La lettera di auguri della Presidente nazionale Anna Paola Tantucci per le prossime feste
Carissimi Dirigenti e Docenti,
quando nello scorso mese di settembre mi sono rivolta a voi parlando di “sfide e opportunità”, avevamo negli occhi l’emozione dell’inizio. Oggi, mentre ci avviciniamo alla pausa natalizia e alla soglia del 2026, penso sia il momento di fermarsi a riflettere sul cammino percorso e sull’orizzonte verso cui stiamo andando. In questi mesi, le aule delle nostre scuole sono state molto più che semplici luoghi di apprendimento: sono state laboratori di cittadinanza e palestre di umanità. In un contesto globale spesso segnato da conflitti e fragilità, la Scuola si presenta ancora come l’ultimo, irrinunciabile presidio dove si costruisce il futuro.
Celebrare le festività quest’anno significa rinnovare, come una sorta di atto di resistenza, una promessa solenne: quella di non arrendersi all’indifferenza. Il desiderio di educare che anima il nostro lavoro non è un semplice esercizio professionale, ma una vocazione alla cura dell’altro. Ogni volta in cui si parla di diritti umani nelle nostre aule, non stiamo solo trasmettendo conoscenze, ma stiamo accendendo una luce contro l’oscurità della prevaricazione.
L’augurio della famiglia EIP Italia per questo Natale è che “Pace” non rimanga una parola astratta, da relegare ai discorsi ufficiali o nelle spesso sterili trattative internazionali, ma diventi la grammatica quotidiana delle nostre relazioni. La pace vera inizia dallo sguardo che rivolgiamo ai nostri compagni di viaggio, dall’inclusione di chi si sente ai margini, dalla capacità di trasformare il conflitto in dialogo.
Voi, docenti e dirigenti, siete i custodi di questa speranza. Il mondo migliore che tutti desideriamo non arriverà per caso: è affidato alle vostre mani, alle vostre menti e ai vostri cuori, che, con grande privilegio, nutrono mani, menti e cuori dei giovani del nostro Paese. Guardiamo al nuovo anno con fiducia, ma anche con responsabilità. Che il 2026 sia l’anno in cui la cultura dei diritti universali passi dalla carta alla vita vissuta. Che la nostra rete scolastica continui ad essere un faro che illumina la strada della convivenza civile e del rispetto reciproco.
A voi, che ogni giorno lavorate per tessere la trama di una società più giusta, e alle vostre famiglie, giungano i miei più sinceri auguri di un sereno Natale e di un anno nuovo colmo di quella speranza operosa che solo l’educazione sa regalare.
Intervista ad Elvira D’Angelo, ideatrice di “English for Peace” e Delegata EIP Italia per l’area metropolitana di Napoli
Elvira D’Angelo, ideatrice e curatrice del progetto online “English for Peace” (https://www.englishforpeace.it/), iniziativa che fonde l’apprendimento della lingua inglese con i principi dell’Educazione alla Pace, è Delegata per l’area metropolitana di Napoli della nostra Associazione.
Elvira, il nome “English for Peace” è immediatamente ispiratore. Raccontaci la “scintilla iniziale”, la visione che ti ha portata a realizzare un sito web che unisce didattica linguistica e un tema così cruciale come la pace? Quella di realizzare un sito come archivio multimediale più che una “scintilla”, è stata una decisione maturata progressivamente nel tempo. Fin dai primi anni di insegnamento ho prodotto materiali ipertestuali che ritenevo utili come risorse di consultazione, ma che non trovavano spazio nel contesto scolastico. L’introduzione dell’informatica nella didattica è stata lenta e frammentaria. Solo in anni più vicini si è iniziato a pensare a veri archivi digitali per valorizzare le buone pratiche di docenti e studenti. (https://www.indire.it/lucabas/lkmwfile/GOLD2009/Gold_mezzogiorno.pdf) Negli anni Novanta, l’alfabetizzazione informatica e l’uso dei linguaggi multimediali sono diventati una delle principali sfide per la scuola, con risultati iniziali limitati nonostante le iniziative ministeriali volte a colmare il divario con altri settori e Paesi (Prime prove Invalsi CBT nel 2018). Il cambiamento radicale è avvenuto con l’emergenza Covid-19, che ha reso la didattica a distanza una necessità, costringendo la scuola ad adottare strumenti digitali in modo sistematico. Per molti docenti, pur qualificati ma abituati al cartaceo e ai metodi tradizionali, questa full immersion ha rappresentato un vero banco di prova. Al contrario, gli studenti, nativi digitali, si sono adattati con rapidità, confermando la necessità di ripensare la didattica in chiave tecnologica e interattiva.
Quali fattori hanno influito sulle tue competenze informatiche ad inizio carriera? Il mio percorso professionale è stato facilitato dalla storia familiare: sono cresciuta in un ambiente in cui le nuove tecnologie erano parte integrante del lavoro quotidiano. Mia madre, appassionata di studio, non potendo completare la formazione durante la guerra, decise di frequentare un corso di dattilografia. Nel 1944, a soli 18 anni, con sua sorella, aprì una delle prime dattilografie in città e successivamente una scuola per la formazione professionale in stenografia, dattilografia, corsi meccanografici e affini. In quel contesto sono cresciuta, respirando il clima di cambiamento del mondo del lavoro e nella società che aveva proprio nelle tecnologie il proprio volano di sviluppo. Dopo il diploma, seguii anch’io un corso di steno-dattilografia, e ho insegnato durante gli anni universitari, fino a quando sono partita per una borsa di studio in Giappone. Ho vissuto, quindi, in prima persona l’evoluzione delle tecnologie: dalla macchina da scrivere meccanica, all’elettrica, all’elettronica, fino al computer. Questo settore richiedeva un aggiornamento costante, e mia madre, tra le prime imprenditrici napoletane, sapeva pienamente interpretare il cambiamento. Il suo esempio è stato per me molto proficuo.
Quali esperienze personali e professionali ti hanno portato a prediligere un approccio didattico basato sulle nuove tecnologie? Iniziando a insegnare ho portato con me un bagaglio di esperienze che mi ha subito spinta verso un approccio basato sull’utilizzo delle nuove tecnologie. Due sono state le motivazioni principali: In primo luogo, la didattica linguistica ha subito una trasformazione significativa con la nascita dell’Unione Europea nel 2000, spostando il focus dalle competenze scritte a quelle orali. L’impiego di tecnologie informatiche e linguistiche si è rivelato essenziale per promuovere la fluency orale. Soprattutto, l’introduzione della LIM ha innovato profondamente le pratiche didattiche. In secondo luogo, la multimedialità si è dimostrata la strategia più efficace in contesti caratterizzati da elevata eterogeneità sociale e culturale e da limitato supporto familiare. In presenza di studenti demotivati e poco avvezzi all’uso del libro di testo – quando ne erano in possesso – e per i quali la prima lingua era il dialetto, l’utilizzo di strumenti multimediali come video, musica e altri linguaggi a loro più vicini si è rivelato la scelta didattica più incisiva.
Per quanto attiene al tema che hai privilegiato, l’educazione alla cittadinanza e alla pace, cosa ci puoi dire? La mia esperienza personale e professionale è stata profondamente segnata dai temi della pace e dei diritti umani, maturati nel contesto storico e culturale in cui sono cresciuta. Durante l’adolescenza, ho vissuto il clima del Sessantotto, le lotte per i diritti civili e i movimenti pacifisti, tra cui quello contro la guerra in Vietnam. I simboli della pace, e la cultura di pace, che quei simboli esprimevano, ci hanno accompagnato negli anni in cui ci siamo formati culturalmente. Non siamo rimasti indifferenti, anche quando non siamo scesi in piazza. Ecco, credo che queste radici siano profonde e si siano fatte sentire. È un retroterra culturale che ha ispirato le mie scelte didattiche: in classe ho privilegiato testi di civiltà che trattavano in modo approfondito queste tematiche con pagine di letteratura inglese di autori socialmente impegnati, come Lawrence, Dickens e Orwell, con riflessioni su figure simboliche del Novecento, come Gandhi, Luther King, Kennedy e Mandela, o con la conoscenza di associazioni umanitarie e ambientaliste.La musica ha rappresentato, poi, un potente strumento educativo: canzoni come “Imagine”, “Blowing in the Wind” e“We Are the World”, sono diventate inni immortali alla pace e strumenti per promuovere l’educazione civica in classe. Queste esperienze e scelte hanno, inevitabilmente, reso la cittadinanza interculturale, l’educazione alla pace e ai diritti umani i pilastri della mia azione educativa e didattica.
