di quegli spari, insistentemente ribadito ovunque, ha risuonato ben oltre i confini dell’Austria, raggiungendo chiunque creda nel valore intrinseco della vita umana e nel potenziale trasformativo dell’educazione.
Come operatori del mondo della scuola, dei diritti umani e della pace, siamo colpiti nel profondo, con una sensazione di sconforto e profonda tristezza. È difficile non sentirsi impotenti di fronte a tale oscurità, di fronte alla manifesta incapacità di prevenire un orrore così gratuito. Ogni volta che una scuola viene attaccata in quanto scuola, sentiamo minacciate le fondamenta stesse della nostra civiltà. È un attacco al futuro, ai sogni, alla possibilità stessa di costruire una società più giusta e pacifica.
Probabilmente, tra le tante notizie di aggressioni violente anche tra i banchi delle nostre scuole, più di uno sarà portato a chiedersi: e se capitasse anche in Italia?
Anche di fronte a questi interrogativi, è nostro dovere e la nostra responsabilità trovare la forza per reagire. Sebbene il dolore per le vittime e le loro famiglie sia immenso e incommensurabile, non possiamo permettere che la violenza spezzi la nostra fiducia nel valore primario dell’educazione. Anzi, è proprio in questi momenti che il ruolo della scuola, non solo come luogo di trasmissione del sapere ma come fucina di valori, di rispetto e di comprensione, diventa ancora più cruciale.
La scuola è, e deve continuare ad essere, il primo baluardo contro l’ignoranza, il pregiudizio e l’odio. È qui che si coltivano l’empatia, il pensiero critico, il dialogo e la risoluzione pacifica dei conflitti. È tra i banchi di scuola che si impara a riconoscere e a difendere i diritti umani, a comprendere che la pace non è solo assenza di guerra, ma la costruzione attiva di relazioni basate sull’equità e sulla giustizia.
Non possiamo illuderci che l’educazione da sola possa eliminare ogni forma di violenza. Le radici di tali gesti sono complesse e spesso affondano in disagi sociali, economici e psicologici profondi. Ma l’educazione è senza dubbio uno degli strumenti più potenti che abbiamo per contrastare le narrazioni di odio, per promuovere la resilienza e per instillare nelle nuove generazioni la speranza di un mondo migliore.
Il ricordo delle vittime di Graz deve diventare un monito, un impegno solenne. Ci sproni a raddoppiare gli sforzi per creare ambienti scolastici sicuri, inclusivi e accoglienti, dove ogni studente possa sentirsi protetto e valorizzato. Ci ispiri a educare con ancora maggiore passione alla tolleranza, alla solidarietà e alla responsabilità civica.
Nella difficoltà di un fatto così assurdo, vogliamo ribadire la nostra fiducia: l’educazione è la nostra bussola, la nostra arma più potente contro l’oscurità. Con dedizione, impegno e una profonda fede nel potenziale umano, possiamo e dobbiamo continuare a costruire un futuro in cui le scuole siano sempre e solo luoghi di vita, di crescita e di pace.
Al termine delle lezioni e verso la meritata pausa estivail saluto della Presidente nazionale Anna Paola Tantucci
Carissimi Dirigenti, Insegnanti, e Operatori del Personale ATA,
mentre l’anno scolastico volge al termine, è con profonda gratitudine che vi scrivo a nome della nostra Associazione, impegnata da diversi decenni per l’educazione ai diritti umani nelle scuole e nella formazione dei docenti.
Questo è un momento di bilanci, di riflessioni e, soprattutto, di riconoscimento per l’immenso lavoro che ciascuno di voi ha svolto. Abbiamo tutti vissuto un altro anno scolastico ricco di sfide e opportunità. Sappiamo quanto sia complesso il vostro impegno quotidiano: la gestione delle dinamiche di classe, l’aggiornamento costante delle metodologie didattiche, l’attenzione alle esigenze di ogni singolo studente, e il mantenimento di un ambiente scolastico sereno e funzionale. Ogni giorno, la vostra dedizione silenziosa, ma potente, contribuisce a costruire un futuro migliore per le nuove generazioni.
Vogliamo ringraziarvi per la serietà con cui avete affrontato le difficoltà, trasformando gli ostacoli in occasioni di crescita. La vostra capacità di adattamento e la vostra resilienza sono state fondamentali per garantire la continuità educativa, anche di fronte a situazioni inaspettate. Questo impegno va ben oltre il mero adempimento di un dovere e diventa una testimonianza di una vera e matura professionalità, al servizio della vocazione educativa della scuola.
