Servizio pubblico o caccia alle iscrizioni?
di Francesco Rovida, dirigente scolastico e coordinatore della formazione EIP Italia
La prima osservazione che intendo condividere è una dichiarazione di fiducia nella raccolta e nell’utilizzo dei “dati” per poter esprimere valutazioni anche sul lavoro in ambito educativo. Tanto più se i percorsi educativi corrispondono ad un impegno economico, amministrativo e organizzativo dello Stato con il contributo di tutti i cittadini e a favore di tutti i cittadini.
La seconda osservazione è un ringraziamento all’attenzione che la Fondazione Agnelli riesce ogni anno a richiamare sul tema della qualità della scuola, anche grazie alla pubblicazione di Eduscopio.
La terza, infine, è che il problema non è costituito dai “dati”, ma dall’utilizzo che se ne fa.
Ed è per questo che trovo scorretto e frustrante assistere ogni anno alla carrellata di titoli come i seguenti…

Che cos’è il Progetto “Eduscopio”
L’idea di fondo del progetto è quella di valutare gli esiti successivi della formazione secondaria – i risultati universitari e lavorativi dei diplomati – per trarne delle indicazioni di qualità sull’offerta formativa delle scuole da cui essi provengono.
Per operare questa “valutazione” si avvale dei dati amministrativi relativi alle carriere universitarie e lavorative dei singoli diplomati raccolti dai Ministeri competenti. A partire da queste informazioni vengono costruiti degli indicatori rigorosi, ma allo stesso tempo comprensibili a tutti, che consentono di comparare le scuole in base ai risultati raggiunti dai propri diplomati.
Il progetto intende offrire “informazioni e dati comparabili che siano utili:
– agli studenti che terminano le scuole medie e alle loro famiglie di modo che, una volta scelto l’indirizzo di scuola secondaria superiore, possano individuare quali istituti nella propria area di residenza soddisfino meglio le proprie aspettative di apprendimento;
– alle scuole stesse di modo che siano maggiormente responsabilizzate rispetto a due fondamentali missioni formative – la preparazione e l’orientamento agli studi universitari e al lavoro – e possano finalmente conoscere gli esiti dei loro sforzi. Si tratta di informazioni che oggi si riescono a ottenere con difficoltà e quasi sempre in modo parziale e poco intuitivo, mentre possono dare spunti per riflettere sulla bontà dei propri sistemi di formazione e orientamento in uscita”.
Studenti considerati per gli esiti universitari
Sono considerati sia gli immatricolati iscritti regolarmente, quelli cioè che hanno proseguito gli studi al livello universitario immediatamente dopo aver conseguito il diploma, che quelli “ritardatari”, che si iscrivono al massimo entro 2 anni dal conseguimento del diploma, per un totale di 811.981 studenti.
Per il 2025 sono analizzati gli anni accademici 2020/2021, 2021/2022 e 2022/2023. Dunque, gli ultimi esami presi in analisi sono quelli sostenuti entro la primavera 2024 dagli immatricolati dell’ultimo dei tre anni accademici considerati.
Parametri di valutazione per gli esiti universitari
L’Indice FGA è il cuore della valutazione per i Licei e gli Istituti Tecnici orientati al proseguimento degli studi. Esso valuta la capacità delle scuole di preparare agli studi universitari, mettendo sullo stesso piano due aspetti fondamentali: la capacità di superare gli esami nei tempi previsti (velocità) e la qualità della preparazione (profitto). Si calcola con una media ponderata al 50/50 di due indicatori standardizzati: la media dei voti ottenuti agli esami, ponderata per i crediti formativi (CFU) di ciascun esame e la percentuale di crediti formativi ottenuti rispetto al totale previsto per il primo anno.
L’Indice FGA non prende i voti “così come sono”, ma i punteggi vengono “depurati” dalla difficoltà del corso di laurea scelto: se uno studente ottiene voti alti in un corso dove è statisticamente difficile farlo, il suo punteggio viene premiato; viceversa, se ottiene voti alti in un corso con manica larga, il punteggio viene ridimensionato. Questo permette di confrontare equamente scuole i cui diplomati scelgono facoltà molto diverse.
