Archivi categoria: Segnalazioni e proposte

La lingua come “ponte di pace”

Intervista ad Elvira D’Angelo, ideatrice di “English for Peace” e Delegata EIP Italia per l’area metropolitana di Napoli


Elvira D’Angelo, ideatrice e curatrice del progetto online “English for Peace” (https://www.englishforpeace.it/), iniziativa che fonde l’apprendimento della lingua inglese con i principi dell’Educazione alla Pace, è Delegata per l’area metropolitana di Napoli della nostra Associazione.

Elvira, il nome “English for Peace” è immediatamente ispiratore. Raccontaci la “scintilla iniziale”, la visione che ti ha portata a realizzare un sito web che unisce didattica linguistica e un tema così cruciale come la pace?
Quella di realizzare un sito come archivio multimediale più che una “scintilla”, è stata una decisione maturata progressivamente nel tempo. Fin dai primi anni di insegnamento ho prodotto materiali ipertestuali che ritenevo utili come risorse di consultazione, ma che non trovavano spazio nel contesto scolastico. L’introduzione dell’informatica nella didattica è stata lenta e frammentaria. Solo in anni più vicini si è iniziato a pensare a veri archivi digitali per valorizzare le buone pratiche di docenti e studenti. (https://www.indire.it/lucabas/lkmwfile/GOLD2009/Gold_mezzogiorno.pdf)
Negli anni Novanta, l’alfabetizzazione informatica e l’uso dei linguaggi multimediali sono diventati una delle principali sfide per la scuola, con risultati iniziali limitati nonostante le iniziative ministeriali volte a colmare il divario con altri settori e Paesi (Prime prove Invalsi CBT nel 2018). Il cambiamento radicale è avvenuto con l’emergenza Covid-19, che ha reso la didattica a distanza una necessità, costringendo la scuola ad adottare strumenti digitali in modo sistematico. Per molti docenti, pur qualificati ma abituati al cartaceo e ai metodi tradizionali, questa full immersion ha rappresentato un vero banco di prova. Al contrario, gli studenti, nativi digitali, si sono adattati con rapidità, confermando la necessità di ripensare la didattica in chiave tecnologica e interattiva.

Quali fattori hanno influito sulle tue competenze informatiche ad inizio carriera? 
Il mio percorso professionale è stato facilitato dalla storia familiare: sono cresciuta in un ambiente in cui le nuove tecnologie erano parte integrante del lavoro quotidiano. Mia madre, appassionata di studio, non potendo completare la formazione durante la guerra, decise di frequentare un corso di dattilografia. Nel 1944, a soli 18 anni, con sua sorella, aprì una delle prime dattilografie in città e successivamente una scuola per la formazione professionale in stenografia, dattilografia, corsi meccanografici e affini. In quel contesto sono cresciuta, respirando il clima di cambiamento del mondo del lavoro e nella società che aveva proprio nelle tecnologie il proprio volano di sviluppo. 
Dopo il diploma, seguii anch’io un corso di steno-dattilografia, e ho insegnato durante gli anni universitari, fino a quando sono partita per una borsa di studio in Giappone.  Ho vissuto, quindi, in prima persona l’evoluzione delle tecnologie: dalla macchina da scrivere meccanica, all’elettrica, all’elettronica, fino al computer. Questo settore richiedeva un aggiornamento costante, e mia madre, tra le prime imprenditrici napoletane, sapeva pienamente interpretare il cambiamento. Il suo esempio è stato per me molto proficuo.

Quali esperienze personali e professionali ti hanno portato a prediligere un approccio didattico basato sulle nuove tecnologie?
Iniziando a insegnare ho portato con me un bagaglio di esperienze che mi ha subito spinta verso un approccio basato sull’utilizzo delle nuove tecnologie.  Due sono state le motivazioni principali: 
In primo luogo, la didattica linguistica ha subito una trasformazione significativa con la nascita dell’Unione Europea nel 2000, spostando il focus dalle competenze scritte a quelle orali. L’impiego di tecnologie informatiche e linguistiche si è rivelato essenziale per promuovere la fluency orale. Soprattutto, l’introduzione della LIM ha innovato profondamente le pratiche didattiche.
In secondo luogo, la multimedialità si è dimostrata la strategia più efficace in contesti caratterizzati da elevata eterogeneità sociale e culturale e da limitato supporto familiare. In presenza di studenti demotivati e poco avvezzi all’uso del libro di testo – quando ne erano in possesso – e per i quali la prima lingua era il dialetto, l’utilizzo di strumenti multimediali come video, musica e altri linguaggi a loro più vicini si è rivelato la scelta didattica più incisiva.

Per quanto attiene al tema che hai privilegiato, l’educazione alla cittadinanza e alla pace, cosa ci puoi dire?
La mia esperienza personale e professionale è stata profondamente segnata dai temi della pace e dei diritti umani, maturati nel contesto storico e culturale in cui sono cresciuta. Durante l’adolescenza, ho vissuto il clima del Sessantotto, le lotte per i diritti civili e i movimenti pacifisti, tra cui quello contro la guerra in Vietnam. 
I simboli della pace, e la cultura di pace, che quei simboli esprimevano, ci hanno accompagnato negli anni in cui ci siamo formati culturalmente. Non siamo rimasti indifferenti, anche quando non siamo scesi in piazza. Ecco, credo che queste radici siano profonde e si siano fatte sentire. È un retroterra culturale che ha ispirato le mie scelte didattiche: in classe ho privilegiato testi di civiltà che trattavano in modo approfondito queste tematiche con pagine di letteratura inglese di autori socialmente impegnati, come Lawrence, Dickens e Orwell, con riflessioni su figure simboliche del Novecento, come Gandhi, Luther King, Kennedy e Mandela, o con la conoscenza di associazioni umanitarie e ambientaliste.La musica ha rappresentato, poi, un potente strumento educativo: canzoni come “Imagine”, “Blowing in the Wind” e“We Are the World”, sono diventate inni immortali alla pace e strumenti per promuovere l’educazione civica in classe. Queste esperienze e scelte hanno, inevitabilmente, reso la cittadinanza interculturale, l’educazione alla pace e ai diritti umani i pilastri della mia azione educativa e didattica.

Il tuo impegno è duplice, dato il ruolo di Delegata per l’area metropolitana di Napoli dell’Associazione EIP Italia Scuola strumento di pace. Qual è il legame specifico tra il lavoro dell’Associazione e il progetto “English for Peace”?
Il legame è nelle basi valoriali. English for Peace è strettamente legato a EIP Italia, poiché i progetti sviluppati in oltre vent’anni sono stati profondamente ispirati dalle attività dell’Associazione. Le esperienze di formazione e le iniziative didattico-educative, tra cui il concorso annuale, hanno arricchito il mio percorso professionale e quello dei miei studenti, permettendomi di valorizzare le buone pratiche scolastiche e di mantenere alta la motivazione. L’associazione, attiva a livello locale, nazionale e internazionale, ha favorito l’apertura verso nuove realtà e prospettive, stimolando la crescita personale e collettiva.  Nel tempo, ho coinvolto studenti, famiglie, colleghi e dirigenti promuovendo un modo diverso di vivere la scuola e il ruolo del docente. Oggi, come Delegata, continuo a portare avanti questo impegnoattraverso il dialogo con le istituzioni e la costruzione di reti interculturali locali, nazionali e da quest’anno anche oltre confine nella città che ha dato origine all’associazione, Ginevra.  Il sito web funge esso stesso da ‘strumento di pace’, offrendo materiali didattici che sono perfettamente allineati con i valori e le metodologie promosse da EIP.