In particolare, desideriamo sottolineare l’importanza cruciale del vostro ruolo nell’educazione ai diritti umani. Non si tratta solo di trasmettere conoscenze, ma di coltivare nelle studentesse e negli studenti la consapevolezza della propria dignità e di quella altrui, il rispetto per la diversità, la capacità di pensiero critico e l’impegno per la giustizia sociale. Siete voi, nel quotidiano, a gettare le basi di una cittadinanza attiva e responsabile, promuovendo valori di inclusione, solidarietà e pace. Ogni lezione, ogni dialogo, ogni momento di confronto in classe diventa un’opportunità per rafforzare questi principi fondamentali.
Il Personale ATA, con la sua preziosa opera, contribuisce in modo insostituibile a creare l’ambiente fisico e organizzativo in cui la scuola può prosperare. La vostra professionalità e il vostro impegno quotidiano sono pilastri che spesso rimangono nell’ombra, ma senza i quali l’intera struttura scolastica non potrebbe funzionare. A voi va il nostro più sentito ringraziamento per la cura, l’attenzione e la disponibilità con cui assicurate che ogni aspetto logistico e operativo sia impeccabile, garantendo un ambiente sicuro e accogliente per tutti.
L’educazione è un processo continuo, un cammino che non conosce soste. Come associazione, crediamo fermamente che la formazione e l’aggiornamento siano essenziali per accompagnarvi in questo percorso. Il nostro impegno è offrirvi strumenti e percorsi che possano sostenere la vostra crescita professionale e personale, fornendo nuove prospettive e metodologie per affrontare le sfide educative contemporanee.
In questo contesto, assumiamo come linea di pensiero la riflessione di Ivano Dionigi, nel suo volume Magister, che riassume splendidamente il senso del nostro lavoro comune, quando afferma che “maestro” è colui che non solo insegna, ma educa, non solo trasmette, ma forma, non solo istruisce, ma ispira.
Questo pensiero ci ricorda la grandezza e la responsabilità del vostro ruolo. Voi non siete solo insegnanti o operatori scolastici, ma potete essere maestri, capaci di ispirare, formare ed educare le menti e i cuori dei nostri giovani. La vostra influenza va ben oltre i confini dell’aula, modellando le future generazioni e contribuendo a costruire una società più giusta e consapevole.
Mentre vi preparate, in verità dopo una serie di impegni ancora gravosi e particolarmente significativi, per il meritato riposo estivo, vi incoraggiamo a proseguire con la stessa passione e dedizione nell’azione educativa. Sappiamo che il vostro lavoro è spesso faticoso e non sempre riconosciuto quanto meriterebbe, ma sappiate che la vostra opera è di valore inestimabile. Le fondamenta di una società civile e democratica si costruiscono ogni giorno nelle vostre aule, attraverso il vostro impegno costante e la vostra visione.
Il dato importante è che le scuole autonome possono fare la differenza
Un recente studio condotto da Fondazione Agnelli e Fondazione Rocca, intitolato “Divari scolastici in Italia. Un’indagine sulle differenze di apprendimento nei territori e tra le scuole”, presentato il 29 maggio 2025, offre spunti cruciali sul fenomeno dei divari di apprendimento nel nostro Paese. L’indagine non si è limitata ad analizzare le ben note disparità territoriali Nord-Sud, ma ha esplorato in profondità come le azioni delle singole scuole possano concretamente fare la differenza nel migliorare i risultati degli studenti e nel ridurre le disuguaglianze.
Oltre il divario territoriale: l’impatto della scuola
È un dato ormai consolidato che i divari di apprendimento in Italia siano una criticità grave, con pochi eguali in Europa. Questi divari, già presenti nella scuola primaria e in crescita nella scuola media, si amplificano ulteriormente nella secondaria di II grado. L’indagine conferma la forte relazione tra le condizioni socioeconomiche e culturali delle regioni e i risultati di apprendimento, con i divari che spesso seguono l’asse Nord-Sud. Tuttavia, un’analisi più approfondita rivela che limitarsi alla dimensione territoriale sarebbe un errore di prospettiva. Le differenze “fra le scuole” e “dentro le scuole” giocano un ruolo significativo nel determinare gli esiti degli apprendimenti.
