Per una riflessione ampia e profonda sul senso dell’inclusione scolastica

Dati e suggestioni dai dati ISTAT


La riflessione pubblica sull’inclusione scolastica degli studenti con accertamento della condizione di disabilità in età evolutiva (e non solo) è stata alimentata dall’annuale pubblicazione del Report ISTAT (vedi allegato) elaborato sulla base delle statistiche fornite dal Ministero dell’Istruzione e del Merito.

Colpisce il perdurare della crescita in valore assoluto e, ancor più, in percentuale degli studenti con accertamento della disabilità e, ancora di più, dei docenti di sostegno.

Accanto ai (soliti?) titoli giornalistici di quotidiani generalisti e siti specializzati, variamente invocanti continuità, formazione, aumento delle ore, varrebbe forse la pena di tornare alle riflessioni / proposte di Ianes e Fogarolo della fine 2021, per un “un paradigma globale ed ecologico di supporto alla scuola inclusiva” (vedi allegato): l’aumento delle certificazioni e quello ancor più ampio dei docenti di sostegno non sono una buona notizia, ma il sintomo di una crisi pedagogica del sistema sanitario e scolastico. Per trovare una soluzione alle difficoltà scolastiche, difficilmente affrontabili in modo differente, si preferisce utilizzare diagnosi e certificazioni per avere classi meno affollate e risorse umane in più.

Forse, allora, la direzione per le soluzioni è quella? Classi meno numerose e ritorno al modello dell’organico funzionale?
Magari ribaltando il modello delle scuole iper-dimensionate, per andare nella direzione di Istituti numericamente sostenibili e più facilmente attenti alla logiche della personalizzazione.
Sfruttando il fatto della diminuzione delle nascite nella direzione della sostenibilità e non della diminuzione.

E, per discutere di “cattedra inclusiva”, sarebbe sufficiente ricordare ai vari scandalizzati che il CCNL (anche l’ultimo firmato da pochi giorni) afferma che “I docenti in servizio che ricoprono, in ciascuna istituzione scolastica, i posti vacanti e disponibili di cui all’articolo 1, comma 63, della legge 13 luglio 2015, n. 107 appartengono al relativo organico dell’autonomia e concorrono alla realizzazione del piano triennale dell’offerta formativa tramite attività individuali e collegiali: di insegnamento; di potenziamento; di sostegno; di progettazione; di ricerca; di coordinamento didattico e organizzativo” (articolo 41). Nella formulazione non esistono dubbi sul fatto che le attività di sostegno appartengono al profilo di tutti i docenti appartenenti all’organico dell’autonomia: in caso contrario dovremmo andare inutilmente alla ricerca dei docenti specializzati anche in potenziamento, progettazione, ricerca, coordinamento didattico e organizzativo….

Da questo punto di vista, l’occasionalità degli interventi di formazione promossi a livello centrale dal Ministero che dedica una (presunta) attenzione al “tema dell’anno” (nel 2020 l’educazione civica, nel 2021 il modello nazionale del PEI, nel 2022 la didattica digitale e così via…) e la scarsissima dimensione di condivisione professionale della formazione prevista dal CCNL non fanno ben sperare. Anche se ci piace conservare la speranza di essere smentiti.



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