Entrando nel dettaglio metodologico, come si traduce l’educazione alla pace nella didattica dell’inglese? Quali sono i pilastri pedagogici che sostengono i contenuti?
Entrando nel dettaglio metodologico si utilizza un approccio che potrei definire “Language for Global Citizenship”. I pilastri sono l’autenticità dei contenuti e la centralità del discente.  Parlare di pace può sembrare semplice, ma in realtà è una sfida significativa per studenti della fascia d’età 11-14 anni. Affrontare questo tema implica, infatti, discutere anche argomenti delicati come la guerra, le ingiustizie sociali, le discriminazioni, le problematiche ambientali e le violazioni dei diritti umani. Tematiche che richiedono grande sensibilità e tatto, calibrando il livello linguistico e i contenuti in base all’età e alla classe ed evitando così forzature o accelerazioni: lessico di base per le prime classi, fraseologia e contenuti semplici per le seconde, testi più complessi per le terze. Un buon libro di cultura e civiltà inglese costituisce un valido supporto per il docente che desidera affrontare questi temi, soprattutto in seguito all’introduzione dello spazio dedicato all’approccio CLIL (Content and Language Integrated Learning), che rafforza l’efficacia dell’apprendimento della lingua straniera attraverso lo studio di altri contenuti disciplinari. Come si evince, quindi, dai prodotti presentati, gli studenti delle prime classi hanno, quindi, realizzato disegni e messaggi per comunicare il loro personale concetto di pace. Nelle seconde classi si sono cimentati nella scrittura di slogan e brevi poesie, mentre nelle terze hanno prodotto presentazioni multimediali analizzando eventi storici significativi, le esperienze di protagonisti dei processi di Pace o i più recenti report sull’Agenda 2030.

Chi potrebbe essere il pubblico principale di “English for Peace” e quali risorse didattiche specifiche possono trovare sul sito?
Penso che i destinatari principali siano gli insegnanti di scuole di diverso ordine e grado che sono alla ricerca di materiali innovativi per l’Educazione Civica in lingua inglese. Ma ci rivolgiamo anche a studenti, educatori e genitori attenti.
Il sito si distingue per l’approccio innovativo e dinamico, caratterizzato da: pluralità di contenuti, impiego di format multimediali avanzati e sperimentazioni di plurilinguismo. I materiali proposti rappresentano un complemento efficace ai libri di testo disciplinari, fornendo risorse utili per l’approfondimento e la consultazione. Ogni progetto è stato sviluppato con attenzione all’attualità e alla diversificazione delle tematiche, al fine di mantenere alta la motivazione e favorire il coinvolgimento degli studenti.  Oltre all’archivio dei “Progetti”, il sito è stato ampliato con due sezioni chiave:
“Eventi”: una sezione in continuo aggiornamento che raccoglie esperienze e/o iniziative culturali a tema realizzate nel corso degli anni e in programma;
Pl@ying with English“: una sezione che riporta i siti web utili per la didattica della lingua inglese, non solo relativi all’Educazione Civica, ma a qualsiasi ambito culturale con livelli di competenza compresi tra A1 e B2 del QCER.
In sintesi, English for Peace mette a disposizione dei docenti una vasta gamma di spunti didattici. L’integrazione tra educazione civica, tecnologie e didattica linguistica offre un modello formativo interdisciplinare favorendo l’innovazione e l’inclusività nella pratica educativa.

Perché l’inglese, in particolare, è così cruciale come strumento per la costruzione della pace e del dialogo globale?
L’inglese rappresenta la lingua franca globale, già ampiamente utilizzata in vari ambiti: diplomazia, affari, scienza e tecnologia. La sua diffusione la rende un ponte comunicativo capace di superare barriere nazionali e culturali, favorendo comprensione reciproca, cooperazione internazionale e condivisione di idee per la risoluzione dei conflitti, soprattutto in un mondo sempre più digitalizzato. 
Ricordiamo che l’inglese è parlato da oltre 1,5 miliardi di persone ed è, oggigiorno, la lingua dominante nei media e su Internet.

Menzionavi la centralità dell’Educazione Civica, oggi obbligatoria con la Legge 92/2019 nelle scuole italiane. In che modo i contenuti di “English for Peace” aiutano gli insegnanti a integrare questa disciplina in maniera efficace e trasversale?
L’Educazione Civica, – come in precedenza “Cittadinanza e Costituzione” – è stata introdotta nel sistema scolastico italiano per rispondere all’esigenza di formare cittadini attivi attraverso un insegnamento trasversale alle discipline. A differenza di altre materie, dove l’integrazione dei temi civici ha richiesto un adattamento, come avviene ad esempio in tecnologia, scienze o arte, le lingue straniere si sono rivelate particolarmente adatte grazie alla loro natura intrinsecamente interdisciplinare e alla disponibilità di materiali progettati per favorire l’apertura a temi socioculturali. Le tre principali aree di competenza in Italia sono: Costituzione, Sviluppo Sostenibile e Cittadinanza Digitale. Il sito “English for Peace” è stato, inaspettatamente, un precursore, affrontando molte di quelle tematiche a partire già dal 2001, con progetti come “Together for Peace” dedicato all’attentato alle Torri Gemelle fino al più recente sui “Principi etici della cultura Manga” (2023). Questo vale anche per il profilo strettamente linguistico. L’approccio di ispirazione CLIL, che valorizza la lingua inglese come veicolo per esplorare diversi ambiti della conoscenza, costantemente richiamato nell’impianto metodologico delle esperienze didattiche descritte, in Italia si è imposto nella formazione della disciplina solo nel 2010.

Ci fai un esempio di un progetto o di un’attività, promossa tramite il sito o nell’ambito EIP, che ti ha dato particolare soddisfazione in termini di impatto sugli studenti? 
Una delle iniziative più significative realizzate nell’ambito di EIP è stata l’organizzazione della Mostra fotografica e documentale “Together for Peace” presso la mia scuola, l’IC Casanova Costantinopoli.  Ideata per celebrare il cinquantesimo anniversario della fondazione di EIP Italia e i vent’anni di collaborazione tra la scuola e l’associazione, la mostra ha valorizzato le migliori esperienze didattiche sulla cittadinanza e la pace in lingua inglese. Convintamente sostenuto dal Dirigente scolastico Franco Mollica, l’evento si è svolto nella prestigiosa biblioteca da maggio 2022 a gennaio 2023. La sua realizzazione ha visto coinvolte tutte le componenti della scuola. In primis gli studenti, che hanno collaborato attivamente a tutte le fasi: di preparazione, di allestimento e di svolgimento, proponendo ciascuno un personale contributo. Ed inoltre, docenti, famiglie e personale scolastico, il che ha offerto un’opportunità preziosa di riflessione sui valori della pace e della cooperazione. La presenza di rappresentanti istituzionali ha dato ulteriore prestigio all’iniziativa. 
Il sito “English for Peace” rappresenta oggi la continuazione multimediale di questa esperienza, permettendo la diffusione delle buone pratiche oltre i limiti temporali e spaziali della mostra stessa.
Tra i progetti più rilevanti si segnalano: “Language Times” (2006), che include quattro lavori su: diritti umani, parità di genere, educazione alimentare e modelli sociali del mondo Disney. L’ipertesto si caratterizza per la ricchezza dei contenuti e una grafica accattivante.
Un prodotto particolarmente completo è “Drops of History – Seeds of Hope” (2009), realizzato in occasione del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Questo progetto ricostruisce esperienze e testimonianze di lotta per i valori universali, incarnando una personale visione dell’educazione alla pace rivolta agli alunni più giovani. “sensibilizzare gli alunni, attraverso lo studio della lingua inglese, alle gravi problematiche che travagliano il mondo, ma con un approccio costruttivo nella ferma convinzione che anche piccole gocce nella storia dell’umanità possono generare semi di pace e fratellanza contrastando i sentimenti di odio e di violenza. Lo sguardo dei ragazzi si illumina, allora, di nuova fiducia e speranza di un mondo migliore”.
Tra i più innovativi i progetti “Benvenuto mondo” e “Per un mondo green”, (2021) sono una interessante esperienza di plurilinguismo.  Ed ancora, un lavoro originale è dedicato ai “Valori etici dei Manga”, frutto di esperienze personali di studio e insegnamento in Giappone molto coinvolgente per i ragazzi e le ragazze. 
Tutti questi progetti hanno partecipato a competizioni nazionali ricevendo riconoscimenti.