A tal proposito, è emerso che le differenze tra gli indirizzi di studio (licei, tecnici, professionali) hanno un impatto rilevante. Ad esempio, a parità di altre condizioni, frequentare un liceo classico o linguistico “spiega” uno svantaggio di 14 punti INVALSI in matematica rispetto a un liceo scientifico. Questo suggerisce la necessità di rafforzare l’orientamento nella scuola media e, in prospettiva, di ripensare la struttura didattica della scuola superiore per garantire a tutti un livello più robusto e comune di competenze di base.
Ruolo determinante dell’autonomia scolastica
Una delle conclusioni più incoraggianti dell’indagine è che le scuole, attraverso la loro capacità organizzativa, possono fare la differenza. Come sottolineato da Gianfelice Rocca, Presidente di Fondazione Rocca, il tema non è tanto aumentare il numero di insegnanti o di risorse (già tra i più alti d’Europa), quanto piuttosto incidere sull’organizzazione interna della scuola. I casi di studio qualitativi condotti in cinque scuole “eccellenti” (tre professionali, un tecnico e un liceo), i cui risultati erano nettamente superiori alle aspettative rispetto al loro contesto, hanno permesso di identificare ingredienti chiave di successo.
Queste scuole di successo hanno messo in evidenza i seguenti punti chiave: Modello organizzativo cooperativo e leadership condivisa Adottano modelli che favoriscono la collaborazione tra dirigenti e docenti, con una leadership focalizzata sul miglioramento continuo, un clima scolastico positivo e il contrasto ai ritardi di apprendimento. La gestione unitaria degli istituti con più indirizzi porta benefici, e vi è una specifica attenzione alla comunicazione con le famiglie. Gestione dinamica e proattiva delle risorse Queste scuole sono capaci di orientare i progetti finanziati esternamente (es. Ministero, PNRR) in base ai fabbisogni reali della scuola, integrandoli con attività aggiuntive e focalizzandosi sul rafforzamento delle competenze di base. Vi è anche una cura nel rinnovamento degli spazi e dei laboratori. Gestione collegiale della didattica e dei curricoli La collegialità interdisciplinare nella definizione degli obiettivi formativi e dei metodi didattici è fondamentale. La didattica è centrata sullo studente, con ricorso a esercitazioni e personalizzazione dell’insegnamento, e i docenti sviluppano modelli comuni di progettazione didattica che valorizzano le dimensioni pratiche e professionali delle competenze di base. Attività extracurricolari ricche e dinamiche L’offerta di attività extracurricolari, in rete con enti locali, imprese e terzo settore, ha un impatto significativo e positivo sugli esiti di apprendimento. Queste attività sono spesso orientate alle competenze di base e al supporto degli studenti più svantaggiati, includendo progetti di inclusione per studenti di origine straniera o provenienti da famiglie vulnerabili.
Verso un’autonomia “accompagnata”
L’indagine suggerisce di puntare su uno sviluppo di un’autonomia “accompagnata”. Questo significa rafforzare il middle management scolastico con un riconoscimento e incentivi specifici, e promuovere un’autonomia scolastica differenziata piuttosto che generalizzata, per evitare di amplificare i divari esistenti. Le scuole che da anni sono impegnate in un processo di innovazione della didattica, degli ambienti di apprendimento e della governance, se sostenute e monitorate, possono aprire la strada a un nuovo modello scolastico a beneficio dell’intero sistema.
In sintesi, i risultati di questa ricerca sottolineano che, pur in presenza di divari complessi e radicati, le scuole hanno un potenziale enorme per incidere positivamente sui livelli di apprendimento. Investire nella formazione dei docenti, supportare una leadership scolastica efficace e promuovere una gestione innovativa e collaborativa delle risorse e della didattica sono passi fondamentali per costruire un sistema educativo più equo e di alta qualità per tutti i nostri studenti.
Riflettere su nuove strategie formative per accompagnare le scuole nei loro percorsi di miglioramento
Un ulteriore elemento di riflessione sul tema è rappresentato dal Seminario tenutosi presso la sede del Ministero dell’Istruzione e del Merito sul tema “Il miglioramento dell’offerta formativa: le sfide per il sistema scolastico nell’epoca della transizione tecnologica e demografica per combattere la povertà educativa”.