I dati considerati si fermano al primo anno di università, ma l’analisi statistica conferma che questo è sufficiente: la correlazione tra i risultati del primo anno e quelli del terzo anno (o della laurea) è del 98%.
Studenti considerati per gli esiti lavorativi
Vengono considerati tutti i diplomati dei corsi diurni degli indirizzi tecnici e professionali delle scuole statali e paritarie negli anni scolastici triennio 2019/2020, 2020/2021 e 2021/2022.
In totale sono stati analizzati gli esiti lavorativi di 618.064 diplomati.
Indice di Occupazione e Indice di Coerenza per gli esiti lavorativi
L’Indice di Occupazione è il parametro chiave per gli Istituti Tecnici e Professionali quando si valuta la loro missione di inserimento lavorativo. Indica la percentuale di diplomati che hanno lavorato per almeno 6 mesi (180 giorni) nei primi due anni successivi al diploma, escludendo quanti si siano iscritti all’Università. Considera “Occupati” solo coloro che hanno contratti significativi, escludendo lavori brevi e saltuari (sottoccupati) che non raggiungono la soglia dei 6 mesi complessivi nel biennio La fonte dei dati si basa sulle Comunicazioni Obbligatorie (CO) del Ministero del Lavoro, che tracciano ogni contratto attivato, prorogato o cessato, offrendo dati certificati, non basati su dichiarazioni o sondaggi.
Un indice alto significa che le scuole non solo “piazzano” gli studenti, ma che questi riescono a mantenere l’impiego per un periodo rilevante. Tuttavia, va letto insieme all’Indice di Coerenza (che misura se il lavoro trovato è in linea con gli studi), poiché l’Indice di Occupazione da solo non distingue tra un lavoro coerente col diploma e un lavoro generico.
Per entrambi gli indici, i dati presentati non si riferiscono a una singola annata, ma sono una media del triennio (coorti 2019/20, 2020/21, 2021/22). Questa scelta serve a “stabilizzare” il dato, evitando che una singola classe particolarmente brillante o problematica falsi il giudizio complessivo sulla scuola.
Esiste la “scuola migliore della città” in senso assoluto?
No, non è possibile fare affermazioni generiche di questo tipo.
I documenti tecnici di Eduscopio sconsigliano esplicitamente la creazione di classifiche assolute che mescolino indirizzi diversi, definendo tali confronti “fuorvianti”. Ecco perché, secondo i dati, il concetto di “migliore scuola” è relativo e non assoluto:
– Il rapporto afferma chiaramente che “ogni indirizzo di studio presenta una proposta formativa specifica”. Non ha senso confrontare un Liceo Classico con un Istituto Tecnico, o un Liceo Scientifico con uno delle Scienze Umane, poiché valorizzano abilità diverse: per essere informativo, il confronto deve avvenire tra “grandezze omogenee”, ovvero scuole con offerta formativa analoga.
– La “migliore scuola” che si trova a 50km da casa è un dato irrilevante per la maggior parte delle famiglie. Eduscopio sottolinea che il confronto ha senso solo all’interno di un raggio territoriale percorribile quotidianamente (prossimità), poiché le condizioni del contesto (tessuto economico e sociale) influenzano i risultati.
– Scuole diverse, esiti diversi: per i Licei e Tecnici orientati all’università, si misurano voti e crediti al primo anno accademico, mentre per i Tecnici e Professionali orientati al lavoro, si misurano l’indice di occupazione e la coerenza tra studi e lavoro.
Dunque, non esiste un parametro unico che possa decretare un vincitore assoluto tra categorie così diverse.
I dati riflettono il lavoro scolastico attuale o quello passato?
I dati utilizzati non fotografano la situazione attuale della scuola (ovvero la qualità dell’offerta formativa e dei processi educativi e didattici, dell’ultimo anno scolastico o dell’attuale), ma sono il risultato di un lavoro svolto in anni precedenti. Si tratta di una valutazione “ex-post” con un fisiologico ritardo temporale.
