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Giacomo Manzù, Alfiero Nena e il Vaticano. Dalla Porta di San Pietro al Museo del Tesoro

Un omaggio ai due artisti e alle loro opere presenti in Vaticano


“Giacomo Manzù, Alfiero Nena e il Vaticano. Dalla Porta di San Pietro al Museo del Tesoro”, con la prolusione del critico d’arte Luca Nannipieri, è l’omaggio con opere, proiezioni e visite guidate che il Museo Giacomo Manzù, in sinergia con il Museo Alfiero Nena di Roma, in collaborazione con Pantheon e Castel Sant’Angelo – Direzione Musei Nazionali della città di Roma, dedica il 25 febbraio 2025, dalle ore 11, all’arte sacra di Manzù e Nena presente nella Santa Sede. Si tratta di due artisti del Novecento che, in modo diverso, hanno saputo dialogare con i papi e la Chiesa, arrivando a collocare le loro opere, in sede permanente, in alcun luoghi simbolici della cristianità, come appunto San Pietro a Roma. L’iniziativa è introdotta dalla direttrice del Museo Manzù, Maria Sole Cardulli, e dal Municipio Roma IV, e coinvolge anche gli istituti scolastici, come il Liceo Artistico “Enzo Rossi” di Roma. È la terza tappa di una rilettura dell’arte sacra nel Novecento, condotta dal critico Nannipieri, che ha avuto due iniziative precedenti: ai Musei Civici di Treviso l’esposizione, la conferenza e la pubblicazione su “Arturo Martini, Alfiero Nena e la scultura del ‘900”, e la giornata di studi all’Università LUMSA di Roma.

Afferma Luca Nannipieri: “L’arte del Novecento e il cristianesimo hanno spesso avuto un rapporto problematico, difficile, dopo quasi due millenni di reciproca concordia. Tante personalità hanno evitato qualunque dialogo con la Santa Sede, dicendo che non fosse possibile una rappresentazione cristiana nella contemporaneità, se non tramite l’irrisione, la blasfemia, l’oltraggio, il contrasto ricercato ai simboli religiosi. Ma ci sono invece vari altri artisti, come Giacomo Manzù e Alfiero Nena, che invece hanno saputo riformare, nel solco della tradizione, l’alfabeto figurativo della Chiesa: i luoghi di culto non sono soltanto testimonianze di gloria passata, ma anche cantieri di ricerca nel presente. L’iniziativa che il Museo Giacomo Manzù ospita, in collaborazione con il Museo Nena, è proprio incentrata a mettere in risalto in che modo i due artisti con pontefici diversi abbiano saputo entrare in dialogo con le gerarchie vaticane, producendo opere che ora sono visibili da milioni di visitatori, dall’entrata di San Pietro ai Musei Vaticani”.

Giacomo Manzù (1908-1991), con la sua Porta della morte in Vaticano, con la Porta della pace e della guerra a Rotterdam, con la Porta dell’amore a Salisburgo, con le sculture, alcune di esse diventate iconiche nel secolo passato, come quelle presenti al Museo Manzù di Ardea (Roma), ha dimostrato una capacità molto intrigante di interagire in un complesso rapporto con i vertici ecclesiastici e i loro valori. Ma anche Alfiero Nena (1933-2020), con i bassi e gli altorilievi, le sculture in bronzo, ferro e terracotta presenti al Museo del Tesoro di San Pietro, come la Cena in Emmaus o la cancellata della Cappella Lituana nelle Grotte Vaticane, ha offerto un efficace contributo alla sede vaticana, ricevendo poi altre committenze per luoghi di riferimento della cristianità, come la celeberrima Basilica di Santa Maria del Popolo a Roma. Durante la prolusione e le immagini viene mostrato l’apporto dato dai due artisti alla composizione di San Pietro in Vaticano e, in generale, il contributo dato dall’arte contemporanea italiana durante i pontificati di Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

L’iniziativa in programma, aperta a tutti, prosegue con la mostra e la conoscenza delle opere dal vivo o tramite proiezioni all’interno dello stesso Museo Giacomo Manzù di Ardea (Roma).

Giacomo Manzù nasce a Bergamo nel 1908, muore nel 1991.

Alfiero Nena nasce a Treviso nel 1933, muore a Roma nel 2020.

Luca Nannipieri, critico d’arte, i suoi libri sono pubblicati da Rizzoli e Skira.

Info: Museo Giacomo Manzù
Tel: +39 06.9135022
Mail: drm-laz.mumanzu@cultura.gov.it

Ufficio Stampa Nannipieri – ufficiostampa.nannipieri@gmail.com


Valutazione periodica e finale degli apprendimenti degli studenti della Scuola primaria e del comportamento degli studenti della Scuola secondaria di primo grado

Pubblicata l’Ordinanza Ministeriale 3/2025 che applica alcune innovazioni previste dalla Legge 150/2024


Con un comunicato sul sito del Ministero dell’istruzione e del merito, si dà notizia della firma definitiva sull’Ordinanza relativa alle modalità di espressione della valutazione periodica e finale degli apprendimenti nella scuola primaria e del comportamento nella secondaria di I grado. Si tratta di un passaggio applicativo (atteso) di quanto previsto dalla Legge 150/2024.