Tra i diversi interventi presentati, la dott.ssa Michela Freddano, primo ricercatore INVALSI, ha posto l’accento sulla personalizzazione e sul ruolo del tutor pedagogico.
La ricercatrice ha evidenziato che il contesto attuale rivela un panorama educativo in evoluzione. L’Italia mostra una crescita della percentuale di popolazione adulta (25-64 anni) con diploma, raggiungendo il 65,5%, e un aumento dei giovani (25-34 anni) con un titolo terziario, pari al 30,6%. Si registra inoltre una maggiore scelta di studi STEM nel settore terziario e una più ampia partecipazione dei bambini di 4-5 anni alla scuola dell’infanzia, sebbene la situazione sia ancora migliorabile rispetto ad altri Paesi europei. Nonostante questi progressi, la dispersione scolastica esplicita si attesta al 9,8% nel 2024, con persistenti divari territoriali e di genere, sfavorendo il Mezzogiorno e i maschi, e influenzata dalle condizioni socioeconomiche di partenza. Le Rilevazioni Nazionali INVALSI e i risultati degli studenti quindicenni nelle prove OCSE PISA 2022 confermano queste disparità, evidenziando come il background familiare incida profondamente sui risultati scolastici. Preoccupante è anche il dato che almeno una persona su quattro sotto i 18 anni è a rischio di povertà o esclusione sociale, e che il 56,7% dei giovani di 25-34 anni con bassa istruzione nel Mezzogiorno è a rischio povertà.
Il quadro normativo ha risposto a queste sfide con una serie di interventi mirati. Il DM 24 giugno 2022, n. 170, ha destinato risorse a 3.198 istituzioni scolastiche nell’ambito del PNRR. L’Agenda Sud, con il DM 30 agosto 2023, n. 176, ha focalizzato l’attenzione sulle Regioni del Mezzogiorno, coinvolgendo 245 scuole secondarie di I e II grado e 1.906 scuole primarie. Analogamente, l’Agenda Nord, tramite il DM 27 maggio 2024, n. 102, ha interessato 245 scuole primarie e secondarie e 2.919 scuole primarie delle Regioni del Centro-Nord nell’ambito del PN “Scuola e competenze 2021-2027”. Il Decreto Caivano (DL 15 settembre 2023, n. 123) ha introdotto misure urgenti contro il disagio giovanile e la povertà educativa. Inoltre, le Linee Guida per l’orientamento (DM 22 dicembre 2022, n. 328) e il DM 19 novembre 2024, n. 233, hanno destinato risorse per percorsi di orientamento nelle scuole secondarie di primo grado, con l’obiettivo di valorizzare i talenti degli studenti e ridurre la dispersione.
Le azioni formative di accompagnamento a questi interventi devono partire da alcuni principi fondamentali. In primo luogo, lo studente deve essere al centro del processo educativo, in una “scuola del merito” che sappia valorizzare i talenti di ciascuno e rimuovere gli ostacoli alla piena realizzazione della persona. Questo implica una didattica che riconosca il protagonismo di ragazzi e ragazze e ne sostenga la partecipazione attiva. Fondamentale è poi la personalizzazione dei percorsi formativi, intesa come un “abito sartoriale fatto su misura” che tenga conto delle inclinazioni, delle potenzialità e delle problematicità di ogni studente. Tale approccio è longitudinale e preventivo rispetto all’insuccesso scolastico, ed è uno strumento cruciale per ridurre i divari e la dispersione, anche attraverso il coinvolgimento delle famiglie. L’orientamento, infatti, gioca un ruolo centrale in questo processo, facilitando la conoscenza di sé e del contesto per la definizione di obiettivi personali e professionali. I dati mostrano che circa il 60% delle famiglie degli studenti di scuola secondaria di I grado segue il consiglio di orientamento della scuola, mentre il 40% non lo segue.
In questo contesto, il docente tutor emerge come figura strategica. Introdotto per la prima volta nel 1991 per affiancare i docenti neo-immessi, il “tutor” è ora chiamato, dalle Linee Guida per l’orientamento, a svolgere due funzioni principali nelle scuole secondarie di I e II grado: aiutare ogni studente a rivedere le parti fondamentali del proprio E-Portfolio personale e costituirsi “consigliere” delle famiglie nelle scelte dei percorsi formativi e professionali, utilizzando anche i dati territoriali e nazionali. Le attività di Formazione volontaria incentivata hanno già coinvolto 72.475 docenti.