Qual è la tua visione per il futuro di “English for Peace”?
Il sottotitolo scelto per il sito “Sperimentazioni didattiche per una cultura di pace” non è casuale. Per il suo carattere sperimentale, esso non ha la pretesa di proporre linee guida definitive per docenti o esperti, ma piuttosto di ispirare percorsi educativi e pedagogici. L’obiettivo è offrire spunti basati su esperienze che, nel corso degli anni, hanno suscitato negli studenti – anche in quelli meno scolasticamente motivati – sensibilizzazione, entusiasmo e partecipazione attiva nel dialogo educativo. Si auspica, quindi, di ricevere feedback da lettori e docenti interessati che permettano di valutare la validità del progetto. Una ricaduta significativa sarebbe la creazione di una sezione in cui raccogliere contributi utili e ispirati agli stessi valori e alle stesse finalità educative. Tale materiale arricchirebbe anche il sito “EIP formazione”. 
Per il futuro, l’intento è quello di aggiornare e migliorare il format del sito, così da rispondere alle esigenze della comunità scolastica. Una delle priorità sarà incrementare l’esposizione orale dei testi, al fine di potenziare le abilità di listening e speaking degli studenti. Per favorire l’internazionalizzazione, si prevede, inoltre, la realizzazione di una versione integrale del sito in lingua inglese. 
L’organizzazione di eventi tematici, laboratori e seminari rivolti a studenti, docenti e famiglie potrebbe costituire una proficua occasione per utilizzare i materiali del sito come risorsa didattica e per costruire reti di scambio e progetti condivisi.

Concludo con una riflessione su quello che è stato uno dei temi focali di questa intervista: l’inarrestabile evoluzione delle tecnologie e della multimedialità. Premesso che per la realizzazione del sito non si è fatto alcun utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, sono pienamente consapevole che da oggi in poi ogni iniziativa nel campo della didattica, e, dunque, anche le novità che lo riguarderanno, compresi gli eventuali nuovi contributi che lo arricchiranno, dovranno fare i conti con questa potente innovazione tecnologica.


Una selezione di immagini dalle varie iniziative citate nell’intervista

Riflessioni sull’uso dell’Intelligenza artificiale

Appunti su una recente pubblicazione


L’Intelligenza Artificiale (AI) non è più il futuro, è il presente. Per gli attori del mondo della scuola, dalle aule ai banchi dirigenziali, comprendere e indirizzare questa rivoluzione è essenziale. La pubblicazione Mille Schegge di Intelligenza Artificiale, realizzata nell’ambito del progetto “Ecosistema Futuro” dell’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) , offre un’analisi sintetica e puntuale su cronache, analisi ed esperimenti sull’AI.
Il volume rappresenta una risorsa importante per riflettere sulle modalità che consentono di affrontare le sfide e cogliere le opportunità che l’AI porta con sé nel settore educativo e oltre.

Temi cruciali per la scuola
Il testo dedica una sezione specifica all’impatto dell’AI sui sistemi educativi e sulle figure professionali, offrendo spunti di riflessione per dirigenti, docenti e formatori.
È un dato di fatto che gli studenti utilizzino strumenti come ChatGPT per lo studio, l’approfondimento e lo svolgimento dei compiti e il fenomeno si estende anche agli insegnanti: programmi come Writable, che utilizzano l’AI per fornire feedback sugli elaborati degli alunni, stanno aiutando i docenti a gestire il carico di lavoro.
Inoltre, l’AI può impostare programmi di studio individuali in base agli obiettivi e alle conoscenze pregresse dell’alunno.
In futuro, si potranno creare aule virtuali immersive per offrire opportunità interattive ed esperienziali, con grandi vantaggi per l’inclusione degli studenti con disabilità e il superamento dei divari digitali.
Il volume non nasconde i rischi, essenziali per una riflessione pedagogica critica:
– l’uso costante di chatbot potrebbe alterare lo sviluppo cognitivo, portando a un “scarico cognitivo” che indebolisce le capacità umane, compromettendo il pensiero critico e la creatività;
– le stime mostrano un calo nei livelli di competenze matematiche, scientifiche e di comprensione del testo a livello internazionale: entro il 2030, circa 300 milioni di studenti potrebbero non avere le competenze necessarie per affacciarsi al mondo del lavoro;
– il dibattito sugli effetti degli smartphone sui ragazzi e le restrizioni imposte in molti Paesi sull’uso dei cellulari da parte dei minori sono una realtà con cui la scuola deve confrontarsi.

Il lavoro che verrà (e il suo impatto sulla formazione odierna)
Per i dirigenti e gli orientatori, la pubblicazione evidenzia il futuro del mondo del lavoro e le competenze da sviluppare.
Si stima che in Italia 6 milioni di lavoratori siano a rischio di sostituzione e 9 milioni divideranno il loro lavoro con i chatbot. Tuttavia, il grado di esposizione ai cambiamenti è inferiore tra i lavoratori con un basso livello di istruzione. Molti esperti sostengono che non sarà tanto l’AI a rubare il lavoro, quanto chi saprà usarla meglio.
L’AI farà nascere nuove professioni direttamente collegate, come prompt engineer, machine learning specialist e fact checker dell’AI. La crescita è attesa anche nei settori STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), come la medicina e la bioingegneria.
La discussione etica è fondamentale: si pone il “problema dell’allineamento” per sviluppare AI concordi con i valori umani, bilanciando aspetti come la curiosità e la protezione della vita. Questo richiede la nascita di un’etica dell’intelligenza artificiale più ampia, di cui l’algoretica è una colonna portante, che rifletta sulla natura dei dati forniti alle AI per evitare pregiudizi etnici, di genere o religiosi.

Perchè leggerlo
Il volume Mille Schegge di Intelligenza Artificiale non è solo un resoconto, ma un invito all’azione.
Per il corpo docente e dirigenziale, l’invito alla lettura va in due direzioni.
Da una parte, come occasione di preparazione pedagogica per sviluppare programmi dedicati per mitigare gli effetti negativi dello “scarico cognitivo” e integrare l’AI in modo consapevole, trasformando la tecnologia da distrazione a strumento di apprendimento profondo.
Dall’altra come impronta per una visione strategica: riconoscere che la governance e l’investimento nelle competenze digitali e STEM sono in ritardo in Italia (25° posto nel Government AI readiness index 2024), chiedendo a chi occupa posizioni di leadership la capacità di stimolare dibattito e aggiornamento del personale.

E’ possibile scaricare il volume dal sito ASviS.

Prospettive sulla professione docente di domani

Nuove competenze, nuovi orizzonti educativi: una rivoluzione guidata dall’IA e dalle relazioni umane


Il mondo dell’istruzione è a un punto di svolta: l’onda d’urto della pandemia, la pervasività delle tecnologie digitali (in primis l’Intelligenza Artificiale – IA) e la rapida evoluzione del mercato del lavoro stanno ridefinendo non solo le metodologie didattiche, ma soprattutto il ruolo e le competenze dei docenti italiani.
La pubblicazione La professione docente nella scuola di domani di EY e Sanoma, è uno studio predittivo che analizza in dettaglio le traiettorie di cambiamento delle competenze necessarie agli insegnanti, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado, con uno sguardo al 2035.