Il tuo impegno è duplice, dato il ruolo di Delegata per l’area metropolitana di Napoli dell’Associazione EIP Italia Scuola strumento di pace. Qual è il legame specifico tra il lavoro dell’Associazione e il progetto “English for Peace”? Il legame è nelle basi valoriali. English for Peace è strettamente legato a EIP Italia, poiché i progetti sviluppati in oltre vent’anni sono stati profondamente ispirati dalle attività dell’Associazione. Le esperienze di formazione e le iniziative didattico-educative, tra cui il concorso annuale, hanno arricchito il mio percorso professionale e quello dei miei studenti, permettendomi di valorizzare le buone pratiche scolastiche e di mantenere alta la motivazione. L’associazione, attiva a livello locale, nazionale e internazionale, ha favorito l’apertura verso nuove realtà e prospettive, stimolando la crescita personale e collettiva. Nel tempo, ho coinvolto studenti, famiglie, colleghi e dirigenti promuovendo un modo diverso di vivere la scuola e il ruolo del docente. Oggi, come Delegata, continuo a portare avanti questo impegnoattraverso il dialogo con le istituzioni e la costruzione di reti interculturali locali, nazionali e da quest’anno anche oltre confine nella città che ha dato origine all’associazione, Ginevra. Il sito web funge esso stesso da ‘strumento di pace’, offrendo materiali didattici che sono perfettamente allineati con i valori e le metodologie promosse da EIP.
Entrando nel dettaglio metodologico, come si traduce l’educazione alla pace nella didattica dell’inglese? Quali sono i pilastri pedagogici che sostengono i contenuti? Entrando nel dettaglio metodologico si utilizza un approccio che potrei definire “Language for Global Citizenship”. I pilastri sono l’autenticità dei contenuti e la centralità del discente. Parlare di pace può sembrare semplice, ma in realtà è una sfida significativa per studenti della fascia d’età 11-14 anni. Affrontare questo tema implica, infatti, discutere anche argomenti delicati come la guerra, le ingiustizie sociali, le discriminazioni, le problematiche ambientali e le violazioni dei diritti umani. Tematiche che richiedono grande sensibilità e tatto, calibrando il livello linguistico e i contenuti in base all’età e alla classe ed evitando così forzature o accelerazioni: lessico di base per le prime classi, fraseologia e contenuti semplici per le seconde, testi più complessi per le terze. Un buon libro di cultura e civiltà inglese costituisce un valido supporto per il docente che desidera affrontare questi temi, soprattutto in seguito all’introduzione dello spazio dedicato all’approccio CLIL (Content and Language Integrated Learning), che rafforza l’efficacia dell’apprendimento della lingua straniera attraverso lo studio di altri contenuti disciplinari. Come si evince, quindi, dai prodotti presentati, gli studenti delle prime classi hanno, quindi, realizzato disegni e messaggi per comunicare il loro personale concetto di pace. Nelle seconde classi si sono cimentati nella scrittura di slogan e brevi poesie, mentre nelle terze hanno prodotto presentazioni multimediali analizzando eventi storici significativi, le esperienze di protagonisti dei processi di Pace o i più recenti report sull’Agenda 2030.
Chi potrebbe essere il pubblico principale di “English for Peace” e quali risorse didattiche specifiche possono trovare sul sito? Penso che i destinatari principali siano gli insegnanti di scuole di diverso ordine e grado che sono alla ricerca di materiali innovativi per l’Educazione Civica in lingua inglese. Ma ci rivolgiamo anche a studenti, educatori e genitori attenti. Il sito si distingue per l’approccio innovativo e dinamico, caratterizzato da: pluralità di contenuti, impiego di format multimediali avanzati e sperimentazioni di plurilinguismo. I materiali proposti rappresentano un complemento efficace ai libri di testo disciplinari, fornendo risorse utili per l’approfondimento e la consultazione. Ogni progetto è stato sviluppato con attenzione all’attualità e alla diversificazione delle tematiche, al fine di mantenere alta la motivazione e favorire il coinvolgimento degli studenti. Oltre all’archivio dei “Progetti”, il sito è stato ampliato con due sezioni chiave: “Eventi”: una sezione in continuo aggiornamento che raccoglie esperienze e/o iniziative culturali a tema realizzate nel corso degli anni e in programma; “Pl@ying with English“: una sezione che riporta i siti web utili per la didattica della lingua inglese, non solo relativi all’Educazione Civica, ma a qualsiasi ambito culturale con livelli di competenza compresi tra A1 e B2 del QCER. In sintesi, English for Peace mette a disposizione dei docenti una vasta gamma di spunti didattici. L’integrazione tra educazione civica, tecnologie e didattica linguistica offre un modello formativo interdisciplinare favorendo l’innovazione e l’inclusività nella pratica educativa.
Perché l’inglese, in particolare, è così cruciale come strumento per la costruzione della pace e del dialogo globale? L’inglese rappresenta la lingua franca globale, già ampiamente utilizzata in vari ambiti: diplomazia, affari, scienza e tecnologia. La sua diffusione la rende un ponte comunicativo capace di superare barriere nazionali e culturali, favorendo comprensione reciproca, cooperazione internazionale e condivisione di idee per la risoluzione dei conflitti, soprattutto in un mondo sempre più digitalizzato. Ricordiamo che l’inglese è parlato da oltre 1,5 miliardi di persone ed è, oggigiorno, la lingua dominante nei media e su Internet.
Menzionavi la centralità dell’Educazione Civica, oggi obbligatoria con la Legge 92/2019 nelle scuole italiane. In che modo i contenuti di “English for Peace” aiutano gli insegnanti a integrare questa disciplina in maniera efficace e trasversale? L’Educazione Civica, – come in precedenza “Cittadinanza e Costituzione” – è stata introdotta nel sistema scolastico italiano per rispondere all’esigenza di formare cittadini attivi attraverso un insegnamento trasversale alle discipline. A differenza di altre materie, dove l’integrazione dei temi civici ha richiesto un adattamento, come avviene ad esempio in tecnologia, scienze o arte, le lingue straniere si sono rivelate particolarmente adatte grazie alla loro natura intrinsecamente interdisciplinare e alla disponibilità di materiali progettati per favorire l’apertura a temi socioculturali. Le tre principali aree di competenza in Italia sono: Costituzione, Sviluppo Sostenibile e Cittadinanza Digitale. Il sito “English for Peace” è stato, inaspettatamente, un precursore, affrontando molte di quelle tematiche a partire già dal 2001, con progetti come “Together for Peace” dedicato all’attentato alle Torri Gemelle fino al più recente sui “Principi etici della cultura Manga” (2023). Questo vale anche per il profilo strettamente linguistico. L’approccio di ispirazione CLIL, che valorizza la lingua inglese come veicolo per esplorare diversi ambiti della conoscenza, costantemente richiamato nell’impianto metodologico delle esperienze didattiche descritte, in Italia si è imposto nella formazione della disciplina solo nel 2010.
Ci fai un esempio di un progetto o di un’attività, promossa tramite il sito o nell’ambito EIP, che ti ha dato particolare soddisfazione in termini di impatto sugli studenti? Una delle iniziative più significative realizzate nell’ambito di EIP è stata l’organizzazione della Mostra fotografica e documentale “Together for Peace” presso la mia scuola, l’IC Casanova Costantinopoli. Ideata per celebrare il cinquantesimo anniversario della fondazione di EIP Italia e i vent’anni di collaborazione tra la scuola e l’associazione, la mostra ha valorizzato le migliori esperienze didattiche sulla cittadinanza e la pace in lingua inglese. Convintamente sostenuto dal Dirigente scolastico Franco Mollica, l’evento si è svolto nella prestigiosa biblioteca da maggio 2022 a gennaio 2023. La sua realizzazione ha visto coinvolte tutte le componenti della scuola. In primis gli studenti, che hanno collaborato attivamente a tutte le fasi: di preparazione, di allestimento e di svolgimento, proponendo ciascuno un personale contributo. Ed inoltre, docenti, famiglie e personale scolastico, il che ha offerto un’opportunità preziosa di riflessione sui valori della pace e della cooperazione. La presenza di rappresentanti istituzionali ha dato ulteriore prestigio all’iniziativa. Il sito “English for Peace” rappresenta oggi la continuazione multimediale di questa esperienza, permettendo la diffusione delle buone pratiche oltre i limiti temporali e spaziali della mostra stessa. Tra i progetti più rilevanti si segnalano: “Language Times” (2006), che include quattro lavori su: diritti umani, parità di genere, educazione alimentare e modelli sociali del mondo Disney. L’ipertesto si caratterizza per la ricchezza dei contenuti e una grafica accattivante. Un prodotto particolarmente completo è “Drops of History – Seeds of Hope” (2009), realizzato in occasione del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Questo progetto ricostruisce esperienze e testimonianze di lotta per i valori universali, incarnando una personale visione dell’educazione alla pace rivolta agli alunni più giovani. “sensibilizzare gli alunni, attraverso lo studio della lingua inglese, alle gravi problematiche che travagliano il mondo, ma con un approccio costruttivo nella ferma convinzione che anche piccole gocce nella storia dell’umanità possono generare semi di pace e fratellanza contrastando i sentimenti di odio e di violenza. Lo sguardo dei ragazzi si illumina, allora, di nuova fiducia e speranza di un mondo migliore”. Tra i più innovativi i progetti “Benvenuto mondo” e “Per un mondo green”, (2021) sono una interessante esperienza di plurilinguismo. Ed ancora, un lavoro originale è dedicato ai “Valori etici dei Manga”, frutto di esperienze personali di studio e insegnamento in Giappone molto coinvolgente per i ragazzi e le ragazze. Tutti questi progetti hanno partecipato a competizioni nazionali ricevendo riconoscimenti.
