L’Italia e gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile
Una premessa: il tema della sostenibilità non è riducibile alla dimensione ambientale, ma deriva dall’integrazione di quattro dimensioni: ambientale, sociale (educazione, salute, parità di opportunità, ecc.), economica e istituzionale.
A queste dimensioni va aggiunta la questione della giustizia
intergenerazionale, che quindi estende nella linea del tempo la questione della sostenibilità.
Il Rapporto ASviS 2025 si apre con una dichiarazione di “ostinazione” nel credere nei valori e negli impegni dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, a dieci anni dalla sua adozione. Nonostante questa convinzione, il Rapporto denuncia un quadro internazionale, europeo e italiano “decisamente insoddisfacente” e in peggioramento, caratterizzato dal continuo calpestio degli impegni presi.

Contesto internazionale: una sequenza drammatica di brutte notizie
Il quadro globale è dominato da instabilità geopolitica e crisi, che ostacolano il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs):
– Conflitti e crisi umanitarie. Il mondo è lacerato da conflitti (Ucraina, Medio Oriente, Sudan, Yemen, Myanmar) che hanno portato il numero di conflitti armati attivi al livello più alto dalla fine della Seconda guerra mondiale. La spesa militare globale ha raggiunto il livello record di oltre $2.700 miliardi nel 2024.
– Progressi insufficienti sull’Agenda 2030. A livello globale, il mondo è sulla buona strada per conseguire solo il 18% dei Target entro il 2030. Per il 31% si registrano progressi marginali o assenti, e per il 18% si osserva un regresso rispetto a dieci anni fa.
– Minacce al multilateralismo. La cooperazione internazionale è in crescente difficoltà a causa della competizione tra potenze e dell’oggettiva incapacità delle Nazioni Unite (ONU) di affrontare le crisi. Un segnale allarmante è il drammatico taglio dei fondi destinati al sistema ONU nel 2025: -30% rispetto al 2023.
Segnali di speranza. Nonostante le difficoltà, la diplomazia internazionale ha conseguito alcuni risultati, come l’adozione dell’Impegno di Siviglia per la finanza allo sviluppo nel giugno 2025. Il Rapporto sottolinea che pace, democrazia e tutela dei diritti (SDG 16) sono pilastri dello sviluppo sostenibile, senza i quali non può esistere una sostenibilità piena.
L’Unione Europea: ritardi e contraddizioni
L’Unione Europea (UE) si mostra in ritardo e piena di contraddizioni tra gli impegni formali presi e le decisioni concrete.
– Avanzamenti limitati. Dal 2010 al 2023, per la maggior parte degli SDGs, l’UE ha compiuto progressi “molto contenuti” o “più significativi” solo in 5 Goal (energie rinnovabili, lavoro, imprese e innovazione, città sostenibili, lotta al cambiamento climatico). Per tre Goal si rileva un peggioramento: disuguaglianze (SDG 10), qualità degli ecosistemi terrestri (SDG 15) e partnership (SDG 17).
– Contraddizioni politiche. Nonostante gli impegni per l’Agenda 2030 e il Patto sul Futuro, le scelte politiche mostrano incoerenza:
a. Spese Militari. Non è stata valutata la coerenza tra l’aumento delle spese militari (impegnate in sede NATO) e il conseguimento degli SDGs.
b. Semplificazioni normative. Le eccessive semplificazioni sulla rendicontazione di sostenibilità e sul dovere di diligenza per le imprese indeboliscono significativamente il quadro normativo europeo.
Per l’Italia un quadro decisamente insoddisfacente
Gli indicatori statistici descrivono un netto ritardo dell’Italia nel percorso verso l’Agenda 2030.
1. Performance Critica (2010-2024):
– Arretramento per 6 Goal. Sconfiggere la povertà (SDG 1), acqua pulita e servizi igienico-sanitari (SDG 6), ridurre le disuguaglianze (SDG 10), vita sulla Terra (SDG 15), pace, giustizia e istituzioni solide (SDG 16) e partnership per gli Obiettivi (SDG 17).
– Sostanziale Stabilità per 4 Goal (con aumenti inferiori a cinque punti).
– Miglioramenti per 6 Goal (tra 5 e 10 punti).
– Solo l’Economia Circolare (SDG 12) registra un forte aumento.
Obiettivi a Rischio: Su 38 target quantitativi europei o nazionali da raggiungere entro il 2030, solo undici (29%) sono raggiungibili, mentre ben ventidue (58%) non appaiono raggiungibili.
2. Scenario futuro stazionario
L’Allegato sugli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (BES) conferma la stagnazione di gran parte degli indicatori (povertà assoluta, disuguaglianza economica, speranza di vita in buona salute) per il triennio 2026-2028 a legislazione vigente.
3. Incoerenza delle Politiche
L’attuazione dell’Agenda 2030 non è considerata centrale, e le scelte compiute nel 2025 spesso risultano in chiaro contrasto con la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile (SNSvS).
Piano di Accelerazione Trasformativa (PAT)
Le proposte dell’ASviS mirano a un’accelerazione decisa verso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) e sono inquadrate nelle cinque “leve trasformative” e nei sei “punti d’ingresso” del PAT, un modello adottato per garantire coerenza e integrazione tra le politiche.
1. Riforme trasversali volte a potenziare la governance, la finanza, l’azione collettiva e la capacità tecnologica del Paese.
2. Interventi settoriali su aree specifiche per innescare un cambiamento profondo.
Il tema dei “costi dell’inazione”
Il concetto di “costi dell’inazione” si riferisce ai danni economici, sociali, ambientali e istituzionali che un Paese o la comunità globale subiscono nel tempo a causa della mancata o ritardata adozione di politiche necessarie ad affrontare sfide urgenti come la crisi climatica, il degrado ambientale o l’aumento delle disuguaglianze.
Il Rapporto ASviS evidenzia l’urgenza di valutare i costi dell’inazione per diversi motivi:
– Necessità di programmazione. La valutazione dei costi dell’inazione è considerata un’abilità essenziale e urgente da integrare nella programmazione, monitoraggio, valutazione e controllo della spesa pubblica.
– Impatto economico e finanziario. La Commissione Europea stima in $180 miliardi di euro all’anno i costi per l’UE derivanti dalla mancata attuazione della normativa ambientale (inquinamento, degrado, rifiuti), una cifra che aumenterà ulteriormente dopo il 2030. Questi costi sono nettamente superiori a quelli necessari per la transizione.
– Rischio di responsabilità legale. Il parere della Corte di giustizia internazionale del luglio 2025 sottolinea che l’inazione o l’azione inadeguata degli Stati nell’affrontare la crisi climatica può costituire un atto illecito internazionale, con conseguente obbligo di risarcimento per i danni subiti da altri Stati. Questo introduce un nuovo “rischio di responsabilità” (liability risk) per i bilanci pubblici e privati.
– Urgenza nell’adattamento. Nel caso specifico del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), l’ASviS critica che il Piano sia stato “intonso e inapplicato”. L’inazione espone il Paese, e in particolare le aree urbane e rurali, a danni crescenti e non assicurabili dovuti a fenomeni estremi come alluvioni, siccità e ondate di calore.
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