Le tre direttrici della trasformazione

Lo studio, basato su un modello predittivo di intelligenza artificiale e machine learning (LLM) addestrato su oltre 1.300 fonti, evidenzia che l’evoluzione delle competenze dei docenti convergerà su tre assi principali:
Il docente come “co-pilota” tecnologico
L’integrazione di agenti intelligenti e strumenti digitali avanzati permetterà l’automazione delle attività più ripetitive (come la correzione di test standardizzati o la compilazione di registri), liberando tempo prezioso. La tecnologia diventerà un “co-pilota”, ma la responsabilità delle scelte pedagogiche e della rotta educativa rimarrà saldamente nelle mani del docente.
Centralità delle competenze socio-emotive e relazionali
In un contesto sempre più digitalizzato, le competenze relazionali, adattive ed emotive diventeranno ancora più cruciali. Ascolto, empatia e adattamento saranno fondamentali per creare un ambiente di apprendimento stimolante e inclusivo, rispondendo al bisogno di connessioni umane e autentiche delle nuove generazioni.
Didattica “data-driven” e personalizzata
La disponibilità di dati e strumenti digitali sposterà la didattica verso modelli sempre più personalizzati. I docenti dovranno sviluppare nuove capacità come saper leggere e interpretare correttamente i dati, utilizzare piattaforme di learning interattive e progettare contenuti su misura in tempo reale.

La mappa dell’impatto: non sostituzione, ma complementarità

Un’evidenza fondamentale è che la professione docente è tra le più esposte all’IA, ma in modo nettamente complementare anziché sostitutivo. L’IA supporterà e amplificherà l’efficacia di un “grande insegnamento”.
Il ruolo del docente si ridefinisce, passando da semplice “istruttore” a “facilitatore”, “coach” e “modello da seguire”. Ciò implica un passaggio cruciale: da un insegnamento frontale (la cui efficacia percepita è in calo in tutti i gradi scolastici) a metodologie attive, collaborative e riflessive, come la flipped classroom, il project-based learning e l’uso di ambienti di Realtà Virtuale e Aumentata.

Impatti per grado scolastico e area disciplinare

La trasformazione delle competenze non è uniforme:
Scuola Secondaria di II Grado – Area Scientifica: L’evoluzione è trainata dall’esigenza di integrare tecnologie avanzate (IA, Industria 4.0 e IoT). Si osserva un forte effetto ibridante, che spinge i docenti ad acquisire competenze di data literacy, instructional design e logiche computazionali. Le nuove competenze includono l’utilizzo di learning analytics e la co-progettazione con IA.
Scuola Secondaria di II Grado – Area Umanistica: Il focus si sposta sulla dimensione emotiva e relazionale. Si rafforzano competenze come la mindfulness, la resilienza relazionale e la facilitazione di discussioni etiche. Nuove competenze includono l’interpretazione delle emozioni degli studenti assistita da IA (video-analytics) e il text mining.
Scuola Primaria e Infanzia: Qui il cambiamento è più legato al supporto emotivo, all’inclusione e alla gamification. I docenti devono imparare a gestire l’iperstimolazione digitale e a creare routine inclusive. La tecnologia funge da supporto all’osservazione qualitativa (es. video-analytics infantili) e alla didattica cross-modale. La conservazione delle competenze di base (gestione della classe) è molto alta.
Docenti di Sostegno: Il ruolo evolve verso una funzione di interfaccia tra studenti, tecnologie e famiglie. Le competenze chiave sono l’inclusione e l’accessibilità (con un indice di impatto molto alto a 0.92) e l’adattamento didattico aumentato dall’IA per i Bisogni Educativi Speciali (BES). Sarà cruciale l’uso di sistemi predittivi per l’identificazione precoce dei BES e la co-progettazione con chatbot educativi inclusivi.

Competenze a rischio obsolescenza

La trasformazione libera risorse dalle attività a basso valore aggiunto. Le competenze con il maggior rischio di obsolescenza (sostituzione da parte dell’IA/automazione) sono:
– Correzione manuale di test standardizzati o esercizi grammaticali.
– Trasmissione frontale di contenuti disciplinari standard.
– Gestione burocratica tradizionale (es. compilazione manuale dei registri o documentazione cartacea PEI/PDP).
– Creazione statica di esercizi o materiali didattici di base senza supporto tecnologico.

Impatti sulla formazione alla professione docente

Lo studio è un chiaro appello a ripensare i programmi di formazione e aggiornamento, con indicazioni precise.
Formazione tecnica mirata sull’uso consapevole ed etico dell’IA, learning analytics, simulazioni e co-creazione digitale, calibrata per grado scolastico.
Sviluppo personale socio-emotivo, anche con moduli su mindfulness, comunicazione empatica, gestione dei conflitti e promozione del benessere, in ottica interculturale e inclusiva.
Ristrutturazione dei modelli operativi per adottare strumenti automatizzati e “liberare tempo” da dedicare all’interazione pedagogica di qualità e alla personalizzazione.

Dallo studio emerge come il docente di domani non sia un tecnico, ma un regista dell’apprendimento, capace di integrare rigore scientifico, visione pedagogica e cultura digitale, ponendo la relazione educativa al centro di ogni processo di innovazione.


Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

Alcune proposte didattiche a cura della prof.ssa Italia Martusciello


Il 20 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, istituita per ricordare la data in cui, nel 1989, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
È una giornata che invita ragazzi e adulti a riflettere sul valore universale dei diritti fondamentali — alla vita, all’istruzione, alla salute, alla protezione, alla partecipazione — e sul dovere condiviso di difenderli e promuoverli ovunque.
Celebrare questa ricorrenza a scuola significa riconoscere i ragazzi e i giovani come protagonisti attivi della società, capaci di esprimere opinioni, costruire pensiero critico e contribuire al bene comune.
Attraverso letture, visioni, ascolti e attività collaborative, gli studenti sono accompagnati a scoprire che stare bene con sé stessi, con gli altri e nelle istituzioni significa anche saper riconoscere e rispettare i propri diritti e quelli degli altri, costruendo insieme un mondo più giusto, equo e solidale.


Laboratorio di lettura
Attraverso la lettura di testi narrativi che raccontano storie di infanzia negata, gli studenti sono invitati a sviluppare empatia, consapevolezza e senso critico. Le vicende di La sposa bambina e Thomas, Deng e Agnes: ragazzi soldato offrono uno sguardo realistico e toccante su situazioni di violenza, povertà e privazione dei diritti fondamentali. 

Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
Conoscere i diritti sanciti dalla Convenzione ONU significa comprendere i principi universali che garantiscono protezione, sviluppo e partecipazione a ogni bambino e adolescente del mondo.

Diverse lingue, stessi diritti
La diversità linguistica è una ricchezza che riflette la pluralità delle culture e delle esperienze umane. Leggere gli articoli della Convenzione in più lingue aiuta a comprendere che, pur nella differenza, i diritti dell’infanzia sono universali e appartengono a tutti. 

Messaggio di Malala (in inglese) (Durata 2:23)
La voce di Malala Yousafzai rappresenta il coraggio di una giovane che ha lottato per il diritto all’istruzione, sfidando la violenza e l’oppressione. Attraverso la visione e l’ascolto del suo messaggio in lingua inglese, gli studenti entrano in contatto con una testimonianza viva di resilienza e impegno civile.