Qual è la tua visione per il futuro di “English for Peace”? Il sottotitolo scelto per il sito “Sperimentazioni didattiche per una cultura di pace” non è casuale. Per il suo carattere sperimentale, esso non ha la pretesa di proporre linee guida definitive per docenti o esperti, ma piuttosto di ispirare percorsi educativi e pedagogici. L’obiettivo è offrire spunti basati su esperienze che, nel corso degli anni, hanno suscitato negli studenti – anche in quelli meno scolasticamente motivati – sensibilizzazione, entusiasmo e partecipazione attiva nel dialogo educativo. Si auspica, quindi, di ricevere feedback da lettori e docenti interessati che permettano di valutare la validità del progetto. Una ricaduta significativa sarebbe la creazione di una sezione in cui raccogliere contributi utili e ispirati agli stessi valori e alle stesse finalità educative. Tale materiale arricchirebbe anche il sito “EIP formazione”. Per il futuro, l’intento è quello di aggiornare e migliorare il format del sito, così da rispondere alle esigenze della comunità scolastica. Una delle priorità sarà incrementare l’esposizione orale dei testi, al fine di potenziare le abilità di listening e speaking degli studenti. Per favorire l’internazionalizzazione, si prevede, inoltre, la realizzazione di una versione integrale del sito in lingua inglese. L’organizzazione di eventi tematici, laboratori e seminari rivolti a studenti, docenti e famiglie potrebbe costituire una proficua occasione per utilizzare i materiali del sito come risorsa didattica e per costruire reti di scambio e progetti condivisi.
Concludo con una riflessione su quello che è stato uno dei temi focali di questa intervista: l’inarrestabile evoluzione delle tecnologie e della multimedialità. Premesso che per la realizzazione del sito non si è fatto alcun utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, sono pienamente consapevole che da oggi in poi ogni iniziativa nel campo della didattica, e, dunque, anche le novità che lo riguarderanno, compresi gli eventuali nuovi contributi che lo arricchiranno, dovranno fare i conti con questa potente innovazione tecnologica.
Una selezione di immagini dalle varie iniziative citate nell’intervista
Incontro e premiazione di Nando Dalla Chiesa presso l’Università LUMSA di Roma
Sabato 13 dicembre 2025 si è svolta la Cerimonia di premiazione della XIII Edizione del Premio letterario internazionale “Eugenia Bruzzi Tantucci”: una mattinata all’insegna della cultura, del dialogo intergenerazionale e dell’impegno civile, che ha visto protagonisti illustri intellettuali e studenti provenienti da diverse parti d’Italia..
Dopo un toccante tributo video alla figura di Eugenia Tantucci, il cuore della prima parte della mattinata è stato la tavola rotonda, che ha contribuito alla riflessione sul tema Legalità: dalle norme al cuore con gli interventi Anna Paola Tantucci, Elio Pecora, Rocco Pezzimenti, Antonio Augenti e Angela Greco.
Il momento culminante della manifestazione è stato l’incontro con Nando Dalla Chiesa, autore del volume premiato La legalità è un sentimento. Manuale controcorrente di educazione civica (Bompiani, 2023) che ha manifestato un forte apprezzamento per i contributi alla riflessione sul tema e si è confrontato con gli studenti dell’Istituto San Giuseppe e del Liceo Mameli di Roma, rispondendo alle loro domande in un dialogo aperto e costruttivo.
Ampio spazio è stato dedicato alle nuove generazioni, con la premiazione della Sezione Studenti
Primo Premio con Borsa di studio Istituto di Istruzione Superiore “U. Midossi”di Civita Castellana (VT)§per il volume di poesia Abbiamo fatto rumore (Ghaleb Editore, 2024) della classe 2F dirigente Alfonso Francocci – docenti referenti Paola Maruzzi e Diana Ghaleb Motivazione: Il volume si propone come opera con duplice valenza, culturale ed educativa, che incarna lo spirito della “sezione speciale per gli Studenti delle Scuole Secondarie di II grado” e onora la memoria e l’impegno di Eugenia Bruzzi Tantucci, appassionata promotrice della diffusione della lettura e della poesia tra i giovani. Abbiamo fatto rumore non è solo una raccolta di versi, ma il risultato di un significativo e strutturato percorso didattico che ha condotto le studentesse e gli studenti a un’analisi critica della grande tradizione poetica nazionale e internazionale, per poi rielaborarla in una personale e sentita espressione. In questo processo, i giovani autori hanno dimostrato di saper esprimere la propria sensibilità e la loro “personale visione del mondo” in un atto di “rumore” costruttivo, una moderna e autentica voce poetica. La Giuria riconosce, inoltre, il notevole pregio artistico e l’efficace dimensione interdisciplinare dell’opera, arricchita dalle linoleografie realizzate dagli studenti del Liceo Artistico di Vignanello, che dimostrano l’uso creativo di linguaggi diversi.
Primo Premio – sezione speciale “INFLUENCER” con Borsa di studio Liceo Classico “D. Borrelli”di Crotone per il progetto di podcast La biblioteca del tempo. Gocce di speranza di Angela Corigliano, Chiara Fontana, Sebastiano Garofalo, Maria Francesca Imbrogno e Sabrina Stefanizzi dirigente Antonietta Ferrazzo – docente referente Caterina Curto Motivazione: La Biblioteca del temposi propone come coscienza vivente che osserva e ricorda, cercando di influenzare “non con il clamore, ma con la cura, la memoria e la bellezza della parola”, onorando la modalità discreta ma potente con cui Eugenia Bruzzi Tantucci ha trasmesso i suoi valori. Attraverso il formato Podcast e narrativa multimediale, gli studenti utilizzano un linguaggio moderno e creativo per dare voce al tempo e alla cultura, dimostrando che la voce umana è il primo archivio della civiltà. Il lavoro è strutturato in quattro lettere indirizzate al futuro, affrontando con chiarezza e profondità i temi della cittadinanza attiva e gli Obiettivi dell’Agenda ONU 2030. In particolare, sono evidenziati Giustizia e Pace (SDG 16), Istruzione di qualità (SDG 4), Riduzione delle disuguaglianze (SDG 10) e Sostenibilità/Consumo Responsabile (SDG 12). Il Premio viene assegnato per l’elevato valore del messaggio, l’innovazione del formato e l’efficacia nel trasmettere un messaggio positivo e propositivo, attraverso la fiducia che “ci sarà tempo ancora” per un mondo migliore.
Menzione d’onore – sezione speciale “INFLUENCER” con Borsa di studio Istituto di Istruzione Superiore “Via dei Papareschi”di Roma per il progetto Sotto un velo di stelledi Veronica Araho, Jamila Cuerdo e Jillian Maneja dirigente Paola Palmegiani – docenti referenti Guido Tracanna e Silvia Biondi Motivazione: Il lavoro è un eccellente esempio di come la Storia possa diventare un trend attuale, rivisitando la figura letteraria di Ghismunda, tratta dal Decameron, come archetipo della volontà di emancipazione femminile. La Giuria riconosce lo sforzo di replicare le modalità comunicative degli influencer contemporanei attraverso una strategia multimediale completa, con la creazione del personaggio fittizio di “ghismundaze_” su Instagram per generare attesa e il lancio del video di una canzone originale che attualizza il dramma della protagonista, trasformando la sua ribellione in un messaggio di coraggio per le nuove generazioni. Il loro approccio, che fonde letteratura, musica e comunicazione digitale, rende Ghismunda una vera “influencer di valori” e un modello di libertà che “non accetta i ‘no’ per risposta”.
Menzione d’onore – sezione speciale “INFLUENCER” con Borsa di studio Liceo Scientifico “A. Labriola” di Roma per il progetto Il coraggio di ispirare di Matteo Girolami e Lorenzo Mazzanti dirigente Margherita Rauccio – docenti referenti Isabella Martiradonna e Aniello Fioccola Motivazione: La Giuria assegna una menzione al progetto per l’acuta e originale rilettura del concetto di “influencer”. Attraverso un efficace dialogo scenico, gli studenti superano lo stereotipo digitale per definire l’influencer come chi “combatte con grande coraggio per le sue idee”. Il video è un messaggio positivo e costruttivo, che identifica la vera essenza dell’influenza nella capacità di “saper ispirare e lasciare un segno positivo”, onorando la dimensione etica e culturale dell’eredità di Eugenia Bruzzi Tantucci.
Premio speciale della Giuria Comunità Ministeriale di Catanzaro per il video I trendsetter della Via Paglia di Gabriele, Claudio, Kevin, Battista e Francesco direttore Massimo Martelli – referente Arianna Mazza
Menzione d’onore Liceo Artistico “M. Buonarroti” di Latina per il saggio La grande ricchezzadi Ilaria Sciscione Liceo “A. Diaz” di Casertaper la poesia Figli della polvere di Melissa Gutierrez-Paccanaro IIS “Via dei Papareschi” di Romaper il racconto La guerra della Signora McAllister di Anna Chemi IIS “Torlonia-Croce” di Avezzano (AQ) per la poesia Ci sarà tempo ancora? di Rita Cavallaro IIS “Polo 3” di Fano (PU)per la poesia La voce che scuote il presente di Mattia Boccaccini
In chiusura, Anna Teresa Eugeni ha consegnato due borse di studio agli studenti Alessia Bastianelli e Manuel Marasca del Liceo “A. Labriola” di Roma, come sostegno concreto al loro percorso di studi.