Nei documenti per l’edizione 2025 si afferma che i dati si riferiscono agli studenti che hanno conseguito il diploma negli anni scolastici 2019/20, 2020/21 e 2021/22. Ciò significa che gli studenti valutati in questo report hanno iniziato il loro percorso di studi superiori (la prima liceo/istituto) all’incirca tra il 2014 e il 2017. Dunque, il corpo docente, la dirigenza e l’organizzazione della scuola potrebbero essere cambiati significativamente rispetto al periodo in cui questi studenti sono stati formati.
Ovviamente l’operazione di Eduscopio è corretta e dichiarata, perché per valutare gli esiti lavorativi o universitari è necessario attendere.
Ma quando leggiamo sui giornali (e magari anche su qualche sito web delle scuole…) che “Il Liceo X è il migliore di Milano/Roma”, stiamo leggendo una semplificazione che ignora due fattori chiave esplicitati nei documenti tecnici.
In primo luogo, quella scuola è la “migliore” solo confrontata con scuole dello stesso identico indirizzo e nello stesso territorio (e non in assoluto). E, in secondo luogo, il “successo” certificato oggi è frutto del lavoro educativo e didattico svolto in quella scuola prevalentemente tra il 2015 e il 2022.
Qualche riflessioni per le scuole “sulla scuola”
Il tema dalla valutazione della qualità della scuola e delle scuole dovrebbe essere ben presente in ogni Istituzione scolastica, dotata di un Nucleo Interno di Valutazione e abituata alle operazioni necessarie per l’elaborazione del Rapporto di Autovalutazione e della Rendicontazione sociale.
Pertanto, ogni contributo che porti nella direzione della riflessione sugli esiti della propria azione didattica dovrebbe essere considerato in senso positivo.
Confrontando la logica del RAV e quella degli utilizzatori di Eduscopio, appartenenti a contesti e scopi differenti (ma poi non così tanto…), possiamo mettere in evidenza la maggiore attenzione alla dimensione dei processi presente nel primo, mentre il secondo si concentra esclusivamente sugli esiti, ipotizzando che siano l’effetto della qualità dei processi educativi, organizzativi e didattici.
Il rischio, se anche dall’interno del mondo scolastico ci concentriamo troppo su Eduscopio, è di identificare la qualità educativa come “efficacia nella transizione”, dimenticando che i processi educativi non riguardano solo la preparazione al domani, ma la situazione attuale dei nostri studenti. E che si realizzano nella qualità delle relazioni educativi attuate, non solo nella promessa di un futuro più roseo.
Se il “modello RAV” parte da una visione di “Comunità educante”, il “modello Eduscopio” rischia di essere utilizzato in previsione di una scuola come “Palestra Formativa Professionalizzante”, una scuola la cui missione principale è fornire “basi solide” per superare esami universitari complessi o mansioni lavorative, focalizzata sull’efficienza e sulla spendibilità del titolo, che garantisce un rapido transito verso l’occupazione o la laurea, riducendo i tempi morti.
Un’ultima questione: orientamento o servizio pubblico?
In tempi di presentazione dell’offerta formativa da parte delle scuole, considerando segno positivo l’orgoglio per la condivisione dei propri risultati e del proprio impegno che si respira negli Open day (e night…) e nelle scintillanti presentazioni cartacee e digitali, urgono alcune domande.
Siamo certi che il servizio pubblico si realizzi nella “caccia alla iscrizioni”? E che la qualità di una scuola si misuri con il numero di iscrizioni “non accolte” per mancanza di posti? O che la ricerca degli spazi (nuove aule) debba essere fatta sulla pelle di iscritti accolti con la piena consapevolezza di dover poi pretendere l’apertura di ulteriori sedi succursali o di costruzione di improbabili tramezzi?
In definitiva, siamo certi che le classifiche e la concorrenza siano davvero un incentivo al miglioramento della qualità delle relazioni educative, piuttosto che delle “relazioni” amministrative?
1 commento su “Oltre la classifica: istruzioni per un uso consapevole dei dati ai tempi di Eduscopio”