Di seguito le principali innovazioni previste.

SCUOLA PRIMARIA

Obiettivo dell’Ordinanza è l’introduzione di una diversa modalità di espressione della valutazione periodica e finale degli apprendimenti, in sostituzione delle precedenti indicazioni dell’Ordinanza Ministeriale 172/2020 che cessa di avere efficacia a partire dall’ultimo periodo dell’anno scolastico 2024-2025.

Ciò significa che per le valutazioni del primo periodo, delle quali in questi e nei prossimi giorni saranno effettuate le operazioni di scrutinio, non sono previste variazioni.

Il nuovo modello di espressione della valutazione cancella i giudizi descrittivi riferiti agli obiettivi oggetto di valutazione definiti nel curricolo d’istituto e correlati ai livelli di apprendimento (a. In via di prima acquisizione – b. Base – c. Intermedio – d. Avanzato).

E prevede l’espressione di giudizi sintetici correlati alla descrizione dei livelli di apprendimento raggiunti, articolati in 6 diversi livelli (non sufficiente – sufficiente – discreto – buono – distinto – ottimo).

La tabella allegata all’Ordinanza riporta la descrizione del significato dei giudizi sintetici, dalla cui lettura emergono una serie di criteri di articolazione del giudizio:

autonomia e continuità nello svolgimento delle attività: con riferimento alla capacità di portare a termine le attività, al livello di supporto da parte del docente, alla consapevolezza, alla tipologia di situazioni che vengono affrontate;
padronanza e utilizzo conoscenze, abilità e competenze: con riferimento alla continuità di utilizzo, alla tipologia di problemi affrontati e ad eventuali aspetti di originalità;
uso del linguaggio specifico e capacità di espressione e rielaborazione personale: con riferimento alla correttezza lessicale, al riferimento contestuale e alla capacità di argomentazione.

Nel documento di valutazione, possono essere riportati, se la scuola lo prevede i principali obiettivi di apprendimento previsti dal curricolo di istituto per ciascuna disciplina, in modo da poter esprimere il legame tra la valutazione e il raggiungimento dei medesimi (un aspetto sul quale l’impianto precedente era fortemente centrato).

La valutazione continua a dover essere integrata dalla “descrizione del processo e del livello globale di sviluppo degli apprendimenti raggiunto”.

Non si tratta solo un passaggio da 4 livelli (avanzato, intermedio, …) a 6 livelli (ottimo, distinto, …), ma da una prospettiva riferita direttamente agli obiettivi ad una rappresentazione generalizzata delle discipline intese singolarmente e in prospettiva unitaria, presupponendo che tale modalità risponda ad esigenze di chiarezza ed efficacia comunicativa nei confronti di genitori e alunni.

La valutazione dei singoli docenti nel corso dell’anno scolastico resta espressa nelle forme che ciascun docente ritiene adeguate in conformità con i criteri e le modalità definiti dal Collegio dei docenti e inseriti nel Piano triennale dell’offerta formativa, garantendo la possibilità che gli alunni possano comprendere i livello di padronanza degli obiettivi. Su questo punto la nuova Ordinanza, purtroppo e incomprensibilmente, sembra seguire il linguaggio della precedente, assumendo un riferimento assolutamente riduzionistico e parlando di “livello di padronanza dei contenuti verificati”: un approccio lontanissimo da quanto previsto dal pur richiamato in premessa e nei primi articoli, Decreto Legislativo 62/2017 che indica come oggetto della valutazione “il processo formativo e i risultati di apprendimento degli alunni”, con documentazione dello “sviluppo dell’identità personale” e promozione della “autovalutazione di
ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze”
.

I passaggi formali che dovranno essere realizzati sono i seguenti:

COLLEGIO DOCENTI
– delibera aggiornamento dei criteri di valutazione, secondo le previsioni della OM 3/2025
– predispone la descrizione dei livelli di apprendimento correlati ai giudizi sintetici per ciascun anno di corso e per ogni disciplina del curricolo
– definisce se e come riportare nel documento di valutazione i principali obiettivi di apprendimento previsti dal curricolo di istituto per ciascuna disciplina

ISTITUZIONE SCOLASTICA
– aggiornamento delle impostazioni del registro elettronico ai nuovi criteri e modalità deliberati
– predisposizione del nuovo modello di documento di valutazione
informazione chiara ai genitori e agli alunni

SINGOLI DOCENTI
lettura e studio della nuova OM
contributo alle delibere degli Organi collegiali
revisione ed eventuale aggiornamento delle forme con cui esprimere la valutazione in itinere (sperando che non sia riferita solo alla “padronanza dei contenuti verificati”)
comunicazione e dialogo con gli alunni e i genitori (meglio in modo collegiale e condiviso)

SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO

Le uniche indicazioni riguardano la valutazione del comportamento, con queste specificazioni:
– viene espressa con un voto numerico in decimi;
– nella valutazione finale deve far riferimento all’intero anno scolastico e non solo all’ultimo periodo;
– se inferiore a 6 comporta, direttamente e indipendentemente da altri elementi di valutazione, la non ammissione all’Esame di Stato o all’anno successivo.