Il servizio fotografico completo realizzato da Luigi Matteo è disponibile sul sito eipitalia a questo link.
Mentre Copernicus certifica che il 2025 sarà il secondo anno più caldo di sempre, sigillando un triennio di temperature record oltre la soglia di 1,5°C, l’opinione pubblica sembra scivolare in un pericoloso torpore. Come sottolinea Ferruccio de Bortoli sul Corriere della sera del 10 dicembre 2025, il cambiamento climatico “non ci fa più né caldo né freddo”.
C’è un’espressione nella lingua italiana che, letta oggi, assume un retrogusto amaro e paradossale: “Non mi fa né caldo né freddo”. La usiamo per descrivere l’indifferenza totale, l’apatia di fronte a un evento. È proprio da qui, da questo gioco di parole divenuto tragica realtà, che parte la riflessione di Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera del 10 dicembre. Mentre il termometro globale sale inesorabilmente, la nostra soglia di attenzione e indignazione crolla. Viviamo il paradosso di un mondo fisicamente sempre più bollente e di una società emotivamente sempre più gelida.
La sentenza dei dati: un triennio di fuoco
Se l’indifferenza è un sentimento soggettivo, i numeri restano fatti incontrovertibili. Gli ultimi report di Copernicus, il servizio di monitoraggio climatico dell’Unione Europea, rilanciati in questi giorni da Avvenire e Il Sole 24 Ore, non lasciano spazio a interpretazioni: il 2025 si appresta a diventare il secondo anno più caldo mai registrato, posizionandosi subito dopo il 2024. I dati sono impietosi: – Il mese di novembre 2025 è stato il terzo più caldo della storia a livello globale. – Siamo di fronte a un “triennio terribile” (2023, 2024, 2025) che ha riscritto la storia della climatologia. Come riportato dal WWF e analizzato dal Sole 24 Ore, per la prima volta la temperatura media globale si è attestata stabilmente sopra la soglia critica di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali per un periodo prolungato. Quello che l’Accordo di Parigi aveva fissato come un limite di sicurezza da non valicare, è diventato il nostro nuovo, invivibile standard. Non è più un picco isolato, è la nuova normalità.
L’anestesia collettiva
Eppure, di fronte a questi bollettini di guerra climatica, la reazione collettiva è un’alzata di spalle. De Bortoli centra il punto focale: siamo assuefatti. La notizia del record di caldo non buca più lo schermo, non ferma più le conversazioni al bar, non sposta voti. È diventata “rumore di fondo”, come il traffico in città o la pubblicità in televisione. E lo testimonia, nel suo piccolo, anche lo scarso interesse che le pagine dedicate al tema della sostenibilità suscitano nei lettori del nostro sito web. Eppure, il tema è pienamente integrato in molti aspetti dell’insegnamento scolastico. Questa “assuefazione all’apocalisse” è forse il pericolo più grande. Quando l’eccezionale diventa quotidiano, smettiamo di percepirlo come un’emergenza. Leggiamo che i ghiacciai fondono e che le stagioni sono saltate, ma lo facciamo con lo stesso distacco con cui scorriamo le foto delle vacanze altrui sui social. L’allarme del WWF sulla necessità di agire “ora o mai più” rischia di cadere nel vuoto non perché non sia vero, ma perché il pubblico è saturato, stanco, o forse semplicemente rassegnato.
Risvegliarsi dal torpore
Il 2025 non sarà ricordato solo come l’anno che ha confermato il surriscaldamento irreversibile del pianeta, ma potrebbe passare alla storia come l’anno in cui abbiamo smesso di preoccuparcene davvero. La sfida, dunque, non è più solo tecnologica o politica, ma culturale e psicologica. Dobbiamo recuperare la capacità di spaventarci, di indignarci e, soprattutto, di agire. Perché se è vero che umanamente il tema “non ci fa più né caldo né freddo”, fisicamente il pianeta non ha intenzione di aspettare che ci passi l’apatia. Il clima sta cambiando, con o senza il nostro interesse; sta a noi decidere se vogliamo essere spettatori annoiati della nostra stessa estinzione o protagonisti di un ultimo, disperato tentativo di salvezza.
In occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico
Brescia, 19 novembre 2025 – Durante la solenne cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico 2025/2026, l’Università degli Studi di Brescia ha voluto porre l’accento sull’importanza della formazione umana e civile, conferendo un prestigioso riconoscimento a una delle figure più autorevoli della pedagogia italiana: Luciano Corradini L’evento, svoltosi nell’Aula Magna della Facoltà di Medicina, ha visto il conferimento del “University of Brescia Award” per la sezione “Attività formativa e di ricerca”. La targa è stata consegnata dal Magnifico Rettore, Francesco Castelli. Questo premio non rappresenta solo un omaggio formale, ma è stato descritto come un “grazie” collettivo da parte dell’accademia e della città per una vita intera dedicata alla scuola e ai valori costituzionali.
Sebbene il curriculum di Corradini sia particolarmente ampio, l’Ateneo bresciano ha voluto premiare tre aspetti fondamentali del suo percorso: In primo luogo è un riconoscimento al Padre dell’Educazione Civica, in quanto Luciano è riconosciuto come la voce più autorevole nella battaglia culturale per riportare lo studio della Costituzione e della cittadinanza attiva al centro dei programmi scolastici italiani. In secondo luogo, viene valorizzata la sua visione di pedagogia come Politica concreta, sottolineando la sua capacità di trasformare la teoria pedagogica in azioni concrete, come dimostrato dal suo lavoro decisivo sullo “Statuto delle studentesse e degli studenti”. Infine, nonostante la sua carriera lo abbia portato ai vertici nazionali (come Sottosegretario all’Istruzione), Corradini ha mantenuto radici profonde con Brescia, essendo stato un docente chiave per la nascita dei corsi pedagogici locali.
La premiazione si è inserita in un contesto di riflessione più ampio sul futuro dell’ateneo. La cerimonia ha ospitato anche l’ex Ministro Vittorio Colao, che ha tenuto una Lectio Magistralis sull’intelligenza artificiale. In questo scenario, la figura di Corradini ha rappresentato il necessario contrappeso umanistico: un promemoria che nessuna innovazione tecnologica può prescindere da una solida formazione della persona e da un’etica della responsabilità.
Alla cerimonia era presente anche la moglie del professore, Bona Bonomelli, a testimonianza del clima familiare e festoso dell’evento.
Dall’Italia al mondo. L’impegno per i diritti umani come pilastro di pace
Torna il Concorso Nazionale EIP Italia, giunto alla sua cinquantaquattresima edizione. E per noi, è incredibile questo numero così importante, perché porta con sé le migliaia di volti che in questi anni hanno saputo animare la scuola con i temi della pace e dei diritti umani.
Il Consiglio direttivo di E.I.P. Italia Scuola strumento di pace ETS ha scelto di dedicare il 54° Concorso Nazionale all’impegno del nostro Paese nella difesa dei diritti umani, con il titolo Dall’Italia al mondo: l’impegno per i diritti umani come pilastro di pace. Il contesto di riferimento è costituito dall’elezione dell’Italia al “Consiglio per i Diritti Umani” dell’ONU per il mandato 2026-2028. Istituito nel 2006 dall’Assemblea Generale, il Consiglio è un organismo intergovernativo con il compito di rafforzare la promozione e la tutela dei diritti umani in tutto il mondo. Ha facoltà di discutere questioni e situazioni internazionali relative ai diritti umani, anche per affrontare le situazioni di violazione e formulare raccomandazioni in merito. È composto da 47 Stati membri eletti direttamente e individualmente a maggioranza dei 193 Stati dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. I seggi sono equamente distribuiti tra i cinque gruppi regionali delle Nazioni Unite, con un terzo dei membri rinnovato ogni anno, per un mandato di tre anni. L’Italia, nella dossier presentato per la candidatura a cura del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, ha delineato una strategia per la promozione e la protezione dei diritti umani a livello globale, ponendo l’accento sull’integrazione di tali considerazioni nelle strategie di prevenzione e risoluzione dei conflitti. Attenzione significativa è dedicata alla lotta contro ogni forma di discriminazione, includendo razzismo, xenofobia, intolleranza e violenza basata sull’orientamento sessuale, con strategie di contrasto attivo alla diffusione di discorsi d’odio, sia online che offline, promuovendo un ambiente di rispetto e inclusione. I diritti delle donne costituiscono un pilastro centrale della proposta di azione, con l’impegno a rafforzare l’empowerment di donne e ragazze, prevenire e combattere la violenza di genere e sostenere gli sforzi internazionali volti all’eliminazione di pratiche dannose, come le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci o forzati. Altre tematiche portanti sono la protezione dei minori più vulnerabili, delle vittime di violenza, conflitti e sfruttamento; la prevenzione della pedopornografia, degli abusi sessuali e della tratta di minori, anche attraverso l’impegno a promuovere l’istruzione per tutti i bambini e i giovani; l’impegno per una moratoria universale della pena di morte con l’obiettivo ultimo della sua completa abolizione; la salvaguardia della libertà di opinione e di espressione, inclusi i diritti di giornalisti e professionisti dei media e della libertà religiosa; la lotta alla tratta di esseri umani, con attenzione specifica sui diritti dei gruppi vulnerabili, tra cui le persone con disabilità e gli anziani.