Visione del film a fumetti – “Iqbal: bambini senza paura” (Durata 1:26)
La storia di Iqbal Masih, simbolo della lotta contro lo sfruttamento minorile, aiuta gli studenti a riflettere sulla condizione dei bambini nel mondo e sul valore della libertà, della solidarietà e del lavoro dignitoso. Il linguaggio del film a fumetti, vicino alla sensibilità dei ragazzi, stimola una riflessione profonda sul senso di giustizia e sul coraggio di cambiare.

L’impatto della guerra sui bambini
La guerra rappresenta una delle esperienze più devastanti per l’infanzia.
I conflitti non compromettono soltanto la sicurezza fisica dei bambini, ma incidono profondamente sul loro sviluppo emotivo, educativo e sociale.
La visione di questa presentazione intende offrire uno spunto di riflessione sull’impatto della guerra sui più piccoli, evidenziando la necessità di promuovere la pace, la tutela dei diritti umani e la protezione dell’infanzia in ogni contesto.

Manifesto sulla partecipazione dei minorenni
Il Manifesto sulla partecipazione dei minorenni afferma il diritto di bambini e ragazzi a essere ascoltati e coinvolti nelle decisioni che li riguardano.
Promuove una cultura della partecipazione come forma di cittadinanza attiva e di crescita democratica.

Disegnare nuove mappe di speranza per le nostre scuole

La lettera di Leone XIV sul tema dell’educazione


La recente Lettera Apostolica di Papa Leone XIV, “Disegnare nuove mappe di speranza” pubblicata in occasione del 60° anniversario della Dichiarazione conciliare Gravissimum educationis, riafferma il ruolo centrale dell’educazione per la costruzione di un futuro di pace, giustizia e speranza.
Questo documento fondamentale offre una visione rinvigorente per le comunità educative, chiamandole ad agire come fari nel nostro mondo complesso, frammentato e incerto.

Il mandato di “costruire ponti”
Il Papa sottolinea con forza che laddove le comunità educative si lasciano guidare, non si ritirano, ma si rilanciano, scegliendo di “non alzare muri, ma costruire ponti”. Questa è la missione intrinseca dell’Educazione alla Pace:
– rifiutare la violenza: la pace non è semplicemente l’assenza di conflitto, ma una “forza mite” che rifiuta attivamente la violenza;
– linguaggio disarmato e disarmante: un’educazione alla pace è definita come “disarmata e disarmante”, che insegna a deporre le armi della parola aggressiva e dello sguardo giudicante;
– lingua della misericordia e della giustizia: l’obiettivo è imparare il linguaggio della misericordia e della giustizia riconciliata.

Tre priorità per le nostre scuole
Per orientare i passi delle nuove generazioni, Papa Leone XIV aggiunge tre priorità che fungono da stella polare per il Patto Educativo Globale:
– vita interiore: offrire spazi di silenzio, discernimento e dialogo con la coscienza e con Dio, rispondendo al profondo bisogno di profondità dei giovani;
– digitale “umano”: formare all’uso sapiente delle tecnologie e dell’Intelligenza Artificiale, armonizzando intelligenze tecnica, emotiva, sociale, spirituale ed ecologica e ponendo la persona prima dell’algoritmo;
– pace disarmata e disarmante: educare a linguaggi non violenti, alla riconciliazione e alla costruzione di ponti. La beatitudine “Beati gli operatori di pace” (Mt 5,9) deve diventare il metodo e il contenuto stesso dell’apprendere.

Verso una “coreografia della speranza”
La missione è chiara: l’educazione cattolica è chiamata a ricostruire la fiducia in un mondo segnato da conflitti e paure. Il Papa invita educatori, studenti e responsabili a essere “servitori del mondo educativo, coreografi della speranza, ricercatori infaticabili della sapienza, artefici credibili di espressioni di bellezza”.
L’educazione è un atto d’amore e speranza che ricuce il tessuto lacerato delle relazioni, restituendo alle parole il peso della promessa e orientando i passi verso la fraternità che consolida la giustizia.

Il nostro impegno
Come Associazione finalizzata alla promozione dell’Educazione alla pace, accogliamo l’appello di Papa Leone XIV a “disarmare le parole”. Ci impegniamo a sostenere le scuole nell’integrare i principi della non-violenza, della riconciliazione e della giustizia sociale e ambientale in ogni aspetto del percorso educativo, contribuendo a disegnare concretamente queste nuove mappe di speranza per le nostre comunità.

Pace, giustizia e diritti: il Rapporto ASviS 2025

L’Italia e gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile


Una premessa: il tema della sostenibilità non è riducibile alla dimensione ambientale, ma deriva dall’integrazione di quattro dimensioni: ambientale, sociale (educazione, salute, parità di opportunità, ecc.), economica e istituzionale.
A queste dimensioni va aggiunta la questione della giustizia
intergenerazionale, che quindi estende nella linea del tempo la questione della sostenibilità.
Il Rapporto ASviS 2025 si apre con una dichiarazione di “ostinazione” nel credere nei valori e negli impegni dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, a dieci anni dalla sua adozione. Nonostante questa convinzione, il Rapporto denuncia un quadro internazionale, europeo e italiano “decisamente insoddisfacente” e in peggioramento, caratterizzato dal continuo calpestio degli impegni presi.

Contesto internazionale: una sequenza drammatica di brutte notizie
Il quadro globale è dominato da instabilità geopolitica e crisi, che ostacolano il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs):
– Conflitti e crisi umanitarie. Il mondo è lacerato da conflitti (Ucraina, Medio Oriente, Sudan, Yemen, Myanmar) che hanno portato il numero di conflitti armati attivi al livello più alto dalla fine della Seconda guerra mondiale. La spesa militare globale ha raggiunto il livello record di oltre $2.700 miliardi nel 2024.
– Progressi insufficienti sull’Agenda 2030. A livello globale, il mondo è sulla buona strada per conseguire solo il 18% dei Target entro il 2030. Per il 31% si registrano progressi marginali o assenti, e per il 18% si osserva un regresso rispetto a dieci anni fa.
– Minacce al multilateralismo. La cooperazione internazionale è in crescente difficoltà a causa della competizione tra potenze e dell’oggettiva incapacità delle Nazioni Unite (ONU) di affrontare le crisi. Un segnale allarmante è il drammatico taglio dei fondi destinati al sistema ONU nel 2025: -30% rispetto al 2023.
Segnali di speranza. Nonostante le difficoltà, la diplomazia internazionale ha conseguito alcuni risultati, come l’adozione dell’Impegno di Siviglia per la finanza allo sviluppo nel giugno 2025. Il Rapporto sottolinea che pace, democrazia e tutela dei diritti (SDG 16) sono pilastri dello sviluppo sostenibile, senza i quali non può esistere una sostenibilità piena.

L’Unione Europea: ritardi e contraddizioni
L’Unione Europea (UE) si mostra in ritardo e piena di contraddizioni tra gli impegni formali presi e le decisioni concrete.
– Avanzamenti limitati. Dal 2010 al 2023, per la maggior parte degli SDGs, l’UE ha compiuto progressi “molto contenuti” o “più significativi” solo in 5 Goal (energie rinnovabili, lavoro, imprese e innovazione, città sostenibili, lotta al cambiamento climatico). Per tre Goal si rileva un peggioramento: disuguaglianze (SDG 10), qualità degli ecosistemi terrestri (SDG 15) e partnership (SDG 17).
– Contraddizioni politiche. Nonostante gli impegni per l’Agenda 2030 e il Patto sul Futuro, le scelte politiche mostrano incoerenza:
a. Spese Militari. Non è stata valutata la coerenza tra l’aumento delle spese militari (impegnate in sede NATO) e il conseguimento degli SDGs.
b. Semplificazioni normative. Le eccessive semplificazioni sulla rendicontazione di sostenibilità e sul dovere di diligenza per le imprese indeboliscono significativamente il quadro normativo europeo.