Per approfondimento, puoi leggere:
Valutazione nella scuola primaria in Italia: appunti su origini e sviluppo degli studi sulla valutazione scolastica – prima parte


Didattica da fuoriclasse: l’Istituto Comprensivo “Petrone” di Campobasso al Campus Scuola Futura

Prosegue e si amplia la sperimentazione promossa dall’Istituto molisano diretto dal referente regionale EIP Italia


da “Il Quotidiano del Molise online”

Un trionfo per l’Istituto Comprensivo Igino Petrone di Campobasso, che ha conquistato la scena nazionale durante l’evento “Scuola Futura Campus” presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito. La scuola, riconosciuta per il suo approccio pionieristico alla didattica e l’impegno nell’innovazione, è stata selezionata come esempio di buona pratica tra le scuole italiane.

Alla presenza del ministro Giuseppe Valditara e della sottosegretaria Paola Frassinetti, studenti e docenti hanno avuto l’opportunità di presentare l’innovativo progetto “Didattica da Fuoriclasse”, un’esperienza unica che reimmagina i paradigmi educativi, spiega il dirigente scolastico Giuseppe Natilli. “Questo progetto, nato tre anni fa, ha trasformato la didattica in un processo dinamico e coinvolgente, centrato sugli studenti e radicato nel territorio.

“Didattica da Fuoriclasse” promuove la partecipazione attiva degli studenti, rendendoli protagonisti del loro apprendimento attraverso attività interdisciplinari che stimolano le competenza di cittadinanza.  Gli alunni hanno sperimentato metodologie didattiche innovative in vere e proprie “sceneggiature educative” come “Sulla scena del delitto”, un’iniziativa co-progettata con la Polizia di Stato per stimolare competenze analitiche e collaborative. Durante l’evento, il progetto è stato presentato come modello da seguire, attirando l’interesse di altre scuole e delle autorità presenti. I nostri studenti, veri protagonisti, hanno raccontato con entusiasmo la loro esperienza, dimostrando come l’educazione possa trasformarsi in un percorso creativo e motivante.

Il riconoscimento ottenuto al Campus “Scuola Futura” è una dimostrazione del successo di un lavoro collettivo che coinvolge studenti, famiglie, docenti e partner istituzionali. La scuola si conferma una pioniera nell’innovazione educativa, ispirando altre realtà scolastiche a intraprendere percorsi simili. Questo risultato rappresenta un punto di partenza per continuare a sviluppare un ambiente educativo che prepara i giovani a una società in continua evoluzione, facendo della scuola un vero e proprio laboratorio di idee. Con passione e determinazione, l’Istituto Comprensivo Igino Petrone dimostra ancora una volta di essere un esempio di eccellenza e innovazione nel sistema scolastico italiano”.

Per informazioni e approfondimenti:
https://www.icpetrone.edu.it/didattica-da-fuoriclasse/

Nuove Indicazioni Nazionali per la scuola: un ritorno alle origini per guardare al futuro?

Pur senza alcuna possibilità di leggere i testi proposti, riportiamo da notizie di stampa del 15 gennaio 2025

Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, avrebbe delineato le nuove direttrici per il primo ciclo, secondo quanto riportato dal quotidiano “Il Giornale”.

Le Nuove Indicazioni Nazionali, che entreranno in vigore nell’anno scolastico 2026/2027, mirano a valorizzare la cultura italiana e le sue radici, con un focus su letteratura, storia e latino.

Il processo di elaborazione di queste testo è stato lungo e partecipato, con oltre cento audizioni che hanno coinvolto genitori, studenti ed esperti del settore. Tra i consulenti, figure di spicco come il violinista Uto Ughi e la ballerina Flavia Vallone, a sottolineare l’importanza attribuita alle arti nella formazione degli studenti.

Le principali novità rigaurderebbero:

  • Maggiore attenzione a letteratura e grammatica: fin dalla primaria, si incentiverà l’amore per la lettura e la scrittura, con l’utilizzo di filastrocche, scioglilingua e testi semplici da memorizzare. Si introdurranno gradualmente anche elementi di epica classica e mitologia, senza tralasciare l’importanza della grammatica e della correttezza linguistica.
  • Ritorno alla centralità della storia: con l’abolizione della geostoria alle superiori, si darà maggiore spazio alla narrazione storica, in particolare alla storia d’Italia, alle civiltà classiche e alle origini del Cristianesimo.
  • Reintroduzione del latino: a partire dalla seconda media, il latino sarà introdotto come disciplina curricolare opzionale, offrendo agli studenti la possibilità di approfondire le radici della lingua italiana e della cultura occidentale.
  • Valorizzazione della musica: fin dalla primaria, si amplierà lo spazio dedicato alla musica, per avvicinare i bambini alla sua comprensione e alla sua evoluzione nel tempo.

Obiettivo: una scuola che unisca tradizione e innovazione?

Secondo Valditara, queste novità non rappresentano un semplice aumento di contenuti, ma un’opportunità per riscoprire la bellezza della conoscenza e della disciplina. Si punta a colmare una lacuna culturale, permettendo agli studenti di conoscere e apprezzare le opere e gli autori più importanti della tradizione italiana.

Il Ministro avrebbe anche respinto le accuse di “sovranismo culturale”, ribadendo che l’obiettivo è quello di formare cittadini critici e consapevoli, con una solida base culturale che permetta loro di guardare al futuro con maggiore sicurezza. La scuola, dunque, come luogo di incontro tra passato e presente, tra tradizione e innovazione, per costruire un futuro solido e ricco di opportunità.