L’educazione ai diritti umani è correlata alle tematiche indicate nell’articolo 3 della Legge 92/2019, Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica, anche in rapporto allo sviluppo delle seguenti competenze: “Sviluppare atteggiamenti e adottare comportamenti fondati sul rispetto di ogni persona, sulla responsabilità individuale, sulla legalità, sulla consapevolezza dell’appartenenza ad una comunità, sulla partecipazione e sulla solidarietà, sostenuti dalla conoscenza della Carta costituzionale, della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea e della Dichiarazione Internazionale dei Diritti umani” (Traguardo per lo sviluppo delle competenze 1 per il primo ciclo e Competenza 1 per il secondo ciclo – Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica adottate con il DM 183/2024).
Di seguito il Bando ufficiale e tutti gli allegati per trasmettere il proprio lavoro.
Il nuovo dossier di Libera fotografa un paese in cui il malaffare raddoppia e si fa “sistema”. Ecco perché la lotta alla corruzione è una battaglia per i diritti umani.
“La corruzione non è un reato senza vittime. Le vittime siamo tutti noi, ogni volta che un diritto viene trasformato in un favore.”
In occasione della Giornata Internazionale contro la Corruzione (9 dicembre), l’associazione Libera ha diffuso il dossier “Italia sotto mazzetta”, scattando una fotografia impietosa del nostro Paese. I dati del 2025 non lasciano spazio a interpretazioni rassicuranti: la corruzione in Italia non sta arretrando, anzi, si sta evolvendo, diventando più capillare, “creativa” e sistemica.
Per chi si occupa di educazione ai diritti umani, questi numeri non sono solo statistiche giudiziarie: sono la misura esatta di quanto spazio viene sottratto alla democrazia, all’uguaglianza e alla giustizia sociale.
I numeri del Dossier 2025: un’escalation allarmante
Il monitoraggio di Libera, che copre il periodo dal 1° gennaio al 1° dicembre 2025, rivela un raddoppio delle inchieste rispetto all’anno precedente: – 96 inchieste censite (erano 48 nel 2024); – 1.028 persone indagate (contro le 588 dell’anno prima); – 49 procure impegnate in 15 regioni diverse.
Se il Sud Italia, con Campania, Calabria e Puglia, registra i numeri più alti in termini assoluti, il Nord non è affatto immune. Liguria e Piemonte guidano la triste classifica settentrionale, dimostrando che il “virus” della tangente non conosce confini geografici.
Dove si annida il malaffare?
La corruzione raccontata da Libera non è quella del funzionario isolato che accetta una bustarella. È una corruzione “industriale”, organizzata da veri e propri comitati d’affari capaci di orientare appalti e decisioni pubbliche. I settori colpiti sono quelli che dovrebbero garantire i diritti fondamentali dei cittadini: Sanità: mazzette per appalti e forniture, sottraendo risorse alla cura delle persone. Ambiente: gestione illecita dei rifiuti, con danni incalcolabili alla salute pubblica. Istruzione: concorsi universitari truccati e servizi di mensa scolastica svenduti al ribasso. Cittadinanza: persino il diritto di essere riconosciuti come cittadini è stato mercificato, con casi di false residenze vendute in cambio di denaro.
La corruzione come violazione dei Diritti umani
Perché un’associazione per i diritti umani deve preoccuparsi di questi dati? Perché la corruzione è il principale nemico dell’uguaglianza. – viola il diritto alla salute: ogni euro sottratto alla sanità pubblica per arricchire un privato è un servizio in meno per chi ne ha bisogno. – viola la meritocrazia e il lavoro: quando un concorso è truccato, il diritto al lavoro basato sulle competenze viene cancellato dal privilegio e dalla fedeltà al sistema criminale. – mina la fiducia: la corruzione spezza il patto sociale tra cittadini e istituzioni, alimentando rassegnazione e cinismo.
Educare alla responsabilità: la risposta della Società civile
Di fronte a una corruzione che si fa “sistema”, la risposta non può essere delegata solo alla magistratura. Serve un “monitoraggio civico” diffuso. Il rapporto di Libera ci invita a non essere spettatori passivi. Strumenti come il Whistleblowing (la segnalazione di illeciti) o servizi come Linea Libera (il numero per segnalare condotte corruttive) sono armi potenti nelle mani dei cittadini.
Educare alla legalità significa oggi educare al coraggio della denuncia e alla pretesa della trasparenza. Significa insegnare che la “mazzetta” non è un modo furbo per saltare la fila, ma un muro che chiude la strada al futuro di tutti.
Come ricorda Don Ciotti: “La corruzione è una povertà morale che genera povertà materiale e sociale”. Combatterla è il primo passo per restituire dignità e diritti al nostro Paese.
Per approfondire i dati e leggere il report completo, visita il sito ufficiale di Libera: www.libera.it
di Francesco Rovida, dirigente scolastico e coordinatore della formazione EIP Italia
La prima osservazione che intendo condividere è una dichiarazione di fiducia nella raccolta e nell’utilizzo dei “dati” per poter esprimere valutazioni anche sul lavoro in ambito educativo. Tanto più se i percorsi educativi corrispondono ad un impegno economico, amministrativo e organizzativo dello Stato con il contributo di tutti i cittadini e a favore di tutti i cittadini. La seconda osservazione è un ringraziamento all’attenzione che la Fondazione Agnelli riesce ogni anno a richiamare sul tema della qualità della scuola, anche grazie alla pubblicazione di Eduscopio. La terza, infine, è che il problema non è costituito dai “dati”, ma dall’utilizzo che se ne fa.
Ed è per questo che trovo scorretto e frustrante assistere ogni anno alla carrellata di titoli come i seguenti…
Che cos’è il Progetto “Eduscopio” L’idea di fondo del progetto è quella di valutare gli esiti successivi della formazione secondaria – i risultati universitari e lavorativi dei diplomati – per trarne delle indicazioni di qualità sull’offerta formativa delle scuole da cui essi provengono. Per operare questa “valutazione” si avvale dei dati amministrativi relativi alle carriere universitarie e lavorative dei singoli diplomati raccolti dai Ministeri competenti. A partire da queste informazioni vengono costruiti degli indicatori rigorosi, ma allo stesso tempo comprensibili a tutti, che consentono di comparare le scuole in base ai risultati raggiunti dai propri diplomati. Il progetto intende offrire “informazioni e dati comparabili che siano utili: – agli studenti che terminano le scuole medie e alle loro famiglie di modo che, una volta scelto l’indirizzo di scuola secondaria superiore, possano individuare quali istituti nella propria area di residenza soddisfino meglio le proprie aspettative di apprendimento; – alle scuole stesse di modo che siano maggiormente responsabilizzate rispetto a due fondamentali missioni formative – la preparazione e l’orientamento agli studi universitari e al lavoro – e possano finalmente conoscere gli esiti dei loro sforzi. Si tratta di informazioni che oggi si riescono a ottenere con difficoltà e quasi sempre in modo parziale e poco intuitivo, mentre possono dare spunti per riflettere sulla bontà dei propri sistemi di formazione e orientamento in uscita”.
Studenti considerati per gli esiti universitari Sono considerati sia gli immatricolati iscritti regolarmente, quelli cioè che hanno proseguito gli studi al livello universitario immediatamente dopo aver conseguito il diploma, che quelli “ritardatari”, che si iscrivono al massimo entro 2 anni dal conseguimento del diploma, per un totale di 811.981 studenti. Per il 2025 sono analizzati gli anni accademici 2020/2021, 2021/2022 e 2022/2023. Dunque, gli ultimi esami presi in analisi sono quelli sostenuti entro la primavera 2024 dagli immatricolati dell’ultimo dei tre anni accademici considerati.
Parametri di valutazione per gli esiti universitari L’Indice FGA è il cuore della valutazione per i Licei e gli Istituti Tecnici orientati al proseguimento degli studi. Esso valuta la capacità delle scuole di preparare agli studi universitari, mettendo sullo stesso piano due aspetti fondamentali: la capacità di superare gli esami nei tempi previsti (velocità) e la qualità della preparazione (profitto). Si calcola con una media ponderata al 50/50 di due indicatori standardizzati: la media dei voti ottenuti agli esami, ponderata per i crediti formativi (CFU) di ciascun esame e la percentuale di creditiformativi ottenuti rispetto al totale previsto per il primo anno. L’Indice FGA non prende i voti “così come sono”, ma i punteggi vengono “depurati” dalla difficoltà del corso di laurea scelto: se uno studente ottiene voti alti in un corso dove è statisticamente difficile farlo, il suo punteggio viene premiato; viceversa, se ottiene voti alti in un corso con manica larga, il punteggio viene ridimensionato. Questo permette di confrontare equamente scuole i cui diplomati scelgono facoltà molto diverse. I dati considerati si fermano al primo anno di università, ma l’analisi statistica conferma che questo è sufficiente: la correlazione tra i risultati del primo anno e quelli del terzo anno (o della laurea) è del 98%.