Il tutorato è “pedagogico” quando applica le conoscenze teoriche in contesti reali, ancorando la riflessione alla pratica dell’educazione e della formazione. Il docente tutor, inteso come “professionista riflessivo”, deve saper documentare e monitorare i percorsi, utilizzare i dati della valutazione, coinvolgere le famiglie e integrare il proprio operato con la progettazione d’istituto, mantenendo centrali il rafforzamento degli apprendimenti di base e il contrasto alla dispersione.
La valutazione, in questo scenario, non è un mero giudizio, ma uno strumento per il miglioramento. I processi valutativi devono essere esperienze di “razionalità riflessiva” che supportano il sapere professionale dei docenti. È fondamentale individuare priorità di esito e obiettivi di processo che investano sulla personalizzazione e sul tutorato pedagogico, in coerenza con il progetto identitario della scuola. L’obiettivo finale è la costruzione di veri e propri “ecosistemi educativo-formativi”. Ciò implica il potenziamento delle competenze non cognitive e trasversali, delle competenze digitali e della data literacy. Si promuove una “valutazione formante” che integri momenti didattici e valutativi, rendendo gli studenti protagonisti della propria autovalutazione. La formazione deve essere trasformativa, continua e basata sull’esperienza. Infine, è cruciale valorizzare il capitale sociale e la governance, affinché la scuola diventi un polo educativo e un presidio di sviluppo territoriale, in grado di generare relazioni autentiche con enti locali, istituzioni e associazioni del terzo settore. Solo così il sistema scuola potrà affrontare le sfide e rispondere ai cambiamenti in modo autorevole, consapevole e sostenibile.
Nei giorni scorso, ANP ha presentato i risultati dell’indagine sul benessere professionale dei dirigenti scolastici in Italia, svolta in collaborazione con Ilaria Buonomo e Caterina Fiorilli, docenti dell’Università LUMSA. Uno studio che ha coinvolto quasi 1.800 dirigenti e mette in evidenza situazioni di stress professionale cronico, potenzialmente rischioso per la salute dei dirigenti stessi e, diconseguenza, dell’intero sistema scolastico.
Alcuni dati significativi: – circa l’85% degli intervistati dichiara che il lavoro da svolgere si accumula in modo irregolare; – l’80% non riesce a completare nel tempo dovuto tutte le mansioni assegnate; – 9 dirigenti su 10 avvertono di lavorare quotidianamente a ritmi elevatissimi e tutti si trovano a dover gestire simultaneamente molteplici compiti e prendere decisioni complesse.
Secondo il sindacato che rappresenta una parte significativa dei dirigenti scolastici italiani, i dati della ricerca mettono in evidenza condizioni di lavoro che superano ampiamente livelli accettabili di rischio professionale, testimoniati anche da un serio aumento di situazioni di burnout professionale, disturbi del sonno e sintomatologie depressive, rispetto alla precedente rilevazione del 2018.
Dai focus group organizzati nel corso della ricerca, sono stati indicati come fattori di stress più gravosi: – carico burocratico e le scadenze ravvicinate; – disequilibrio vita-lavoro connesso alle molteplici responsabilità e a un profondo isolamento gestionale; – peso emotivo non riconosciuto della continua mediazione di conflitti tra le diverse componenti scolastiche e della gestione delle emergenze.
Tra le proposte presentate, vengono indicate come prioritarie dai dirigenti intervistati le seguenti: 1. istituzione di ruoli strutturati di middle management con deleghe operative precise; 2. potenziamento quantitativo e qualitativo del personale amministrativo; 3. pianificazione centralizzata delle scadenze; 4. semplificazione burocratica; 5. percorsi formativi mirati alle competenze relazionali ed emotive; 6. adeguato riconoscimento professionale ed economico della funzione dirigenziale.