Il nostro sito seguirà con attenzione e senso critico lo sviluppo normativo.

Auguri di buone feste da EIP Italia


Care amiche e cari amici di EIP Italia Scuola strumento di pace,

in questo periodo di festività, desidero rivolgere a tutti voi un augurio di cuore, ricco di speranza e di fiducia nel futuro.
Viviamo tempi complessi, in cui la paura e l’incertezza sembrano a volte prendere il sopravvento. Ma proprio in questi momenti è importante per ciascuno di noi ricordare –  come ci hanno detto Andrea Riccardi e Edith Bruck ricevendo il Premio letterario per il loro volume Oltre il male – che la pace è sempre possibile e che possiamo costruire un mondo migliore per noi e per le generazioni che verranno.

La pace non è un’utopia irraggiungibile, ma un obiettivo concreto che possiamo raggiungere giorno dopo giorno, con l’impegno di ciascuno.
È un percorso che inizia dentro di noi, con la consapevolezza che possiamo essere protagonisti del nostro destino e che siamo noi la vita, il coraggio e la pace.

Riscopriamo la libertà, l’umanità e l’amore che ci lega: tenendo viva la speranza, possiamo superare le difficoltà e, come educatori, contribuire a immaginare un futuro più bello.

Che queste festività siano un’occasione per ritrovare la serenità, per riscoprire la bellezza delle piccole cose, per condividere momenti di gioia e di solidarietà con le persone che amiamo.
E che il nuovo anno sia un anno di pace, costruita sull’amore e la libertà.

Con un pensiero affettuoso per tutti

Anna Paola Tantucci
Presidente EIP Italia Scuola strumento di pace

Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti del personale scolastico – 15 dicembre 2024

Indicazioni dal Ministero in applicazione della Legge 25/2024 per le scuole. E una riflessione


Il tema della violenza nei confronti del personale scolastico assume, in modo preoccupante, rilevanza numerica e mediatica.
Sul tema si è svolto a Roma lo scorso 22 novembre un incontro organizzato dalla rivista online “La Scuola Oggi”, cui ha partecipato il dirigente scolastico Francesco Rovida, di cui riportiamo integralmente l’intervento.


Gli episodi di aggressività violenta contro la scuola e le persone che la rappresentano ci colpiscono in modo particolare e suscitano emozioni forti di rifiuto e di paura.
Probabilmente perché la scuola è, in senso letterale, la casa di tutti: nessuno di noi, infatti, è in grado di raccontare la propria storia e vivere la propria identità, senza riferirsi al tempo passato nella scuola.
Quindi, chi aggredisce la scuola, è come se aggredisse un pezzo di ciascuno di noi.
Inoltre, nella nostra percezione comune la scuola è lo “spazio-tempo” che accompagna i passaggi della crescita e che alimenta il futuro individuale e sociale.
Quindi, chi la attacca in modo violento è come se attaccasse la parte di noi che, pur faticosamente, sta lavorando per migliorare, affermarsi e imparare a vivere in modo adulto.
Il nostro incontro di oggi è volto anche alla ricerca di possibilità di intervento, che trovano nella Normativa una serie di risposte agli aspetti gravemente patologici delle relazioni educative e contemporaneamente interpellano la capacità di progettare interventi educativi efficaci che non rispondano solo alle urgenze.
Come dirigente scolastico e formatore in percorsi rivolti ai docenti e a coloro che si preparano a questa professione, che può davvero cambiare la vita di chi la pratica come anche di tanti studenti, vorrei indicare brevemente due distinti ambiti di possibile intervento.
In primo luogo, ritengo interessante ricordare come le ricerche sul clima scolastico svolte negli ultimi venti anni indicano che la creazione di un clima positivo, basato sulla rete di relazioni affettive, motivazioni a stare insieme, collaborazione in vista di obiettivi comuni, apprezzamento reciproco, norme e modalità di funzionamento dei gruppi, può avere conseguenze significativamente importanti sulla motivazione all’apprendimento, lo sviluppo cognitivo e affettivo degli studenti, i risultati di apprendimento e il benessere degli studenti. Ma, inoltre, produce minori episodi di aggressività, violenza e molestie sessuali, arrivando ad esercitare un vero ruolo di prevenzione.
Guardando a questi aspetti, sono portato a pensare che nella scuola abbiamo la fortuna di uno strumento pedagogico e organizzativo interno alle stesse dinamiche contrattuali del lavoro. La scuola, infatti, secondo l’articolo 32 del CCNL Istruzione e ricerca 2019-2021, è una “una comunità educante di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale (…) volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni”.
Il primo ambito di intervento, quindi, in una logica di prevenzione, è dare forma e struttura alla comunità, che è fatta del reciproco riconoscimento “con pari dignità” di persone e di ruoli (docenti, personale ATA, DSGA, studenti, genitori e dirigente) e dello scopo della nostra collaborazione: “la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio”.
Creare una “comunità” è frutto di un lavoro intenzionale e continuo in tante direzioni. Ne accenno solo alcune:
– collaborazione tra i docenti, investendo tempo per rendere funzionali gli spazi di lavoro degli organi collegiali e promuovendo attivamente conoscenza e accoglienza, scambio di buone pratiche, occasioni di supervisione reciproca, formazione tra pari;
– coinvolgimento sistematico delle famiglie nella comunità, prima e indipendentemente dalle situazioni di emergenza. Da una parte organizzando una comunicazione regolare che oltre ad essere efficace e tempestiva (come il registro elettronico) possa avere un caratterizzazione umana. E dall’altra con la creazione di spazi e tempi di coinvolgimento attivo per eventi, laboratori, riunioni, valorizzando il loro contributo e le loro competenze. Nella logica del lavoro insieme per il benessere e il successo di tutti gli studenti (e non solo di mio figlio).
Un secondo ambito di intervento, a cui brevemente accenno, riguarda direttamente la vita professionale dei docenti e, indirettamente, le scelte di formazione e di autoformazione.
Il lavoro dell’insegnante, in quanto attività ad alto tasso relazionale, richiede oggi una professionalità più completa, che va oltre la preparazione tecnica, e coinvolge la competenza nell’osservare e gestire gli aspetti e le dinamiche relazionali veicolati dal processo di apprendimento. Coinvolge, dunque, anche le dimensioni più profonde dell’insegnante, “in quanto egli deve essere in grado di tollerare come propri i vissuti che l’allievo evoca dentro di lui quando agisce il proprio disagio psichico sotto forma di comportamenti aggressivi e di rifiuto al compito, o di ribellione alle più elementari regole di vita scolastica, o in forme di ritiro in se stesso” (Blandino – Granieri).
Richiede, quindi, di assumersi la responsabilità adulta della relazione educativa, che presuppone presenza, maturità, consapevolezza e disponibilità ad apprendere dai propri errori.
Un insegnante, così come una comunità scolastica, che non pretendo di essere senza difetti o senza carenze, ma che promuove e mantiene relazioni di lavoro adulte e sane.
Operare in queste direzioni presuppone una scelta culturale e valoriale che può essere ben sintetizzata dai sei Principi universali di Educazione civica, elaborati da Jean Piaget e Jacques Muhlethaler a Ginevra nel 1968, come punto di riferimento dell’Associazione Scuola strumento di pace.
Il compito irrinunciabile della scuola, che è descritto in questo breve testo, ruota intorno a temi come “comprensione reciproca”, “rispetto della vita e delle persone”, “tolleranza”, “senso di responsabilità” come privilegio della persona umana”, “altruismo e solidarietà”.
E si apre con una breve, quanto efficace affermazione, che vorrei utilizzare come chiusura di senso a questo mio intervento: “La scuola è al servizio dell’umanità”.