Studenti considerati per gli esiti lavorativi Vengono considerati tutti i diplomati dei corsi diurni degli indirizzi tecnici e professionali delle scuole statali e paritarie negli anni scolastici triennio 2019/2020, 2020/2021 e 2021/2022. In totale sono stati analizzati gli esiti lavorativi di 618.064 diplomati.
Indice di Occupazione e Indice di Coerenza per gli esiti lavorativi L’Indice di Occupazione è il parametro chiave per gli Istituti Tecnici e Professionali quando si valuta la loro missione di inserimento lavorativo. Indica la percentuale di diplomati che hanno lavorato per almeno 6 mesi (180 giorni) nei primi due anni successivi al diploma, escludendo quanti si siano iscritti all’Università. Considera “Occupati” solo coloro che hanno contratti significativi, escludendo lavori brevi e saltuari (sottoccupati) che non raggiungono la soglia dei 6 mesi complessivi nel biennio La fonte dei dati si basa sulle Comunicazioni Obbligatorie (CO) del Ministero del Lavoro, che tracciano ogni contratto attivato, prorogato o cessato, offrendo dati certificati, non basati su dichiarazioni o sondaggi. Un indice alto significa che le scuole non solo “piazzano” gli studenti, ma che questi riescono a mantenere l’impiego per un periodo rilevante. Tuttavia, va letto insieme all’Indice di Coerenza (che misura se il lavoro trovato è in linea con gli studi), poiché l’Indice di Occupazione da solo non distingue tra un lavoro coerente col diploma e un lavoro generico. Per entrambi gli indici, i dati presentati non si riferiscono a una singola annata, ma sono una media del triennio (coorti 2019/20, 2020/21, 2021/22). Questa scelta serve a “stabilizzare” il dato, evitando che una singola classe particolarmente brillante o problematica falsi il giudizio complessivo sulla scuola.
Esiste la “scuola migliore della città” in senso assoluto? No, non è possibile fare affermazioni generiche di questo tipo. I documenti tecnici di Eduscopio sconsigliano esplicitamente la creazione di classifiche assolute che mescolino indirizzi diversi, definendo tali confronti “fuorvianti”. Ecco perché, secondo i dati, il concetto di “migliore scuola” è relativo e non assoluto: – Il rapporto afferma chiaramente che “ogni indirizzo di studio presenta una proposta formativa specifica”. Non ha senso confrontare un Liceo Classico con un Istituto Tecnico, o un Liceo Scientifico con uno delle Scienze Umane, poiché valorizzano abilità diverse: per essere informativo, il confronto deve avvenire tra “grandezze omogenee”, ovvero scuole con offerta formativa analoga. – La “migliore scuola” che si trova a 50km da casa è un dato irrilevante per la maggior parte delle famiglie. Eduscopio sottolinea che il confronto ha senso solo all’interno di un raggio territoriale percorribile quotidianamente (prossimità), poiché le condizioni del contesto (tessuto economico e sociale) influenzano i risultati. – Scuole diverse, esiti diversi: per i Licei e Tecnici orientati all’università, si misurano voti e crediti al primo anno accademico, mentre per i Tecnici e Professionali orientati al lavoro, si misurano l’indice di occupazione e la coerenza tra studi e lavoro. Dunque, non esiste un parametro unico che possa decretare un vincitore assoluto tra categorie così diverse.
I dati riflettono il lavoro scolastico attuale o quello passato? I dati utilizzati non fotografano la situazione attuale della scuola (ovvero la qualità dell’offerta formativa e dei processi educativi e didattici, dell’ultimo anno scolastico o dell’attuale), ma sono il risultato di un lavoro svolto in anni precedenti. Si tratta di una valutazione “ex-post” con un fisiologico ritardo temporale. Nei documenti per l’edizione 2025 si afferma che i dati si riferiscono agli studenti che hanno conseguito il diploma negli anni scolastici 2019/20, 2020/21 e 2021/22. Ciò significa che gli studenti valutati in questo report hanno iniziato il loro percorso di studi superiori (la prima liceo/istituto) all’incirca tra il 2014 e il 2017. Dunque, il corpo docente, la dirigenza e l’organizzazione della scuola potrebbero essere cambiati significativamente rispetto al periodo in cui questi studenti sono stati formati. Ovviamente l’operazione di Eduscopio è corretta e dichiarata, perché per valutare gli esiti lavorativi o universitari è necessario attendere. Ma quando leggiamo sui giornali (e magari anche su qualche sito web delle scuole…) che “Il Liceo X è il migliore di Milano/Roma”, stiamo leggendo una semplificazione che ignora due fattori chiave esplicitati nei documenti tecnici. In primo luogo, quella scuola è la “migliore” solo confrontata con scuole dello stesso identico indirizzo e nello stesso territorio (e non in assoluto). E, in secondo luogo, il “successo” certificato oggi è frutto del lavoro educativo e didattico svolto in quella scuola prevalentemente tra il 2015 e il 2022.
Qualche riflessioni per le scuole “sulla scuola” Il tema dalla valutazione della qualità della scuola e delle scuole dovrebbe essere ben presente in ogni Istituzione scolastica, dotata di un Nucleo Interno di Valutazione e abituata alle operazioni necessarie per l’elaborazione del Rapporto di Autovalutazione e della Rendicontazione sociale. Pertanto, ogni contributo che porti nella direzione della riflessione sugli esiti della propria azione didattica dovrebbe essere considerato in senso positivo. Confrontando la logica del RAV e quella degli utilizzatori di Eduscopio, appartenenti a contesti e scopi differenti (ma poi non così tanto…), possiamo mettere in evidenza la maggiore attenzione alla dimensione dei processi presente nel primo, mentre il secondo si concentra esclusivamente sugli esiti, ipotizzando che siano l’effetto della qualità dei processi educativi, organizzativi e didattici. Il rischio, se anche dall’interno del mondo scolastico ci concentriamo troppo su Eduscopio, è di identificare la qualità educativa come “efficacia nella transizione”, dimenticando che i processi educativi non riguardano solo la preparazione al domani, ma la situazione attuale dei nostri studenti. E che si realizzano nella qualità delle relazioni educativi attuate, non solo nella promessa di un futuro più roseo. Se il “modello RAV” parte da una visione di “Comunità educante”, il “modello Eduscopio” rischia di essere utilizzato in previsione di una scuola come “Palestra Formativa Professionalizzante”, una scuola la cui missione principale è fornire “basi solide” per superare esami universitari complessi o mansioni lavorative, focalizzata sull’efficienza e sulla spendibilità del titolo, che garantisce un rapido transito verso l’occupazione o la laurea, riducendo i tempi morti.
Un’ultima questione: orientamento o servizio pubblico? In tempi di presentazione dell’offerta formativa da parte delle scuole, considerando segno positivo l’orgoglio per la condivisione dei propri risultati e del proprio impegno che si respira negli Open day (e night…) e nelle scintillanti presentazioni cartacee e digitali, urgono alcune domande. Siamo certi che il servizio pubblico si realizzi nella “caccia alla iscrizioni”? E che la qualità di una scuola si misuri con il numero di iscrizioni “non accolte” per mancanza di posti? O che la ricerca degli spazi (nuove aule) debba essere fatta sulla pelle di iscritti accolti con la piena consapevolezza di dover poi pretendere l’apertura di ulteriori sedi succursali o di costruzione di improbabili tramezzi? In definitiva, siamo certi che le classifiche e la concorrenza siano davvero un incentivo al miglioramento della qualità delle relazioni educative, piuttosto che delle “relazioni” amministrative?
I diritti umani iniziano nei piccoli luoghi, vicino a casa, così vicini e così piccoli che non possono essere visti su nessuna mappa del mondo. A meno che questi diritti non abbiano significato lì, hanno poco significato ovunque (Eleanor Roosevelt)
La Giornata Mondiale dei Diritti Umani, istituita nel 1950 dalle Nazioni Unite, viene celebrata il 10 dicembre, data in cui, nel 1948, l’Assemblea Generale adottò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, atto fondativo dell’ordinamento internazionale contemporaneo.
Tale Dichiarazione costituisce uno strumento normativo di soft law che enuncia un catalogo di posizioni giuridiche soggettive fondamentali e indisponibili, riconosciute a ogni individuo in quanto appartenente al genere umano, indipendentemente da elementi discriminatori quali razza, colore, religione, sesso, lingua, origine nazionale o sociale, nascita, opinioni politiche o di altra natura. Sebbene i diritti umani, fondati sui principi di eguaglianza sostanziale, giustizia sociale e dignità intrinseca della persona, siano ormai riconosciuti – almeno sul piano formale – dalla quasi totalità degli ordinamenti statali, la loro proclamazione normativa non garantisce automaticamente la loro effettiva tutela. Persistono, infatti, rilevanti scarti tra il dato dichiarativo e la concreta attuazione, con frequenti violazioni imputabili sia a singoli individui sia a soggetti pubblici e privati dotati di potere.