Per l’Italia un quadro decisamente insoddisfacente
Gli indicatori statistici descrivono un netto ritardo dell’Italia nel percorso verso l’Agenda 2030.
1. Performance Critica (2010-2024):
– Arretramento per 6 Goal. Sconfiggere la povertà (SDG 1), acqua pulita e servizi igienico-sanitari (SDG 6), ridurre le disuguaglianze (SDG 10), vita sulla Terra (SDG 15), pace, giustizia e istituzioni solide (SDG 16) e partnership per gli Obiettivi (SDG 17).
– Sostanziale Stabilità per 4 Goal (con aumenti inferiori a cinque punti).
– Miglioramenti per 6 Goal (tra 5 e 10 punti).
– Solo l’Economia Circolare (SDG 12) registra un forte aumento.
Obiettivi a Rischio: Su 38 target quantitativi europei o nazionali da raggiungere entro il 2030, solo undici (29%) sono raggiungibili, mentre ben ventidue (58%) non appaiono raggiungibili.
2. Scenario futuro stazionario
L’Allegato sugli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (BES) conferma la stagnazione di gran parte degli indicatori (povertà assoluta, disuguaglianza economica, speranza di vita in buona salute) per il triennio 2026-2028 a legislazione vigente.
3. Incoerenza delle Politiche
L’attuazione dell’Agenda 2030 non è considerata centrale, e le scelte compiute nel 2025 spesso risultano in chiaro contrasto con la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile (SNSvS).

Piano di Accelerazione Trasformativa (PAT)
Le proposte dell’ASviS mirano a un’accelerazione decisa verso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) e sono inquadrate nelle cinque “leve trasformative” e nei sei “punti d’ingresso” del PAT, un modello adottato per garantire coerenza e integrazione tra le politiche.

1. Riforme trasversali volte a potenziare la governance, la finanza, l’azione collettiva e la capacità tecnologica del Paese.


2. Interventi settoriali su aree specifiche per innescare un cambiamento profondo.


Il tema dei “costi dell’inazione”
Il concetto di “costi dell’inazione” si riferisce ai danni economici, sociali, ambientali e istituzionali che un Paese o la comunità globale subiscono nel tempo a causa della mancata o ritardata adozione di politiche necessarie ad affrontare sfide urgenti come la crisi climatica, il degrado ambientale o l’aumento delle disuguaglianze.
Il Rapporto ASviS evidenzia l’urgenza di valutare i costi dell’inazione per diversi motivi:
– Necessità di programmazione. La valutazione dei costi dell’inazione è considerata un’abilità essenziale e urgente da integrare nella programmazione, monitoraggio, valutazione e controllo della spesa pubblica.
– Impatto economico e finanziario. La Commissione Europea stima in $180 miliardi di euro all’anno i costi per l’UE derivanti dalla mancata attuazione della normativa ambientale (inquinamento, degrado, rifiuti), una cifra che aumenterà ulteriormente dopo il 2030. Questi costi sono nettamente superiori a quelli necessari per la transizione.
– Rischio di responsabilità legale. Il parere della Corte di giustizia internazionale del luglio 2025 sottolinea che l’inazione o l’azione inadeguata degli Stati nell’affrontare la crisi climatica può costituire un atto illecito internazionale, con conseguente obbligo di risarcimento per i danni subiti da altri Stati. Questo introduce un nuovo “rischio di responsabilità” (liability risk) per i bilanci pubblici e privati.
– Urgenza nell’adattamento. Nel caso specifico del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), l’ASviS critica che il Piano sia stato “intonso e inapplicato”. L’inazione espone il Paese, e in particolare le aree urbane e rurali, a danni crescenti e non assicurabili dovuti a fenomeni estremi come alluvioni, siccità e ondate di calore.

Alla scoperta del FAO MuNe

Un viaggio tra cibo, cultura e futuro sostenibile


Il 16 ottobre 2025, in occasione della celebrazione dell’ottantesimo anniversario della FAO e della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, ha aperto le sue porte a Roma il Museo e Rete per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO MuNe), uno strumento innovativo dell’Organizzazione per promuovere il proprio mandato e la sua visione attraverso il linguaggio universale dell’arte e della cultura.
Il MuNe si trova nel cuore di Roma, all’interno dello storico edificio che ospita la sede della FAO dal 1951, in una posizione centrale tra il Circo Massimo e il Colosseo.
Con oltre 1200 metri quadrati al piano terra dell’Edificio A, offrirà ai visitatori un’opportunità unica di conoscere la FAO in modo interattivo e coinvolgente. Il progetto è sostenuto dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano.
Oltre ad essere un museo che illustra l’importanza dei sistemi agroalimentari globali, delle tradizioni culinarie, dei progressi scientifici e innovativi e del ruolo di donne, giovani e popolazioni indigene nella creazione di un futuro alimentare sostenibile, il MuNe fungerà anche da rete e polo mondiale per la collaborazione, il dialogo e le alleanze tra gli Stati membri della FAO e le parti interessate, espandendo l’iniziativa dal livello locale e nazionale a quello internazionale.

Il Percorso Espositivo e le Esperienze
Il Museo è stato ideato per istruire, stimolare e coinvolgere il pubblico, fondendo innovazione digitale, arte e culture culinarie per dar vita alle tradizioni agroalimentari e connettere i visitatori con il passato, presente e futuro del cibo.
L’esperienza didattica permanente è dedicata al legame tra l’uomo, l’alimentazione, l’agricoltura e il mandato della FAO. Il percorso espositivo include diverse sezioni tematiche come:
– Esperienza immersiva e Ecosistemi di consapevolezza
– Laboratorio alimentare
– Popolazioni indigene, Angolo degli OSS (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile) e Tradizioni, patrimonio, scienza e innovazione
– Eroi della alimentazione
Le attività del MuNe si articoleranno in diverse aree:
– Collezioni: saranno esposti manufatti archeologici, una collezione globale che mostra diverse culture e tradizioni alimentari, e l’importanza del patrimonio agricolo
– Esperienze didattiche: i visitatori saranno immersi in esperienze educative che utilizzano tecnologia multisensoriale per dare vita a storie globali di alimentazione e agricoltura
– Eventi dal vivo: si terranno workshop e laboratori culinari dove i visitatori potranno cimentarsi in attività pratiche e dimostrazioni per celebrare le tradizioni culinarie globali
– Mostre a rotazione: negli spazi pubblici della FAO, come l’Atrio, saranno allestite esposizioni temporanee con nuovi elementi digitali (pannelli LED, touchscreen, giochi di luce)

Informazioni per le visite e contatti
Il MuNe della FAO è un polo centrale per la conoscenza sul lavoro dell’Organizzazione, sulla scienza, sull’innovazione e sulla diversità alimentare.
La visita dura circa 90 minuti e prevede una sessione di domande e risposte. Tutte le visite sono in gruppo, anche per i partecipanti singoli.
Informazioni per le scuole: https://fao.midaticket.com/en/categorie/gruppi/

Come stanno andando i progressi per il raggiungimento dell’Obiettivo 16 dell’Agenda 2030?