Edith Bruck e Andrea Riccardi: l’arte di non odiare

Ai due scrittori, testimoni per la pace, il Premio letterario “Eugenia Bruzzi Tantucci”


Avrà luogo sabato 14 dicembre 2024 dalle 9.30 alle 13.00 presso l’Aula Magna dell’Università LUMSA di Roma (Borgo Sant’Angelo, 13) la Cerimonia di premiazione della dodicesima edizione del Premio letterario internazionale “Eugenia Bruzzi Tantucci”.

Promosso da EIP Italia Scuola strumento di pace, d’intesa con la Maison Internationale de la Poesie «Arthur Haulot» de Bruxelles e in collaborazione con Università LUMSA e Ministero dell’Istruzione e del Merito, il Premio è ispirato a “Storia, Ambiente e Società”, valori che hanno animato la vita e l’opera di Eugenia Bruzzi Tantucci, scrittrice, insegnante, preside, premiata con stella d’argento del Presidente della Repubblica come benemerita della cultura, della scuola e dell’arte.

La mattinata, aperta con il saluto del Magnifico Rettore dell’Università LUMSA Francesco Bonini, sarà onorata dalla presenza di Eva Cantarella, per la Consegna del Premio “Vittorio Tantucci” per la diffusione della cultura classica 2024 per gli alti meriti acquisiti nell’attività di studio e ricerca come scrittrice e Professoressa ordinaria di Diritto Greco e Romano all’Università degli studi di Milano. “Dal mondo antico una lezione per capire il presente” è il titolo dell’intervento che la professoressa Cantarella proporrà ai presenti.

A seguire, una importante Tavola rotonda sul tema L’arte di non odiare, condotta da Anna Paola Tantucci, Presidente nazionale EIP Italia, con la partecipazione di Elio Pecora, Presidente della giuria, poeta e scrittore; Rocco Pezzimenti, Docente Università Lumsa di Roma; Antonio Augenti, Direttore Centro Servizi Educativi Consorzio Universitario Humanitas e la partecipazione straordinaria di Edith Bruck, Scrittrice, poetessa e testimone della Shoah e Andrea Riccardi, Fondatore della Comunità di Sant’Egidio e storico.