Dalla nitroglicerina alla pace: l’alchimia morale di Alfred Nobel Nobels fredspris Il premio Nobel per la pace è un riconoscimento di prestigio mondiale attribuito annualmente alle persone che si sono distinte per l’impegno in favore della pace mondiale, apportando un importante contributo a quest’ultima. È stato istituito dal testamento di Alfred Nobel del 1895 ed è stato assegnato per la prima volta nel 1901, come gli altri premi istituiti da Nobel stesso. Viene annunciato ogni anno il 10 ottobre e la cerimonia di consegna si tiene a Oslo il 10 dicembre. https://docs.google.com/presentation/d/18RRsWX59B9LgHItgO7URmGTPskCImu-5/edit?usp=sharing&ouid=114261731093630870130&rtpof=true&sd=true
Risorse didattiche: materiali, spiegazioni e lezioni pronte
10 Attività sui diritti dei bambini e dei ragazzi È fondamentale che non solo gli adulti, ma innanzitutto i bambini e ragazzi siano consapevoli dei propri diritti, li conoscano e li sentano propri. Per questo motivo viene presentata una selezione di alcuni materiali educativi e diverse attività per diffonderli e per farne esperienza. https://risorse.arcipelagoeducativo.it/percorsi-tematici/10-attivita-sui-diritti-dei-bambini-e-dei-ragazzi
Lezioni pronte La raccolta presenta una serie di sei “Lezioni pronte” pensate per supportare gli insegnanti nell’affrontare temi di attualità, educazione civica e discipline curricolari attraverso approcci interattivi e interdisciplinari. https://sanoma.it/calendariocivile/giornata-diritti-umani
Tanti diritti, però… Questa sezione si focalizza sulla celebrazione dei diritti dell’infanzia e, contemporaneamente, sulla necessità di porre attenzione e sviluppare strumenti per non dimenticare i bambini che ne sono privi. https://www.giuntiscuola.it/articoli/tanti-diritti-pero
10 dicembre: la Giornata Mondiale dei Diritti Umani spiegata ai bambini e alle bambine Si porta avanti una disamina su che cosa siano i Diritti Umani? Sono i diritti fondamentali che ciascuna persona (donna, uomo, bambina o bambino) possiede già dalla nascita, soltanto perché è un essere umano.
Alle radici della cultura dei diritti: storia, teoria e attualità
Costituzione più antica del mondo Il Regno del Mali, che risale al XIII secolo, produsse la Costituzione più antica del mondo: la Carta di Mandé (o di Kouroukan Fouga), sconosciuta ai più. Sebbene sia poco nota, essa rappresenta un fondamentale e precoce esempio di organizzazione del diritto e della società. https://cribaba.blogspot.com/2010/09/la-carta-di-kurukan-fuga-il-re-sundjata.html
Charta 77 e Charta 08: il potere dei senza potere per la civiltà del diritto universale Questo spazio analizza le figure di Charta 77 (movimento cecoslovacco) e Charta 08 (movimento cinese), due documenti che simboleggiano il “potere dei senza potere”. Entrambi i movimenti hanno utilizzato il richiamo ai diritti e alla legge per sfidare i regimi autoritari e promuovere una “civiltà del diritto universale”. https://unipd-centrodirittiumani.it/storage/media/7b/5b/PDU1_2012_A111.pdf
È superato lo scisma transatlantico? Il rapporto esamina le relazioni internazionali, in particolare tra gli Stati Uniti (Barack Obama) e l’Europa (Herman Van Rompuy). Si interroga sul superamento dello “scisma transatlantico” e sulla necessità di sviluppare una politica internazionale “educata”, basata su principi comuni di cooperazione. https://unipd-centrodirittiumani.it/storage/media/84/43/PDU1_2010_A007.pdf
Noi, diritti umani: Rappresentazione di dignità umana, et di pace Questo documento celebra l’800° anniversario della Magna Charta Libertatum attraverso un’azione scenica in prosa e poesia. L’obiettivo è rappresentare la dignità umana e la pace attraverso il diritto, sottolineando l’importanza storica e contemporanea dei diritti umani. https://unipd-centrodirittiumani.it/storage/media/db/19/apapisca_noidirittiumani_index.pdf
Lo Ius Novum Universale: Alle radici della cultura dei diritti umani e della pace Questo testo esplora le radici teoriche e culturali che hanno portato alla formazione di una “cultura dei diritti umani e della pace”. Introduce il concetto di Ius Novum Universale come un nuovo diritto universale che si basa su principi fondamentali di giustizia e convivenza pacifica. https://unipd-centrodirittiumani.it/storage/media/6c/14/AP_IusNovum.pdf
Libertà religiosa, via per la pace Si tratta di un commento al Messaggio di Papa Benedetto XVI per la XLIV Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 2011. L’analisi sottolinea la libertà religiosa non solo come un diritto fondamentale, ma come un elemento cruciale e una “via per la pace” a livello globale. https://unipd-centrodirittiumani.it/storage/media/a9/be/PDU1_2011_A007.pdf
L’educazione ai diritti umani per una cittadinanza plurale nello spazio pubblico glocale In questa area ci si concentra sull’importanza dell’educazione ai diritti umani come strumento essenziale per promuovere una cittadinanza plurale e inclusiva. Il focus è sulla dimensione “glocale” (globale e locale), riconoscendo che la formazione sui diritti è cruciale per la partecipazione civica in un mondo interconnesso. https://unipd-centrodirittiumani.it/storage/media/a4/24/PDU2_2012_A059.pdf
Giustizia penale internazionale Il testo esamina il contributo dell’Italia alla costituzione della Giustizia Penale Internazionale, in particolare per la creazione del Tribunale internazionale sui crimini di guerra e contro l’umanità nella ex Jugoslavia. Evidenzia il ruolo essenziale dell’Italia nella lotta contro l’impunità per i crimini internazionali. https://unipd-centrodirittiumani.it/storage/media/3b/71/93_02_117.pdf
Il futuro prossimo dei diritti umani nell’Unione Europea L’abstract analizza le prospettive e le sfide che riguardano i diritti umani all’interno dell’Unione Europea. Il focus è sul “futuro prossimo”, valutando come l’UE possa rafforzare la tutela dei diritti e svolgere un ruolo di leadership a livello globale. https://unipd-centrodirittiumani.it/storage/media/18/42/93_03_011.pdf
II volontariato, soggetto di democrazia qualitativa Si esplora il ruolo del volontariato non solo come azione di solidarietà, ma come un vero e proprio “soggetto di democrazia qualitativa”. Si sottolinea come l’attivismo volontario contribuisca a rafforzare la partecipazione civica e a migliorare la qualità della vita democratica. https://unipd-centrodirittiumani.it/storage/media/2a/b5/91_01_043.pdf
Trovate molte altre risorse nel file allegato, curato da Italia Martusciello, vicepresidente nazionale EIP Italia
Giornata Internazionale per l’Abolizione della Schiavitù: 2 dicembre
La Giornata Internazionale per l’Abolizione della Schiavitù, celebrata il 2 dicembre, ricorda un momento storico fondamentale: il 2 dicembre 1949, quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la Convenzione per la repressione del traffico di persone e dello sfruttamento della prostituzione altrui. Nonostante i progressi legislativi, la schiavitù moderna rimane un problema globale: secondo le stime più recenti, circa 50 milioni di persone nel mondo vivono ancora in condizioni di sfruttamento estremo. Di queste, circa 28 milioni sono soggette a lavoro forzato, mentre 12,3 milioni sono bambini e adolescenti vittime di sfruttamento o schiavitù moderna, sottolineando l’urgenza di azioni concrete per la protezione dei diritti umani.
Tracce di lavoro
La raccolta di contributi dedicati alla “schiavitù” evidenzia come, nonostante i divieti internazionali, milioni di persone subiscano ancora oggi lavoro forzato, tratta, sfruttamento minorile e matrimoni coatti. Le istituzioni globali e regionali — ONU, UE, ILO — richiamano costantemente gli Stati alla prevenzione, alla tutela delle vittime e alla promozione dei diritti umani, ricordando che la schiavitù moderna è una violazione persistente della dignità e della libertà fondamentali. La lotta globale contro la schiavitù moderna — dai 50 milioni di vittime rilevate nel 2022 ai continui appelli di ONU, Unione Europea, ILO e organizzazioni per i diritti umani a tutela di minori, donne e lavoratori migranti — si esprime attraverso giornate internazionali, denunce, premi, iniziative sociali e culturali che, dal 2009 al 2022, riaffermano con forza il divieto di schiavitù e la memoria delle sue vittime, promuovendo giustizia, dignità e pace. https://unipd-centrodirittiumani.it/it/parole-chiave/schiavitu
Piccoli Schiavi Invisibili: storie di minori vittime di tratta e sfruttamento Il video denuncia il drammatico fenomeno dei “Piccoli Schiavi Invisibili”, minori, spesso migranti non accompagnati, che sono vittime di tratta e sfruttamento sessuale o lavorativo in condizioni di schiavitù moderna.