Il dirigente scolastico Ottavio Fattorini ha sviluppato un originale costrutto denominato “Dirigenza umanistica”, “apertamente descrivibile nella sua concretezza in azioni definite e verificabili, che definiscono uno stile e un’attitudine alla dirigenza (o comunque a compiti gestionali di coordinamento o organizzativi) di qualsiasi organizzazione. Il costrutto si propone di coniugare tecniche e competenze professionali con qualità e idealità etiche che muovono dalla volontà di volgere l’attenzione alle persone per le quali si svolge un servizio. Tale modalità e visione di conduzione persegue il benessere di ciascun membro dell’organizzazione e, contestualmente, contribuisce al bene comune e al miglioramento sistemico. La Dirigenza umanistica è appunto «dirigenza» e non leadership perché si basa su alte competenze e conoscenze gestionali, organizzative, latu senso normative, grazie alle quali, o meglio, solo grazie alle quali, può essere data una curvatura ed una cifra identitaria ad un proprio stile di dirigenza e secondariamente di leadership”.
Nelle parole di Damiano Previtali, la dirigenza umanistica “prima di essere un progetto, è un felice ossimoro nel momento in cui riesce a tenere insieme il ruolo istituzionale e i bisogni della persona, ovvero le funzioni pubbliche e le passioni personali”.
Nella collana SCHOLA è stato pubblicato un volume, coordinato dal vicepresidente di EIP Italia (Dirigenza umanistica. Ragione e sentimento per la governance strategica delle istituzioni scolastiche, Hoepli, 2024) che presenta il modello, a partire dall’analisi dei cinque principi del suo Manifesto, attraverso le voci di dirigenti che, nella realtà quotidiana, cercano di andare oltre la “banalità del male” di una impostazione giuridico-amministrativa, facendo leva sull’autonomia come chiave di volta per interpretare la professione con il valore aggiunto del proprio coefficiente energetico-emotivo.
Vivere insieme in pace significa accettare le differenze e avere la capacità di ascoltare, riconoscere, rispettare e apprezzare gli altri, nonché vivere in modo pacifico e unito.
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nella sua risoluzione 72/130, ha dichiarato il 16 maggio la Giornata Internazionale della Convivenza Pacifica, come mezzo per mobilitare regolarmente gli sforzi della comunità internazionale per promuovere la pace, la tolleranza, l’inclusione, la comprensione e la solidarietà. La Giornata mira a sostenere il desiderio di vivere e agire insieme, uniti nelle differenze e nella diversità, al fine di costruire un mondo sostenibile di pace, solidarietà e armonia.
La Giornata invita i paesi a promuovere ulteriormente la riconciliazione per contribuire a garantire la pace e lo sviluppo sostenibile, anche lavorando con le comunità, i leader religiosi e altri attori pertinenti, attraverso misure e atti di servizio di riconciliazione e incoraggiando il perdono e la compassione tra gli individui.
In seguito alla devastazione della Seconda Guerra Mondiale, le Nazioni Unite furono istituite per salvare le generazioni future dal flagello della guerra. Uno dei suoi scopi è quello di raggiungere la cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi internazionali, anche promuovendo e incoraggiando il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione.
Nel 1997, l’Assemblea Generale proclamò – con la sua risoluzione 52/15 – l’anno 2000 come “Anno Internazionale per una Cultura di Pace”. Nel 1998, proclamò il periodo 2001-2010 come il “Decennio Internazionale per una Cultura di Pace e di Non-Violenza a profitto dei Bambini del Mondo”.
Nel 1999, l’Assemblea Generale adottò, con la risoluzione 53/243, la Dichiarazione e il Programma d’Azione su una Cultura di Pace, che funge da mandato universale per la comunità internazionale, in particolare per il sistema delle Nazioni Unite, al fine di promuovere una cultura di pace e non-violenza che vada a beneficio di tutta l’umanità, comprese le generazioni future.
La dichiarazione nacque come risultato di un concetto a lungo sostenuto e caro – contenuto nella Costituzione dell’UNESCO – secondo cui “poiché le guerre iniziano nella mente degli uomini, è nella mente degli uomini che devono essere costruite le difese della pace”. La Dichiarazione abbraccia il principio che la pace non è semplicemente l’assenza di conflitto, ma richiede anche un processo positivo, dinamico e partecipativo, in cui il dialogo è incoraggiato e i conflitti sono risolti in uno spirito di comprensione e cooperazione reciproche.
La Dichiarazione riconosce anche che, per realizzare tale aspirazione, è necessario eliminare ogni forma di discriminazione e intolleranza, comprese quelle basate su razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica o di altro genere, origine nazionale, etnica o sociale, proprietà, disabilità, nascita o altra condizione.