La Giuria del Premio, presieduta da Elio Pecora e composta da Antonio Augenti, Pino Colizzi, Rocco Pezzimenti, Roberto Vacca, Anna Paola Tantucci e dai vincitori delle precedenti edizioni, ha assegnato il Premio a Edith Bruck e Andrea Riccardi per il volume Oltre il male (Laterza, 2024).
A partire dalle loro esperienze personali i due autori, alimentando il dialogo con la loro amicizia, si interrogano su cosa sia il male, su come possa essere affrontato e sulla necessità di non rassegnarsi, attraversando temi e domande che interpellano le coscienze in questo momento storico e affermando con chiarezza il primato dell’essere umano, al di là di ogni contrapposizione.
Queste pagine, con il loro messaggio di speranza a partire dalla memoria del passato, possono contribuire a creare un mondo migliore, un mondo in cui pur non odiando chi ci ha fatto del male, non ci si arrenda mai di fronte ad esso.

La Giuria ha assegnato anche due menzioni d’onore a Francesca Carlini per La scuola che verrà, la scuola che vorrei (Casa Editrice Il Filo di Arianna, 2024) e a Gianpaola Costabile per il romanzo Per-dono. Una trama avvincente sul sentimento che rende liberi (Giannini Editore, 2024).

Il Premio prevede una “Sezione speciale per studenti delle scuole secondarie di II grado”, per opere edite o inedite di poesia, narrativa e saggistica elaborate da singoli studenti e/o gruppi di studenti anche con riferimento agli obiettivi dell’Agenda ONU 2030.

Il primo premio è assegnato a studentesse e studenti della classe IVD del Liceo Scientifico “G. Pellecchia” di Cassino (FR) per il saggio Il Latino come Lingua di Eternità.

Il secondo premio a Lorenzo Luiselli, classe III liceo classico dell’Istituto Scuola “San Giuseppe al Casaletto” di Roma, per il saggio La Scuola San Giuseppe al Casaletto. Il terzo premio a Vanessa Apetrei della classe V CL dell’Istituto di Istruzione Superiore “Via dei Papareschi” di Roma, per la poesia Ecologia in aulico.

Sono state assegnate, inoltre, Menzioni d’onore alle seguenti scuole: Istituto di Istruzione Superiore “Cristoforo Marzoli” di Palazzolo sull’Oglio (BS), Istituto di Istruzione Superiore “Federico II” di Apricena (FG), Istituto di Istruzione Superiore “Pujati” di Sacile (PN), Istituto Comprensivo “Noviglio – Casarile” di Noviglio (MI).


La partecipazione all’incontro è libera, previa prenotazione del posto compilando il seguente modulo:
https://forms.gle/cbthdVdxQjgLtWHq6


PER I DOCENTI
La partecipazione all’incontro è un incontro di formazione e aggiornamento, organizzato da EIP Italia Scuola strumento di pace, Ente di formazione accreditato dal MIM ai sensi della Direttiva 170/2016.
Per ricevere l’attestato di partecipazione, è necessario registrarsi al modulo indicato in precedenza e attestare la propria presenza presso la Segreteria dell’evento.


Rinnovato fino al 2027 il Protocollo d’intesa tra EIP Italia e il Ministero dell’istruzione e del merito

Cittadinanza e diritti umani, cittadinanza digitale, partecipazione, legalità, intercultura, sicurezza, sport


Con la firma del Ministro Giuseppe Valditara e della Presidente Anna Paola Tantucci, è stato rinnovato in data 24 ottobre 2024 il Protocollo d’intesa tra EIP Italia e il Ministero dell’istruzione e del merito, con il quale “intendono rafforzare la collaborazione al fine di promuovere, sostenere e sviluppare un programma di interventi ed iniziative didattiche finalizzate al potenziamento nelle comunità scolastiche delle competenze chiave di educazione civica e cittadinanza democratica e tutela dei diritti umani”.


Il contributo dell’Unione Europea alla tutela dei diritti umani

Il contributo di Giuseppe Bronzini, Presidente emerito della Corte di cassazione sezione lavoro e Premio Jacques Muhlethaler 2024 per i diritti umani


Per comprendere il ruolo che l’Unione europea (che ha sostituito la Comunità economica europea nel 1992) ha svolto, spesso con grande
audacia ed inventiva, come ordinamento distinto da quello degli stati membri per proteggere i diritti dei cittadini, un’esperienza originale ed
unica nel contesto globale, occorre risalire al carattere specifico dell’ordinamento voluto dal Trattato di Roma da parte dei sei paesi fondatori.

La Corte di giustizia chiamata all’inizio degli anni 60 a chiarificare i contorni di questa costruzione – dalle finalità integrative
ma con competenze limitate alla dimensione economica- fu
determinante nel fissare le linee di discontinuità tra questa nuova “anomala” creatura e il sistema classico di diritto internazionale. Precisò infatti la Corte nel 1963 che quello comunitario è un ordinamento sui generis istituito secondo le regole del diritto internazionale e quindi con un Trattato tra gli stati ma che se ne differenzia perché non obbliga solo gli stati con i suoi precetti ma conferisce direttamente diritti in capo ai cittadini dei paesi aderenti, che possono essere rivendicati avanti i giudici ordinari nazionali. Se tali giudici hanno dubbi interpretativi,
attraverso il rivoluzionario strumento del rinvio pregiudiziale,
si devono rivolgere alla Corte di giustizia il cui parere è obbligatorio.ù

Tratti determinanti dell’ordinamento così specificato è il principio dell’effetto diretto di questo negli ordinamenti interni cui è strettamente connesso il principio del primato del primo sui secondi, indispensabile per raggiungere gli obiettivi della Comunità progressivamente estesi, parallelamente all’incremento dei paesi aderenti. L’ordinamento edificato nel 1957 viene pertanto definito come “sovranazionale” per distinguerlo da quello internazionale per via di questa immediata efficacia e prevalenza delle norme comunitarie a livello nazionale.

