Indicazioni dal Ministero in applicazione della Legge 25/2024 per le scuole. E una riflessione
Il tema della violenza nei confronti del personale scolastico assume, in modo preoccupante, rilevanza numerica e mediatica.
Sul tema si è svolto a Roma lo scorso 22 novembre un incontro organizzato dalla rivista online “La Scuola Oggi”, cui ha partecipato il dirigente scolastico Francesco Rovida, di cui riportiamo integralmente l’intervento.
Gli episodi di aggressività violenta contro la scuola e le persone che la rappresentano ci colpiscono in modo particolare e suscitano emozioni forti di rifiuto e di paura.
Probabilmente perché la scuola è, in senso letterale, la casa di tutti: nessuno di noi, infatti, è in grado di raccontare la propria storia e vivere la propria identità, senza riferirsi al tempo passato nella scuola.
Quindi, chi aggredisce la scuola, è come se aggredisse un pezzo di ciascuno di noi.
Inoltre, nella nostra percezione comune la scuola è lo “spazio-tempo” che accompagna i passaggi della crescita e che alimenta il futuro individuale e sociale.
Quindi, chi la attacca in modo violento è come se attaccasse la parte di noi che, pur faticosamente, sta lavorando per migliorare, affermarsi e imparare a vivere in modo adulto.
Il nostro incontro di oggi è volto anche alla ricerca di possibilità di intervento, che trovano nella Normativa una serie di risposte agli aspetti gravemente patologici delle relazioni educative e contemporaneamente interpellano la capacità di progettare interventi educativi efficaci che non rispondano solo alle urgenze.
Come dirigente scolastico e formatore in percorsi rivolti ai docenti e a coloro che si preparano a questa professione, che può davvero cambiare la vita di chi la pratica come anche di tanti studenti, vorrei indicare brevemente due distinti ambiti di possibile intervento.
In primo luogo, ritengo interessante ricordare come le ricerche sul clima scolastico svolte negli ultimi venti anni indicano che la creazione di un clima positivo, basato sulla rete di relazioni affettive, motivazioni a stare insieme, collaborazione in vista di obiettivi comuni, apprezzamento reciproco, norme e modalità di funzionamento dei gruppi, può avere conseguenze significativamente importanti sulla motivazione all’apprendimento, lo sviluppo cognitivo e affettivo degli studenti, i risultati di apprendimento e il benessere degli studenti. Ma, inoltre, produce minori episodi di aggressività, violenza e molestie sessuali, arrivando ad esercitare un vero ruolo di prevenzione.
Guardando a questi aspetti, sono portato a pensare che nella scuola abbiamo la fortuna di uno strumento pedagogico e organizzativo interno alle stesse dinamiche contrattuali del lavoro. La scuola, infatti, secondo l’articolo 32 del CCNL Istruzione e ricerca 2019-2021, è una “una comunità educante di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale (…) volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni”.
Il primo ambito di intervento, quindi, in una logica di prevenzione, è dare forma e struttura alla comunità, che è fatta del reciproco riconoscimento “con pari dignità” di persone e di ruoli (docenti, personale ATA, DSGA, studenti, genitori e dirigente) e dello scopo della nostra collaborazione: “la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio”.
Creare una “comunità” è frutto di un lavoro intenzionale e continuo in tante direzioni. Ne accenno solo alcune:
– collaborazione tra i docenti, investendo tempo per rendere funzionali gli spazi di lavoro degli organi collegiali e promuovendo attivamente conoscenza e accoglienza, scambio di buone pratiche, occasioni di supervisione reciproca, formazione tra pari;
– coinvolgimento sistematico delle famiglie nella comunità, prima e indipendentemente dalle situazioni di emergenza. Da una parte organizzando una comunicazione regolare che oltre ad essere efficace e tempestiva (come il registro elettronico) possa avere un caratterizzazione umana. E dall’altra con la creazione di spazi e tempi di coinvolgimento attivo per eventi, laboratori, riunioni, valorizzando il loro contributo e le loro competenze. Nella logica del lavoro insieme per il benessere e il successo di tutti gli studenti (e non solo di mio figlio).
Un secondo ambito di intervento, a cui brevemente accenno, riguarda direttamente la vita professionale dei docenti e, indirettamente, le scelte di formazione e di autoformazione.
Il lavoro dell’insegnante, in quanto attività ad alto tasso relazionale, richiede oggi una professionalità più completa, che va oltre la preparazione tecnica, e coinvolge la competenza nell’osservare e gestire gli aspetti e le dinamiche relazionali veicolati dal processo di apprendimento. Coinvolge, dunque, anche le dimensioni più profonde dell’insegnante, “in quanto egli deve essere in grado di tollerare come propri i vissuti che l’allievo evoca dentro di lui quando agisce il proprio disagio psichico sotto forma di comportamenti aggressivi e di rifiuto al compito, o di ribellione alle più elementari regole di vita scolastica, o in forme di ritiro in se stesso” (Blandino – Granieri).
Richiede, quindi, di assumersi la responsabilità adulta della relazione educativa, che presuppone presenza, maturità, consapevolezza e disponibilità ad apprendere dai propri errori.
Un insegnante, così come una comunità scolastica, che non pretendo di essere senza difetti o senza carenze, ma che promuove e mantiene relazioni di lavoro adulte e sane.
Operare in queste direzioni presuppone una scelta culturale e valoriale che può essere ben sintetizzata dai sei Principi universali di Educazione civica, elaborati da Jean Piaget e Jacques Muhlethaler a Ginevra nel 1968, come punto di riferimento dell’Associazione Scuola strumento di pace.
Il compito irrinunciabile della scuola, che è descritto in questo breve testo, ruota intorno a temi come “comprensione reciproca”, “rispetto della vita e delle persone”, “tolleranza”, “senso di responsabilità” come privilegio della persona umana”, “altruismo e solidarietà”.
E si apre con una breve, quanto efficace affermazione, che vorrei utilizzare come chiusura di senso a questo mio intervento: “La scuola è al servizio dell’umanità”.