Forme moderne di schivitù: Papa Francesco Papa Francesco denuncia le forme moderne di schiavitù — tratta di persone, lavoro forzato, sfruttamento sessuale, matrimoni e lavoro minorile — e invita a combatterle riconoscendo le loro cause profonde come povertà e disuguaglianza, difendendo la dignità di ogni persona.
Podcast A. Barbero – Come abbiamo imparato a convivere: la schiavitù Il podcast esplora la storia della schiavitù come struttura sociale: da sistemi in cui la schiavitù era la base (come l’Impero Romano o il Sud degli Guerra di Secessione americana), a realtà in cui la schiavitù esisteva ma non era il fulcro centrale (per esempio nell’Rinascimento Italiano). In tutti i casi, racconta Barbero, la schiavitù era considerata un fatto naturale, accettata senza metterne in discussione la legittimità. https://youtu.be/YI6l29buT48?si=VQ_vP_m2wpp7_4bp
Spunti per lezioni di educazione civica Il testo mostra come la schiavitù, riducendo l’uomo a oggetto, rappresenti una negazione assoluta della dignità umana e invita a riflettere sul valore universale della libertà e dei diritti, stimolando consapevolezza ed empatia verso ogni forma di ingiustizia. https://www.centroalbertomanzi.it/wp-content/uploads/2019/03/CentroAlberoManzi-La-societa.pdf
La schiavitù moderna: 7 cose che tutti dovremmo sapere La schiavitù moderna riguarda milioni di persone costrette a lavoro forzato, sfruttamento sessuale o matrimoni forzati, dimostrando che la negazione della libertà e dei diritti umani resta un grave problema globale. https://adozioneadistanza.actionaid.it/magazine/schiavitu-moderna/
Bambini sfruttati. Diritti negati. Il documento analizza lo sfruttamento minorile e i diritti negati dei bambini nel mondo e in Italia. Vengono esaminati i settori di lavoro, le difficoltà e le iniziative di supporto come “Le Case del Sorriso”. Il testo sottolinea l’importanza dell’istruzione obbligatoria per garantire un’infanzia protetta e promuove la consapevolezza e l’azione sociale. https://www.iisbraschiquarenghi.edu.it/old/files/bambinisfruttati-dirittinegati1.pdf
Poesia e schiavismo: excursus letterario di alcuni autori afroamericani L’articolo propone un viaggio nella letteratura afroamericana che, sin dalle sue origini, ha usato la poesia come strumento di memoria, denuncia e riscatto. Vengono illustrati alcuni autori-chiave — tra cui Frances E. W. Harper, James David Corrothers e Langston Hughes — che con i loro versi hanno dato voce alle sofferenze, alle ingiustizie e all’identità negata degli afroamericani, intrecciando esperienza personale, condizione di oppressione e aspirazione alla libertà. https://site.unibo.it/canadausa/it/articoli/poesia-e-schiavismo-excursus-letterario-di-alcuni-autori-afroamericani
Schiavitù e tratta: vite spezzate tra Africa e Americhe una ricostruzione storica La schiavitù africana, già presente prima del XV secolo, si intensificò con la tratta atlantica, che deportò milioni di persone verso le Americhe. Costrette a lavori durissimi, queste vite spezzate lasciarono un’impronta profonda sulle società africane e americane. http://bimu.comune.bologna.it/biblioweb/schiavitu-e-tratta/wp-content/uploads/sites/35/2022/09/Testo-per-scuole.pdf
Donne, liberti e schiavi nella Roma di Orazio Il saggio analizza la rappresentazione di donne, liberti e schiavi nelle opere di Orazio, evidenziando come questi gruppi vivessero in una società romana fortemente gerarchica. Gli schiavierano beni privati senza diritti, i liberti ottenevano libertà ma restavano vincolati al padrone, e le donne godevano di margini di autonomia molto limitati. Orazio li descrive realisticamente, senza mettere in discussione la struttura sociale. https://www.veleia.it/download/allegati/alg-16-donne_liberti_e_schiavi_nella_roma_di_orazio.pdf
Essere Schiavi: Il dibattito abolizionista e le persistenze della schiavitù negli Stati Italiani preunitari (1750-1850) Un’analisi storica di come, fra Settecento e primo Ottocento, negli Stati italiani preunitari — nonostante l’avvio di un dibattito abolizionista transnazionale — coesistettero ancora casi di schiavitù e servitù, residui di un passato che solo gradualmente venne superato. https://iris.unive.it/retrieve/ecefcb11-c27c-4316-91f6-3b79c1342045/956019-1178590.pdf
La schiavitù negli Stati Uniti: Jefferson, Brown, Mazzini L’articolo analizza la schiavitù negli Stati Uniti, mettendo in luce le contraddizioni tra ideali di libertà e pratiche schiavistiche, il ruolo di John Brown e l’attenzione europea di figure come Giuseppe Mazzini nella lotta per l’abolizione e i diritti umani. https://www.democraziapura.it/wp-content/uploads/2025/01/PM-n.2-3-maggio-dicembre-2024-15-34.pdf
Tre storie a fumetti Ci sono racconti percorsi di vita e di inserimento sociale di richiedenti asilo, ma soprattutto di uomini, donne e bambini giunti in Italia con motivazioni e percorsi diversi e accomunati dallo stesso iter burocratico e dal desiderio di avere un futuro nel nostro Paese. https://www.piemonteimmigrazione.it/images/materiali/WEB_-_Fumetto_ires.pdf
Un frate africano, figlio di schiavi, patrono di Palermo San Benedetto il Moro (1526-1589), nato in Sicilia da schiavi africani, fu un umile frate laico e analfabeta che salì al ruolo di superiore e fu scelto come patrono di Palermo (1713), onorato per la sua profonda carità, saggezza e la capacità di consigliare anche i potenti.
Tele di memoria: l’arte che svela gli orrori della schiavitù
La pittura, con opere come il ritratto di Ayouba Diallo e “The Slave Ship” di Turner, ha agito come una potente testimonianza storica e denuncia sociale degli orrori della schiavitù, alimentando il movimento abolizionista.
Note contro l’ingiustizia e Melodie di emancipazione
Musica e impegno sociale: voce di libertà e denuncia La musica è da sempre strumento di espressione delle lotte sociali, della ricerca di libertà e della denuncia delle ingiustizie. Attraverso testi e melodie, racconta esperienze di oppressione, speranza e resilienza, promuovendo consapevolezza, resistenza culturale e riflessione sui diritti e sulle disuguaglianze nella società.
Redemption Song” (Bob Marley): Questa è la massima espressione della filosofia di Marley, spogliata di ogni elemento reggae per offrire una ballata acustica pura. La canzone affronta il concetto di liberazione spirituale e mentale, esortando ad affrancarsi dalla “schiavitù mentale”. Rimane il suo più toccante testamento di dignità e resilienza universale.
A Change is Gonna Come” (Sam Cooke): Una composizione monumentale, caratterizzata da un arrangiamento orchestrale drammatico e dalla voce emozionante di Cooke. Nata come risposta alle ingiustizie razziali, divenne rapidamente l’inno del Movimento per i Diritti Civili, incarnando la speranza e la fede incrollabile in un futuro di uguaglianza, nonostante la sofferenza presente.
“Working Class Hero” (John Lennon): Una traccia folk essenziale e disadorna, che agisce come un feroce atto d’accusa contro il sistema. Lennon descrive cinicamente il processo con cui la società costringe le persone a conformarsi, “drogandole” con consumismo e religione. È un grido schietto per la riscoperta dell’autenticità e della liberazione individuale.
“Cotton Fields” (Lead Belly / Creedence Clearwater Revival): Originariamente un pezzo blues di Lead Belly sulla dura vita dei braccianti e la povertà. La versione dei Creedence Clearwater Revival, pur rendendola più accessibile al rock e al country, mantiene l’evocazione delle radici rurali e della fatica del lavoro agricolo. Rappresenta una malinconica, quasi dolce, nostalgia per un’infanzia difficile.
Responsabilità collettive: stati membri contro la tratta e lo sfruttamento
Convenzione supplementare sull’abolizione della schiavitù, del commercio di schiavi, e sulle istituzioni e pratiche assimilabili alla schiavitù (1956) La Convenzione Supplementare sull’Abolizione della Schiavitù, del Commercio di Schiavi e sulle Istituzioni e Pratiche Assimilabili alla Schiavitù (1956) rafforza gli strumenti internazionali per l’eliminazione definitiva della schiavitù in tutte le sue forme. La Convenzione estende le definizioni e le responsabilità degli Stati membri, imponendo misure concrete per prevenire, punire e sradicare il commercio di schiavi e tutte le pratiche che replicano la schiavitù, proteggendo così i diritti fondamentali degli individui e promuovendo la dignità umana universale. https://drive.google.com/file/d/1krNXhP08d8LC2jLExQdxwGTMcmvxjLOR/view?usp=sharing