Sin dagli anni 60 si viene a creare un canale tra la Corte di giustizia e i giudici comuni nazionali cui- in ultima analisi- spetta la protezione dei diritti di matrice europea. I magistrati interni diventano contemporaneamente gli organi di base di due sistemi; quello nazionale al cui vertice è- in genere- una Corte costituzionale e quello “sovranazionale” su cui vigila la Corte di giustizia.

Le legittimità di questo edificio inedito viene poi rafforzato nel 1970 con la prima votazione a mandato universale del Parlamento europeo da parte dei cittadini dei paesi aderenti. Il quadrilatero della governance europea – Consiglio, Commissione, Parlamento europeo e Corte di giustizia è un unicum planetario che rappresenta lo scheletro di un ordinamento federale, in un contesto multiculturale e multilinguistico continentale, come prefigurato da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi nel Manifesto di Ventotene del 1941.

Ora nel Trattato di Roma non vi erano sostanzialmente norme
sui diritti fondamentali, come nelle costituzioni nazionali, poiché le competenze riguardavano la sfera economica. Nel corso degli anni tali competenze furono allargate senza però che la Corte di giustizia potesse verificare la coerenza tra la crescente ed imponente normativa sovranazionale con la salvaguardia dei diritti umani protetti a livello costituzionale interno: eventualmente – come dicono i giuristi- bilanciando tra loro diritti in conflitto (per es. libertà di impresa e diritto di sciopero).

Pertanto, con una giurisprudenza creativa, la Corte affermò che avrebbe offerto direttamente una protezione dei diritti umani ricavabili dalle tradizioni costituzionali comuni e dalla Convenzione europea del 1950 (strumento di diritto internazionale di protezione delle più classiche pretese liberal-democratiche europee). Ma questo modus operandi portava la Corte a funzionare più da legislatore che da Giudice non essendo chiara la legittimazione del ruolo che si era attribuito.

Nel 1999 fu quindi nominata una Convenzione per scrivere un Bill of rights comune che integrasse in un Codice ordinato e coordinato con i Trattati tutti i diritti più rilevanti protetti negli stati membri e riconosciuti a livello internazionale.

Nasce così il Testo della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, proclamata nel 2000 a Nizza e diventata obbligatoria il 1.1.2009 con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

La Carta recepisce nella sua trama di 50 articoli non solo i diritti e le libertà ottocentesche ma anche i diritti socio- economici e i cosiddetti “nuovi diritti” come il reddito minimo garantito o la tutela della privacy: rappresenta il più completo ed aggiornato Elenco solenne del garantismo
giuridico a livello globale. L’Unione protegge non solo i diritti umani (il nucleo più ristretto e tradizionale delle pretese individuali) ma tutti quei diritti che possono essere considerati fondamentali in una società moderna: la Carta è sempre obbligatoria per gi organi dell’Unione e si applica agli stati quanto devono applicare il diritto dell’Unione.

Il lato rivoluzionario di questa “svolta” risiede nel meccanismo giudiziario che consente: la possibilità per i cittadini dei 27 stati aderenti di rivolgersi ai giudici nazionali per rivendicare i propri diritti così come protetti e formulati in un medesimo Codice costituzionale. Se nutrono dubbi i giudici si rivolgono ad un organo sovranazionale come la Corte di giustizia che, sull’interpretazione della Carta, viene oggi consultata anche da molte Corti costituzionali. Si crea una integrazione giudiziaria senza precedenti che rappresenta anche il cemento culturale ed istituzionale per ulteriori passi in avanti del processo di integrazione.

Commissione e Parlamento sviluppano annualmente report analitici sull’applicazione della Carta e spetta alla prima anche aprire procedimenti di infrazione nei confronti di paesi che non la rispettano:
le norme della Carta hanno infatti lo stesso valore giuridico dei
Trattati. I paesi dell’UE che attentano al valore primario dello
stato di diritto sono stati messi in stato di accusa, sono state
loro bloccate le risorse dei Fondi europei ed alcuni di essi, come la Polonia, hanno fatto marcia indietro.

Da ultimo va segnalata l’importanza che la Carta assume sul
piano internazionale: gli accordi commerciali o di natura umanitaria dell’Unione con paesi terzi sono condizionati all’impegno di rispettare – almeno in linea tendenziale – i diritti della Carta. Analogamente i paesi candidati ad entrare nell’Unione devono dimostrare di poter garantire la protezione di tutti i diritti del Bill of rights europeo attraverso sistemi giudiziari efficienti ed indipendenti.

Insomma, in questa dimensione garantista l’Unione è andata in
questi ultimi anni molto avanti utilizzando meccanismi di tutela
dei diritti propri degli stati federali: costituirà questo un piedistallo determinante per arrivare ad una Federazione politica?