Pubblicato il Global Progress Report on Sustainable Development Goal 16


In qualità di educatori, siamo i custodi del futuro e i primi architetti di una cittadinanza consapevole. La nostra missione non si limita alla trasmissione di conoscenze, ma si estende alla costruzione di un ambiente di apprendimento che sia un laboratorio di pace, giustizia e inclusione.
È per questo che desideriamo portare alla vostra attenzione il documento cardine delle Nazioni Unite, il “Global Progress Report on Sustainable Development Goal 16: Indicators on Peaceful, Just and Inclusive Societies”. Questo rapporto è una bussola che ci ricorda: la pace, la giustizia e l’inclusione non sono obiettivi isolati, ma il fondamento per raggiungere tutti gli altri Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Il Goal 16 mira a promuovere società pacifiche e inclusive per uno sviluppo sostenibile, a garantire l’accesso alla giustizia per tutti e a costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli.
Il rapporto, tuttavia, lancia un allarme chiaro: nessun obiettivo del Goal 16 è pienamente in linea con i tempi. I progressi sono disomogenei, fragili e troppo lenti e questo ci impone di riflettere sul ruolo cruciale che la scuola può e deve svolgere per invertire la rotta.

1. Società pacifiche: oltre il conflitto armato
Il concetto di pace va ben oltre l’assenza di guerra; include elementi civili, sociali e strutturali che consentono alle persone di vivere in dignità e sicurezza, libere dalla paura e dalla minaccia della violenza.
I dati ci mostrano sfide urgenti:
– Violenza contro i minori: a livello globale, due bambini su tre (1,6 miliardi) subiscono regolarmente punizioni violente dai loro *caregiver* a casa. Nelle aree fragili, più di una ragazza su quattro ha subito stupri o violenze sessuali durante l’infanzia.
– Tratta di esseri umani: i bambini sono sempre più vittime. Nel 2022, il 38% di tutte le vittime di tratta identificate erano minori, una quota in aumento rispetto al 13% del 2004.
Cosa significa per la scuola? Dobbiamo lavorare per promuovere culture di genitorialità positiva e fornire ai bambini e agli adolescenti gli strumenti per riconoscere e denunciare l’abuso. I nostri programmi educativi, specialmente nella prima infanzia, sono lo scudo più forte contro la normalizzazione della violenza.

2. Società giuste: affrontare l’iniquità
La giustizia è l’accesso universale al diritto, lo stato di diritto e una “governance” responsabile: se i sistemi di giustizia falliscono, si erode la fiducia sociale.
Un dato saliente ci riguarda indirettamente: la corruzione. In media, circa un cittadino su cinque che ha interagito con un funzionario pubblico nell’ultimo anno è stato invitato a pagare una tangente. Questo mina la fiducia nelle istituzioni che i nostri studenti imparano a rispettare.
Cosa significa per la scuola? Dobbiamo educare gli studenti ai principi di trasparenza, legalità e responsabilità (accountability). Il modo in cui gestiamo la nostra istituzione deve riflettere la giustizia che vogliamo vedere nel mondo, incoraggiando un senso civico critico ma costruttivo.

3. Società inclusive: dare voce a tutti
L’inclusione è l’espressione dei diritti umani di uguaglianza e non discriminazione, genera fiducia, rafforza la coesione sociale e rende le istituzioni più efficaci e resilienti.
– Discriminazione diffusa: in media, una persona su cinque a livello globale riferisce di aver subito discriminazioni nell’ultimo anno. Tassi più elevati sono segnalati tra le donne, i poveri e le persone con disabilità.
– Efficacia politica: meno della metà delle persone nei paesi a reddito alto e medio ritiene che il proprio sistema politico consenta loro di avere voce in capitolo nelle decisioni governative. Le donne, in particolare, riferiscono una minore percezione di efficacia politica rispetto agli uomini.
Cosa significa per la scuola? La nostra scuola deve essere un modello di inclusione. Dobbiamo garantire che la voce di ogni studente e membro del personale sia ascoltata e valorizzata. Promuoviamo l’efficacia politica creando spazi dove la partecipazione e la discussione informata portano a risultati reali, dando agli studenti la fiducia di poter influenzare le decisioni. Questo inizia con la garanzia che i nostri ambienti siano accessibili e che le politiche scolastiche siano libere da ogni forma di discriminazione.

Un invito all’azione
Come educatori, abbiamo la straordinaria opportunità di agire come catalizzatori di questo cambiamento. Non possiamo permettere che i ritardi nell’SDG 16 compromettano il futuro che stiamo cercando di costruire.
Vi invitiamo a riflettere su come i vostri progetti didattici, il clima scolastico e le politiche interne possano contribuire attivamente a trasformare le nostre scuole in veri e propri strumenti di pace, formando la prossima generazione di leader che non solo conoscono l’importanza della giustizia e dell’inclusione, ma sanno come realizzarle.


Suggestioni per una educazione equa ai diritti umani e alla pace

Riflessioni su “Education at a Glance 2025”


EIP Italia accoglie con grande interesse la pubblicazione del rapporto “Education at a Glance 2025: OECD Indicators”. Questo autorevole compendio statistico offre un’analisi dettagliata dello stato dell’istruzione a livello globale e fornisce una ricchezza di dati che, letti attraverso la lente della nostra missione, sollevano questioni cruciali per la costruzione di sistemi educativi più equi e inclusivi, fondamento indispensabile per una cultura di pace.

Il rapporto dell’OCSE evidenzia progressi significativi e, allo stesso tempo, persistenti sfide sistemiche. Con il 48% dei giovani adulti nei Paesi OCSE che completa l’istruzione terziaria , il livello di istruzione non è mai stato così alto. Tuttavia, questo successo complessivo nasconde disuguaglianze di opportunità che minano i principi di equità e giustizia sociale, centrali per la nostra associazione.


Le disuguaglianze nell’istruzione e il loro impatto sulla Pace

Il rapporto è impietoso nel mostrare come il background familiare continui a essere un potente predittore del successo educativo. Nel 2023, solo il 26% dei giovani adulti i cui genitori non hanno completato l’istruzione secondaria superiore ha ottenuto un titolo di studio terziario, rispetto al 70% di coloro che hanno almeno un genitore con tale titolo. Questo divario, rimasto sostanzialmente invariato nell’ultimo decennio, rappresenta un ostacolo insidioso alla mobilità sociale e, di conseguenza, alla coesione sociale e alla costruzione di società pacifiche. La disuguaglianza nell’accesso all’istruzione si traduce in un accesso diseguale a lavori qualificati, salari più alti e migliori risultati in termini di salute e partecipazione civica. Quando una porzione significativa della popolazione si sente esclusa o penalizzata da un sistema che dovrebbe promuovere l’uguaglianza, il tessuto sociale si indebolisce, rendendo le comunità più vulnerabili a conflitti e tensioni.
Il rapporto sottolinea che alcuni Paesi, come Danimarca, Inghilterra e la Comunità fiamminga del Belgio, hanno compiuto progressi nel ridurre questo divario attraverso interventi mirati. Questi esempi dimostrano che è possibile invertire la rotta e che l’impegno politico e strategico può fare la differenza. Per la nostra Associazione, ciò rafforza la convinzione che le politiche educative non debbano limitarsi a garantire l’accesso, ma debbano attivamente promuovere l’equità, fornendo un supporto mirato agli studenti più svantaggiati, fin dalla prima infanzia.


Oltre i titoli di studio: la qualità dell’apprendimento

Un altro aspetto cruciale messo in luce dal rapporto riguarda la disparità tra il possesso di un titolo di studio e le competenze effettive. Nonostante l’aumento dei tassi di conseguimento di titoli di studio terziari, la ricerca condotta nell’ambito del Programma per la Valutazione Internazionale delle Competenze degli Adulti (PIAAC) rivela che le competenze di base, come l’alfabetizzazione, sono stagnanti o diminuite tra il 2012 e il 2023 nella maggior parte dei Paesi OCSE. In particolare, il 13% degli adulti con istruzione terziaria non ha raggiunto il livello di competenza di base nell’alfabetizzazione. Questo dato ci spinge a riflettere sulla qualità e la rilevanza dell’istruzione fornita.
Per un’educazione ai diritti umani e alla pace, è fondamentale che gli individui non solo acquisiscano nozioni, ma sviluppino anche quelle competenze trasversali e critiche necessarie per comprendere il mondo, analizzare informazioni complesse, dialogare e risolvere i conflitti in modo costruttivo. Se l’istruzione terziaria non è in grado di garantire un livello minimo di alfabetizzazione funzionale, ciò solleva interrogativi sulla sua efficacia nel formare cittadini consapevoli e attivi.