Il diritto all’istruzione negato: quando la guerra spegne il futuro dei bambini

20 novembre 2024 – Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza


In occasione della Giornata Internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, istituita dall’ONU nel 1954, vogliamo porre l’attenzione su una delle più gravi violazioni dei diritti dei bambini: la negazione del diritto all’istruzione a causa dei conflitti armati.

L’educazione è un diritto umano fondamentale, sancito dall’articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che afferma: “Ogni individuo ha diritto all’istruzione”. L’istruzione è essenziale per lo sviluppo individuale e sociale, per la crescita economica e per la costruzione di società pacifiche e inclusive. Eppure, milioni di bambini in tutto il mondo sono privati di questo diritto a causa di guerre e conflitti.

Le guerre e i conflitti armati hanno un impatto devastante sull’istruzione. Scuole e università vengono distrutte o danneggiate, gli insegnanti vengono uccisi o costretti a fuggire, e i bambini sono spesso reclutati come soldati o vittime di violenze.
Secondo il rapporto UNICEF “25 Years of Children and Armed Conflict: Taking Action to Protect Children in War”, tra il 2005 e il 2020 sono stati verificati oltre 104.100 casi di bambini uccisi o mutilati in situazioni di conflitto armato, oltre 93.000 bambini sono stati reclutati e utilizzati da parti in conflitto; almeno 25.700 bambini sono stati rapiti da parti in conflitto; le parti in conflitto hanno stuprato, costretto al matrimonio, sfruttato sessualmente e perpetrato altre gravi forme di violenza sessuale su almeno 14.200 bambini. Le Nazioni Unite hanno verificato oltre 13.900 episodi di attacchi contro scuole e ospedali e non meno di 14.900 episodi di diniego di accesso umanitario per i bambini dal 2005.

Le conseguenze della mancanza di istruzione sono drammatiche:
* Aumento della povertà: I bambini che non ricevono un’istruzione hanno meno probabilità di trovare un lavoro dignitoso e di uscire dalla povertà.
* Maggiore vulnerabilità allo sfruttamento: I bambini che non vanno a scuola sono più esposti al rischio di lavoro minorile, matrimonio precoce, reclutamento forzato e altre forme di sfruttamento.
* Difficoltà di ricostruzione post-conflitto: La mancanza di istruzione ostacola la ricostruzione e lo sviluppo dei paesi colpiti da conflitti.
* Perpetuazione dei cicli di violenza: L’assenza di istruzione può contribuire a perpetuare i cicli di violenza e di conflitto.

Il diritto all’istruzione non viene meno in tempo di guerra. Anzi, in questi contesti assume un’importanza ancora maggiore. L’istruzione può fornire ai bambini un senso di normalità e di speranza, può aiutarli a superare i traumi della guerra e può contribuire a costruire un futuro di pace.
Il diritto all’istruzione nei contesti di conflitto armato è protetto da numerosi strumenti internazionali, tra cui:
* La Convenzione sui diritti dell’infanzia (1989):  l’articolo 28 riconosce il diritto del fanciullo all’istruzione e impegna gli Stati a rendere l’istruzione primaria obbligatoria e gratuita per tutti.
* I Protocolli Aggiuntivi alle Convenzioni di Ginevra del 1949:  il Protocollo I (1977)  vieta gli attacchi contro gli edifici scolastici e gli studenti, mentre il Protocollo II (1977)  riconosce il diritto all’istruzione anche durante i conflitti armati non internazionali.
* La Risoluzione 2601 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (2021):  questa risoluzione condanna gli attacchi contro le scuole e gli studenti e chiede agli Stati di proteggere il diritto all’istruzione nei contesti di conflitto armato.

L’ONU e numerose organizzazioni internazionali sono impegnate a garantire il diritto all’istruzione nei contesti di conflitto armato.  Tra le iniziative più importanti:
* Education Cannot Wait:  un fondo globale per l’istruzione nei paesi colpiti da emergenze e crisi prolungate.
* UNESCO:  l’agenzia delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, che promuove l’istruzione per tutti, anche nei contesti di conflitto.
* UNICEF:  il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, che lavora per garantire l’accesso all’istruzione per tutti i bambini, anche quelli colpiti da guerre e conflitti.

Cosa possiamo fare noi?
Anche noi possiamo fare la nostra parte per garantire il diritto all’istruzione ai bambini che vivono in zone di guerra. Possiamo:
* Informarci:  è importante conoscere la situazione dei bambini che vivono in zone di guerra e le sfide che devono affrontare per accedere all’istruzione.
* Sensibilizzare:  possiamo parlare di questo tema con amici, familiari e colleghi, e condividere informazioni sui social media.
* Sostenere le organizzazioni:  possiamo donare a organizzazioni che lavorano per garantire il diritto all’istruzione nei contesti di conflitto armato.
* Promuovere la pace:  possiamo impegnarci a costruire un mondo più pacifico, in cui tutti i bambini abbiano la possibilità di andare a scuola e di realizzare il proprio potenziale.

La guerra è una delle più gravi minacce al diritto all’istruzione. I bambini che vivono in zone di guerra sono privati della possibilità di andare a scuola, di imparare e di costruire un futuro migliore. È nostro dovere fare tutto il possibile per proteggere il loro diritto all’istruzione e per garantire che tutti i bambini, ovunque nel mondo, abbiano la possibilità di realizzare il proprio potenziale.