I percorsi di transizione e la vulnerabilità giovanile

La transizione dal mondo dell’istruzione a quello del lavoro è un altro momento critico in cui le disuguaglianze possono cristallizzarsi. Il rapporto ci mostra che, sebbene i tassi di giovani che non studiano, non lavorano e non sono in formazione (NEET) siano tornati ai livelli pre-pandemici in circa la metà dei Paesi OCSE, la loro presenza rimane un problema significativo. Le esperienze di disoccupazione prolungata in giovane età possono avere conseguenze a lungo termine, compromettendo le prospettive di lavoro future e generando stress psicologico. Questi dati ci invitano a considerare come la vulnerabilità giovanile possa essere un terreno fertile per l’estremismo e il conflitto. I giovani che si sentono privi di opportunità e di un futuro possono diventare bersagli facili per ideologie che offrono risposte semplici a problemi complessi. Per questo motivo, l’educazione alla pace non può essere una semplice aggiunta curricolare, ma deve informare l’intero sistema educativo, garantendo che ogni giovane sia supportato nel trovare un percorso significativo e produttivo, prevenendo l’esclusione sociale e l’alienazione.


Il ruolo dei docenti e la necessità di investire

Nessuna riforma educativa può avere successo senza un corpo docente motivato, qualificato e adeguatamente supportato. Il rapporto evidenzia una preoccupante carenza di insegnanti, in particolare nell’istruzione secondaria. La crescente quota di docenti vicini alla pensione, il basso appeal della professione e l’aumento dell’abbandono anticipato (dimissioni) in alcuni Paesi minacciano la stabilità e la qualità dei sistemi educativi. Per la nostra associazione, è evidente che investire nella formazione, nel benessere e nella retribuzione degli insegnanti non è solo una questione di giustizia professionale, ma un investimento diretto nella costruzione di una società più pacifica. Docenti ben preparati e supportati sono i pilastri che possono guidare gli studenti a sviluppare le competenze necessarie per il dialogo interculturale, la risoluzione nonviolenta dei conflitti e l’empatia.

Conclusioni

In sintesi, il rapporto “Education at a Glance 2025” dell’OCSE è uno strumento prezioso che ci spinge a una riflessione profonda. I dati sulle disuguaglianze nell’accesso e nella qualità dell’istruzione, sulla persistenza delle carenze di competenze e sulla vulnerabilità giovanile rappresentano un campanello d’allarme. Essi ci ricordano che la costruzione della pace non è un’astrazione, ma un processo concreto che inizia nelle aule scolastiche, nei percorsi di studio e nelle politiche di finanziamento. Per la nostra Associazione, ciò significa un impegno continuo a lavorare a fianco di insegnanti e dirigenti scolastici per tradurre questi dati in azioni concrete e per promuovere un’educazione che sia, in ogni suo aspetto, un’educazione alla pace e ai diritti umani.


Oltre gli stereotipi: la scuola e l’inclusione delle nuove generazioni in Italia

Indagine quali-quantitativa di Save the children sugli alunni con background migratorio


In un’Italia sempre più multiculturale, la scuola riveste un ruolo fondamentale per l’integrazione e lo sviluppo di bambine, bambini e adolescenti con un passato di migrazione. Lo studio “Chiamami col mio nome” di Save the Children Italia, realizzato in collaborazione con il movimento Italiani Senza Cittadinanza e Fondazione Bruno Kessler, offre una sintesi chiara e approfondita della situazione attuale, analizzando le sfide e le risorse di questi giovani.
I dati raccolti mostrano una realtà complessa, fatta di progressi ma anche di ostacoli significativi. Sebbene le “seconde generazioni” (cioè i ragazzi nati in Italia da genitori stranieri) tendano ad avere percorsi scolastici più solidi rispetto a quelli arrivati più di recente, persistono disuguaglianze in ambiti cruciali come l’apprendimento di base, le scelte universitarie e l’accesso al mondo del lavoro. Un dato preoccupante evidenziato dal rapporto è che, a parità di rendimento scolastico elevato, gli studenti con un passato di migrazione scelgono meno frequentemente di iscriversi al liceo o all’università rispetto ai loro coetanei nativi.
Ma il quadro non si esaurisce qui. Il report approfondisce le cause di queste disparità, che vanno ben oltre la sola condizione socio-economica delle famiglie. Emergono, infatti, pregiudizi e stereotipi, talvolta inconsci, che possono influenzare l’orientamento scolastico e limitare le aspirazioni dei giovani. Per esempio, l’analisi mostra che, tra gli studenti che si definiscono “molto bravi a scuola,” la percentuale che intende iscriversi al liceo scende significativamente per le seconde e prime generazioni rispetto ai coetanei senza un passato di migrazione.

La cittadinanza, un diritto e una risorsa
Il Dossier sottolinea quanto la mancanza di cittadinanza crei un “limbo giuridico” che può frustrare il talento e l’impegno di ragazzi e ragazze, come nel caso di Enis Yelassi, uno studente brillante escluso da una competizione internazionale per motivi burocratici legati alla sua cittadinanza. l report stima che il riconoscimento della cittadinanza ai giovani di seconda generazione potrebbe generare notevoli benefici economici per il Paese, riducendo le differenze in termini di apprendimento e scelte educative e aumentando il gettito fiscale.

La forza delle relazioni e la consapevolezza dei giovani
Nonostante le sfide, i giovani con un passato di migrazione dimostrano una grande capacità di resilienza. Le loro reti di amicizie sono spesso multiculturali, offrendo un supporto reciproco e spazi di solidarietà dove condividere esperienze e trovare riconoscimento. Il report qualitativo dà voce a questi ragazzi e ragazze, che mostrano una profonda consapevolezza delle difficoltà che affrontano. Molti di loro usano l’autoironia come una strategia per affrontare gli stereotipi, ma riconoscono che il razzismo, sia latente che esplicito, è un fenomeno che si manifesta in diversi contesti, dagli spazi urbani alle attività sportive. Le loro storie rivelano identità plurali, che intrecciano l’appartenenza all’Italia con un forte legame con il Paese d’origine dei genitori. Rivendicano il diritto di essere riconosciuti per ciò che sono: soggetti complessi, portatori di più culture, che chiedono di superare gli approcci stereotipati ancora radicati nella società adulta.

La via da seguire: raccomandazioni per un’inclusione reale
Il report si conclude con una serie di raccomandazioni concrete per superare gli ostacoli attuali e costruire una società più inclusiva e giusta. Tra le proposte principali, si raccomanda:
Riforma della cittadinanza. Approvazione di una normativa che riconosca la cittadinanza a chi nasce in Italia da genitori residenti e che preveda percorsi semplificati per i giovani cresciuti nel nostro Paese.
Supporto alla scuola. Semplificazione delle procedure per la gestione delle risorse del PNRR e del Programma Nazionale “Scuola e Competenze”. Inoltre, un piano d’azione per l’educazione interculturale, che garantisca una formazione specifica per docenti e orientatori, e la promozione di un orientamento scolastico libero da pregiudizi.
Inclusione sistemica. Azioni per prevenire e contrastare il razzismo a tutti i livelli, promuovendo il pluralismo linguistico e culturale e assicurando una gestione trasparente e mirata delle risorse, con un monitoraggio costante degli interventi per verificarne l’efficacia.